LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10348/2017 R.G. proposto da:
Autostrada dei fiori S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Prof.
Giovanni Arieta e dall’Avv. Giuseppe Ciliberti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Monte Zebio, n. 28;
– ricorrente –
contro
F.V., rappresentato e difeso dall’Avv. Caterina Caterino, con domicilio eletto in Roma, piazza Giovanni Randaccio, n. 1, presso lo studio dell’Avv. Luca Di Paolantonio;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, n. 304/2017 depositata l’8 marzo 2017;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 2 dicembre 2019 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello;
uditi gli Avvocati Giovanni Arieta e Giuseppe Ciliberti;
udito l’Avvocato Caterina Caterino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso chiedendo il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. F.V., ex pilota di successo di moto da corsa, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Sanremo, sezione distaccata di Ventimiglia, l’Autostrada dei Fiori S.p.a. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro occorsogli in data ***** allorquando, mentre percorreva l’autostrada in direzione del *****, dove risiedeva, urtò contro un tronco d’albero precipitato sulla carreggiata dalla sovrastante scarpata, e rovinò al suolo riportando fratture guarite in 180 giorni, dalle quali residuò un’invalidità permanente del 40%.
Con sentenza non definitiva del novembre 2012, il Tribunale determinò in 2/3 l’apporto causale del fatto illecito ascrivibile alla convenuta e la condannò al pagamento di Euro 177.722 a titolo di risarcimento della relativa quota di danno non patrimoniale, disponendo con ordinanza la prosecuzione del giudizio in ordine alla residua domanda di risarcimento del danno patrimoniale: danno in tesi determinato dalla interruzione dei contratti in essere con diverse società, per l’espletamento dell’attività di collaudatore di moto da gara e di team manager.
Espletata c.t.u., il Tribunale di Imperia, con sentenza del 1 aprile 2014, condannò la convenuta al pagamento in favore dell’attore della ulteriore somma di Euro 8.059.416,49, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, oltre interessi e rivalutazione con decorrenza dalla data del fatto.
2. In parziale accoglimento del gravame interposto dalla società, la Corte d’appello di Genova, con la sentenza in epigrafe, ha ridotto il risarcimento per la detta causale, parametrandolo ad una proiezione nel tempo dell’attività di collaudatore di moto che l’attore avrebbe presumibilmente potuto continuare a svolgere se non fosse stato leso, limitata al periodo di dieci anni (anzichè quattordici) successivi al sinistro.
Ha quindi liquidato detto danno – detratti i compensi già comunque percepiti e al netto dei costi e della riduzione di un terzo per il concorso di colpa – nella minor somma di Euro 5.927.991,25, oltre interessi e rivalutazione monetaria secondo i criteri di decorrenza e calcolo indicati dal primo giudice.
3. Avverso tale decisione l’Autostrada dei Fiori S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi e illustrato da memoria, cui ha resistito l’intimato depositando controricorso.
L’Autostrada dei Fiori S.p.A. ha, altresì, presentato istanza per la liquidazione delle spese processuali relative al giudizio di inibitoria ex art. 373 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul motivo di gravame con il quale essa aveva lamentato la mancata considerazione della persistente capacità del danneggiato di attendere al proprio lavoro o ad altri adatti alle sue attitudini e condizioni personali.
Evidenzia che con l’atto d’appello aveva dedotto che controparte non aveva fornito prova dei redditi netti percepiti dopo il sinistro, “pur essendo noto che il signor F. ha svolto e svolge tuttora attività di team manager di squadre motociclistiche”.
