Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.528 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 27679/2017 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in Roma alla via della Scrofa n. 64 presso lo studio dell’AVVOCATO VINCENZO CELLAMARE che lo rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO LUIGI ESPOSITO;

– ricorrente –

contro

P.V., elettivamente domiciliato in Roma alla piazza Adriana, n. 5 presso lo studio dell’AVVOCATO MARCO LEONI che lo rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO DARIO LUPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 00239/2017 della CORTE d’APPELLO di LECCE Sez. dist. di TARANTO, depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2019 da Cristiano Valle udito l’Avvocato Luigi Esposito per il ricorrente e l’Avvocato Marco Leoni per il controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Cardino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

E’ impugnata da S.A., con cinque motivi di ricorso, la sentenza, n. 00239 del 05/07/2017, della Corte di Appello di Lecce, Sez. distaccata di Taranto, che, in sede di rinvio da questa Corte (Sez. V penale n. 40007 del 26/09/2014) – che aveva annullato, con rinvio ai fini civili, la sentenza della Corte di Appello di Lecce, Sez. distaccata di Taranto del 20/06/2012, di assoluzione di P.V. per il delitto di cui all’art. 595 c.p., – comma 3, ha rigettato la domanda di risarcimento danni avanzata da S.A. per il reato di diffamazione posto in essere da P.V., quale sindaco del Comune di Roccaforzata, il quale, in una missiva inviata al Prefetto di Taranto in data 19/12/2002, prospettava la possibilità di revocare allo S. il porto d’armi a causa dei comportamenti, noti anche al Comandante della Stazione Carabinieri di San Giorgio Jonico, da questi tenuti.

Resiste con controricorso P.V..

Non sono state depositate memorie.

Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso censura la sentenza d’appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c. per avere affermato fosse necessaria l’acquisizione di atti già prodotti.

Il secondo mezzo censura la sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e relativi alle affermazioni contenute nella missiva del P. al Prefetto di Taranto.

Il terzo motivo censura la sentenza della Corte territoriale per avere ritenuto sussistente la causa di giustificazione dell’adempimento di un dovere (art. 51 c.p.).

Il quarto mezzo deduce ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 51 c.p..

Infine il quinto motivo censura la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione del principio di diritto contenuto nella sentenza rescindente.

Il primo motivo di ricorso, relativo alla mancata acquisizione di atti è fondato, in quanto la sentenza in esame, nella parte iniziale della motivazione, è perplessa in punto di mancata acquisizione di atti che, viceversa, dalla sentenza di questa Corte (Sez. V penale del 26/09/2014 n. 40007) dovevano già ritenersi acquisiti e sui quali i giudici di merito della complessiva vicenda penale hanno fondato i loro giudizi. La missiva del 19 dicembre 2002, a firma del P. ed inviata al Prefetto della Provincia di Taranto costituiva, infatti, il mezzo attraverso il quale venne portato a compimento il reato di diffamazione ritenuto sussistente dal Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Grottaglie.

Il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi.

I detti mezzi sono, parimenti, fondati.

Le affermazioni contenute nella motivazione della sentenza in esame relative alla ritenuta legittimità – in quanto, per la Corte di Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, si tratterebbe di un comportamento posto in essere nell’adempimento di un dovere – della condotta posta in essere dal P. con l’invio della missiva del 19/d12/2002 al Prefetto di Taranto, laddove, nella qualità di sindaco in carica del Comune di Roccaforzata, affermava la necessità di valutare la possibilità di revoca del porto d’armi allo S., in quanto costui, come pure noto al maresciallo dei Carabinieri di San Giorgio Jonico, aveva tenuto condotte aggressive in luoghi pubblici, non appaiono coerenti con la statuizione della sentenza di questa Corte, di rinvio ai fini civili.

La Corte di appello di Lecce ha violato la sentenza di questa Corte (Sez. V n. 400007 del 2014), che le aveva demandato il compito di procedere, ai fini civili, sulla base della previsione di cui all’art. 622 c.p.p., a nuovo accertamento in ordine al contenuto della lettera del 19 dicembre 2002 segnatamente sotto il profilo della falsità dei fatti riportati nella detta missiva (punto 4 della motivazione della sentenza n. 40007/2014 della Sez. V penale).

Costituisce, infatti, orientamento risalente di questa Corte (Cass. n. 2832 del 14/10/1974 Rv. 371252 – 01) che “Il dovere del pubblico ufficiale di riferire i fatti costituenti reato non lo esime dalla responsabilità civile per diffamazione qualora egli, con lettere dirette a varie autorità, riferisca fatti generici e non accertati, senza indicazione di fonti di prova, ed esprima giudizi offensivi”.

La sentenza in scrutinio non ha in alcun modo proceduto a rivalutazione del materiale probatorio già acquisito in atti secondo quanto demandatole dal giudice di legittimità, ritenendo comunque integrata, senza alcun idoneo supporto, o quantomeno senza fornire adeguata motivazione sul punto, la causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p..

Il secondo motivo è assorbito.

La sentenza in esame deve, pertanto, essere cassata.

La causa, in quanto sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, è rinviata per nuovo esame alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, che vi provvederà sulla base di quanto statuito in questa sede.

Alla Corte di Appello di rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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