Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.52 del 07/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31524-2018 proposto da:

M.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONE DI SALERNO, SEZIONE DI CAMPOBASSO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 11/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Campobasso, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 – bis, ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale e se ne chiede la cassazione sul rilievo; 1) dell’omessa pronuncia riguardo alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 14 e art. 27, comma 1 bis e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 5, 7 e 14, art. 16, comma 1, lett. b) e art. 19, nonchè dell’omesso esame di un fatto decisivo per aver il decidente omesso di statuire sulla predetta domanda e per aver altresì escluso la sussistenza delle condizioni per far luogo al riconoscimento della protezione sussidiaria omettendo di valutare la vicenda personale del richiedente in relazione alla situazione interna del paese di provenienza (Pakistan) e senza confrontarsi con le ragioni del ricorso; 2) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, nonchè dell’omesso esame di un fatto decisivo per aver il decidente escluso la sussistenza delle condizioni per far luogo al riconoscimento della protezione umanitaria senza operare alcuna valutazione comparativa ed in particolare senza valutare la vicenda personale del richiedente in relazione alla situazione interna del paese di provenienza; 3) della violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, per aver il decidente disposto la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato a motivo dell’assoluta infondatezza dei motivi di ricorso, ancorchè lo stesso decidente avesse riconosciuto la gravità della situazione interna del paese di provenienza.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Il primo motivo di ricorso è parte infondato e parte inammissibile.

2.2. Infondato esso si rivela nell’allegazione del vizio di omessa pronuncia, dato che il Tribunale, ancorchè pronunciandosi con riguardo alla domanda di protezione sussidiaria, ha tuttavia condiviso l’assunto, affermato anche con riguardo allo status di rifugiato, dalla Commissione Territoriale. Investita della relativa domanda questa aveva infatti escluso il rischio paventato in proposito rilevando che la vicenda narrata dal richiedente “si basava esclusivamente su problemi di natura economica (raccolto perso, soldi da restituire al proprietario) ragioni che esulano da motivazioni di persecuzione di natura razziale, sociale, religiosa o politica”. Il Tribunale ha sul punto fatto proprio il negativo deliberato adottato dalla Commissione Territoriale rimarcando, a suffragio dell’insussistenza delle condizioni per far luogo anche al riconoscimento dello status di rifugiato, che la narrazione resa dal ricorrente “non evidenzia alcun tipo di persecuzione” nei suoi confronti e che il ricorrente è un migrante economico avendo lasciato il proprio paese “per ragioni economiche”.

2.3. Inammissibile il motivo si rivela in ordine alle altre allegazioni.

Ove per vero non si reputasse dirimente il fatto che il ricorrente è un migrante economico – circostanza che già esclude ogni conferenza della doglianza rispetto al decisum – insuscettibile di rimeditazione in questa sede è la valutazione di non credibilità che il Tribunale ha esternato riguardo alle minacce e alle percosse subite dal proprietario terriero che reclamava il pagamento dell’affitto del fondo coltivato dal ricorrente. Vale al riguardo osservare in senso ostativo che “la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito” (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340).

2.4. Nè varrebbe opporre che l’assorbenza della valutazione in parola non si estenda ed assorba, allorchè si dibatta il tema della protezione sussidiaria, anche la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Fermo, ancora una volta, che non sarebbe comprensibile la conferenza della doglianza proprio in rapporto alla qualità di migrante economico del ricorrente, il motivo non per questo si sottrarrebbe alla premessa declaratoria di inammissibilità.

Posto invero che il Tribunale, esaminando il punto, si è dato cura di rimarcare, sulla base delle fonti informative puntualmente indicate, che “non risulta che il Pakistan nel suo territorio sia in preda alla guerra civile o a situazioni di conflitto interno ad essa paragonabili”, il motivo, lungi dal dispiegare una critica in punto di diritto riconducibile nel perimetro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si sostanzia nella vacua perorazione a rinnovare il sindacato di fatto esperito motivatamente dal decidente di merito rendendosi in tal modo appunto inammissibile.

3. Anche il secondo motivo di ricorso è soggetto ad analoga declaratoria.

Osservato, in breve, che il Tribunale si è indotto a negare il riconoscimento della misura sul presupposto che il ricorrente non presenta “alcuna malattia, essendo in età adulta, privo di legami specifici e personali con il nostro paese”, va, a confutazione del motivo, pure considerato che, non sottraendosi la materia de qua all’onere di allegazione dei fatti costitutivi, nella specie il ricorrente si è astenuto dall’indicare a proprio favore quegli elementi di fatto che, anche nell’ottica attinta dal motivo, che di ciò per l’appunto si duole, dovrebbero veicolare la pronostica valutazione comparativa sottesa al riconoscimento della misura reclamata.

Dunque, alla luce del giudizio dal tribunale espresso, la prospettazione operata con il motivo risulta inammissibile, risolvendosi, infatti, in base ad allegazioni di principio del tutto generiche, solo in una diversa lettura e interpretazione delle risultanze di causa e delle informazioni raccolte sulla situazione socio – politico – economica del paese di origine del ricorrente.

4. Inammissibile è pure il terzo motivo di ricorso.

Il Tribunale ha proceduto alla revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato direttamente all’interno del decreto impugnato, in uno, cioè, con la decisione sul merito della controversia piuttosto che con separato decreto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2. Ciò, tuttavia, non altera il relativo regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con il decreto che definisce il merito, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 113 (Cass., Sez. III, 8/02/2018, n. 3028).

5. Il ricorso va dunque respinto.

6. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Ricorrono le condizioni, ove il contributo sia dovuto, per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

PQM

Respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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