Osserva che la stessa Corte d’appello aveva rilevato che il F. “pur dopo il ritiro dalla diretta partecipazione a corse motociclistiche,… (era rimasto)… nello stesso mondo come pilota collaudatore e sviluppatore di prototipi di moto da competizione, nonchè team manager e cioè coordinatore e direttore dell’attività sportiva di una squadra da competizione motociclistica”.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia analogo vizio di omessa pronuncia con riferimento al motivo d’appello con il quale si era dedotta l’erroneità della liquidazione del danno futuro da lucro cessante, in quanto operata attraverso la mera sommatoria dei redditi che presuntivamente sarebbero stati percepiti in epoca successiva alla decisione senza procedere alla attualizzazione del relativo ammontare (mediante applicazione di un congruo tasso di sconto idoneo a compensare l’anticipo della valuta sulla redditività attesa per il futuro, ma liquidata in capitale unico) e, peraltro, riconoscendo dovuta la rivalutazione (e poi gli interessi anno per anno) sull’intero ammontare del danno con decorrenza dalla data del fatto lesivo anzichè dalle diverse e successive date in cui, anno per anno, i redditi sarebbero stati percepiti.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di “motivazione apparente (su un punto) e omessa (su altro punto collegato)”.
Lamenta che, a fronte delle contestazioni contenute nell’atto d’appello (nelle quali si era evidenziato che uno dei tre contratti posti a base del riconoscimento del danno reddituale, segnatamente quello nei confronti di MV Agusta, conteneva una clausola di esclusiva in favore della società), la Corte d’appello si era limitata ad osservare che le testimonianze raccolte consentivano di superare le criticità evidenziate, e a rilevare inoltre che la società MV Agusta apparteneva alla stessa famiglia ( C.) che deteneva il capitale di altra società legata al F. da uno degli altri contratti, senza però nulla osservare con riferimento alla diversa società cui il F. aveva dedotto di essere legato con il terzo contratto (HRT Racing).
Il vizio di motivazione apparente è dedotto con riferimento al primo passaggio argomentativo dal momento che – si osserva – “le pochissime (e criptiche) parole usate non consentono di ricostruire esattamente la ratio decidendi,… per il loro carattere apodittico”.
Il vizio di motivazione omessa è invece dedotto con riferimento al secondo punto, non essendo in alcun modo spiegato in sentenza “come e perchè la clausola di esclusiva potesse essere superata in relazione al terzo contratto HRT Racing (sottoscritto da soggetto non appartenente alla famiglia C.)”.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia infine, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, analogo vizio di motivazione apparente, in relazione all’affermazione contenuta in sentenza secondo cui la circostanza (evidenziata dall’appellante per contestare l’efficacia probatoria dei contratti prodotti) che i compensi di cui era stata offerta prova ammontavano solo a Euro 196.000 (in relazione a 18 mesi di attività con la società MV Agusta) trovava spiegazione nel fatto che “mentre il sinistro avvenne dopo circa un anno dall’inizio di esecuzione del contratto 10/9/2001 stipulato con la MV Agusta Motor, l’esecuzione degli altri due contratti era stata in pratica quasi ab initio paralizzata dall’evento dannoso”.
Osserva al riguardo che tale ultima affermazione è sprovvista di ogni riferimento specifico e puntuale e si pone inoltre in contrasto irriducibile con il fatto, riconosciuto dalla stessa Corte d’appello, che gli altri due contratti fossero stati stipulati: il primo (quello con la HRT Racing) il 26 ottobre 2000, quasi due anni prima dell’evento e quasi un anno prima di quello concluso con MV Agusta; il secondo (con la società Casti) il 5 febbraio 2012, oltre cinque mesi prima dell’evento.
5. Il primo motivo è infondato.
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, o su un motivo d’appello, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui sia mancata del tutto da parte del giudice ogni statuizione sulla domanda o eccezione proposta in giudizio o sul motivo di gravame, mentre rientra nell”ambito dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e soggiace pertanto ai relativi limiti di ammissibilità ogni altra censura che riguardi il quomodo della motivazione (v. ex multis Cass. 21/08/2018, n. 20828; 13/08/2018, n. 20718; 15/07/2016, n. 14474; 16/05/2012, n. 7653; 07/04/2004, n. 6858).
Nella specie, dalla motivazione che la Corte d’appello dedica al primo complesso motivo di gravame (v. pagg. 8 – 10 della sentenza), si traggono affermazioni che implicano una valutazione di irrilevanza di quel tema di indagine ai fini del riconoscimento del danno quale operato dal giudice di primo grado; ciò là dove si evidenzia che la quantificazione del danno patrimoniale operata dal Tribunale fa riferimento ai contratti in corso al momento del sinistro, forzatamente interrotti e non più ripresi per gli esiti invalidanti che ne erano derivati: pregiudizio come tale evidentemente apprezzabile in termini di elisione di concrete e specifiche aspettative di reddito indipendentemente dal fatto (peraltro solo ipoteticamente dedotto) che il danneggiato conservasse comunque residue capacità di lavoro.
La doglianza trova dunque, in sentenza, risposta nella detta statuizione, ciò bastando, per quanto detto, ad escludere il denunciato error in procedendo.
6. Per ragioni di priorità logica, all’esame del secondo motivo (afferenti alle modalità di liquidazione del danno: taxatio) occorre premettere quello del terzo e del quarto (relativi alla sua aestimatio).
Il terzo motivo è infondato.
Come questa Corte ha più volte chiarito, il vizio di motivazione omessa o apparente, causa di nullità della sentenza per violazione dei doveri decisori, e dunque per error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, è configurabile (solo) quando la motivazione, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. ex multis Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; Cass. 23/05/2019, n. 13977).
Sotto tale profilo, com’è stato ulteriormente precisato, “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali” (v. Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053, che a tale ipotesi ascrive oltre alla “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico” ed, appunto, al vizio di “motivazione apparente”, anche quelli, a quest’ultima similari e contigui, del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, escludendo comunque qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione).
Alla luce di tali pacifiche definizioni il dedotto vizio di omessa o apparente motivazione (in violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4) deve, nella specie, ritenersi insussistente, con riferimento ai temi oggetto del terzo motivo.
Il convincimento circa la pendenza e la coesistenza, al momento del sinistro, di tre rapporti contrattuali potenzialmente remunerativi è supportato in sentenza dal riferimento ad un insieme di elementi non limitati al contenuto dei contratti prodotti (cui invece si appunta la censura in esame) ma comprendenti anche quanto desumibile dalle deposizioni testimoniali, di guisa che esso appare il risultato di una complessiva valutazione del materiale istruttorio acquisito.
A tale valutazione nulla toglie la divisata criticità
dell’argomentazione esposta in sentenza con riferimento al rilievo della esistenza, in uno dei tre contratti (quello con MV Agusta), di una clausola di esclusiva.
Questa, infatti, a ben vedere, riguarda il regolamento di quel contratto, ossia il dover essere della condotta delle sole parti ad esso vincolate (art. 1372 c.c.), ma di per sè non esclude l’essere di quella condotta, nè dunque la realtà fattuale degli altri contratti (ancorchè, in ipotesi, implicante per il F. violazione di quella clausola, l’unica legittimata a farla valere essendo però eventualmente la controparte di quel contratto, ossia MV Agusta).
Ne discende, per quel che in questa sede interessa, che le lacune o discrasie motivazionali evidenziate sul punto dalla ricorrente non possono comunque ritenersi tali da inficiare, alla stregua di radicali e irriducibili inconciliabilità dei percorsi argomentativi seguiti, l’intelligibilità della ratio decidendi esposta, la quale in definitiva consiste nella – e, per quanto rilevante ai fini del giudizio che andava espresso, si ferma alla – constatazione che le prove raccolte dimostravano detto contesto contrattuale.
7. Le stesse suesposte premesse definitorie devono invece condurre all’accoglimento del quarto motivo.
Sul punto relativo alla determinazione dei redditi effettivamente percepiti e percepibili dai tre rapporti contrattuali pendenti alla data del sinistro, e potenzialmente rinnovabili, la motivazione offerta dalla Corte di merito palesa in effetti un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” tale da rendere “obiettivamente incomprensibile” la ragione del rigetto del pertinente motivo di gravame.
La sentenza sembra infatti indicare quale regola logica che dovrebbe spiegare la ragione per cui solo uno dei tre contratti (quello con la MV Agusta) aveva consentito, alla data del sinistro (*****), la percezione di compensi per un ammontare di Euro 196.000, quella per cui solo il contratto da più tempo operativo aveva plausibilmente consentito di concretizzare un reddito non anche quelli che, a quella data, avevano avuto da minor tempo inizio di esecuzione.
Ma tale regola appare del tutto sconnessa dai dati cronologici pure rimarcati in sentenza (e inidonea dunque a spiegare la decisione sul punto); tali dati infatti, come evidenziato in ricorso, indicano che il contratto con la MV Agusta risale al settembre 2001 e non è dunque affatto quello tra i tre più datato rispetto al sinistro, questo essendo quello con la HRT Racing, stipulato il 26/10/2010, un anno e nove mesi prima del sinistro.
Resta dunque obiettivamente oscuro il motivo per cui, pur nella emergenza del dato riferito (alla data del sinistro erano stati percepiti solo Euro 196.000 in dipendenza del contratto con MV Agusta), la Corte d’appello ha ritenuto nondimeno di poter quantificare i mancati introiti che ragionevolmente potevano attendersi dai tre contratti in corso nella misura indicata.
8. In accoglimento del quarto motivo la sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo.
Resta conseguentemente assorbito l’esame del secondo motivo, con riferimento al quale appare comunque opportuno incidentalmente rimarcare che:
a) non è danno patrimoniale futuro ma danno già interamente prodottosi nel patrimonio del danneggiato quello verificatosi al momento della pronuncia (Cass. 18/11/1997, n. 11439; Cass. 11/07/2017, n. 17061); tale è certamente per l’intero quello di cui nella specie si discute, posto che la Corte d’appello ha riconosciuto il danno con riferimento ai redditi che il danneggiato avrebbe presumibilmente percepito fino al 2012, in relazione dunque ad un segmento temporale già trascorso al momento della decisione (persino di quella di primo grado);
b) trattandosi di danni, da lucro cessante, verificatisi non tutti contestualmente alla data del fatto lesivo, ma nelle diverse date in cui, nel corso del lungo intervallo temporale ad esso successivo (circa un decennio), i redditi attesi sarebbero stati di volta in volta percepiti, la decorrenza della rivalutazione va parimenti diversamente rapportata a tali singoli successivi incrementi del danno. Supponendo dunque, per mera ipotesi esplicativa, che al 31/12/2002 sia databile la perdita reddituale x, che l’anno successivo ad essa si sia aggiunta la perdita y, il terzo anno la perdita z, e così via, la rivalutazione del danno dovrà essere operata secondo il seguente criterio: i) l’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno da perdita reddituale verificatasi al 31/12/2002 (perdita x), e solo esso, andrà rivalutato con decorrenza da questa data; ii) detto primo importo, già rivalutato alla data del verificarsi della successiva perdita reddituale (v), andrà maggiorato dell’importo liquidato per quest’ultima; iii) la somma (tra l’importo x rivalutato alla seconda data e l’importo y) andrà ulteriormente rivalutata da tale seconda data fino a quella del terzo perduto introito reddituale (z); iv) il risultato di tale terza operazione andrà quindi ulteriormente maggiorato della perdita z verificatasi in epoca successiva; v) il risultato di tale terza addizione andrà ulteriormente rivalutato e poi maggiorato secondo i medesimi criteri esposti per ciascuno dei successivi incrementi perduti e così via fino alla data finale del calcolo. Per conseguenza anche gli interessi c.d. compensativi andranno calcolati sulla diversa base degli importi così crescenti e rivalutati anno per anno.
9. Al giudice del rinvio va demandato il regolamento delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
La ricorrente ha depositato, come detto, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2, documentazione tesa ad ottenere la liquidazione di spese e compensi relativi al procedimento incidentale per la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di secondo grado. La documentazione depositata riguarda l’istanza proposta con modalità telematica, la memoria difensiva della controparte e il provvedimento di parziale inibitoria. La produzione è rituale, trattandosi di documentazione relativa al procedimento incidentale ai sensi dell’art. 373 c.p.c., che non era possibile allegare anteriormente al deposito del ricorso in quanto ovviamente di formazione successiva allo stesso (Cass. 11/12/2017" n. 29615 ed altre).
Peraltro, posto che il ricorso viene accolto con rinvio le competenze relative a tale fase del giudizio saranno prese in esame dalla Corte d’Appello sulla base della documentazione prodotta (v. Cass. n. 28988 del 2019; n. 16121 del 2011 e Cass. n. 3341 del 2009).
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; rigetta il primo e il terzo; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020