LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2528-2015 proposto da:
C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 41, presso lo studio dell’avvocato CAMILLA BOVELACCI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO SCAVONE giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE; in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1045/2014 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA, depositata il 26/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/11/2019 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato SCAVONE che insiste per la cessata materia del contendere con compensazione delle spese.
FATTI DI CAUSA
1. C.P. impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione definito in sede di adesione dalla parte acquirente ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, con il quale l’Agenzia delle Entrate accertava il maggior valore, ai fini dell’imposta di registro, conseguito a seguito del trasferimento immobiliare di un’area edificabile inserita in un accordo urbanistico intervenuto tra il ricorrente ed il comune di ***** il 14.10.2003, in base a detto accordo, il C. cedeva aree di sua proprietà al comune per la realizzazione di opere pubbliche per un valore di Euro 616.474,87. In luogo dell’indennità di esproprio, veniva riconosciuta l’edificabilità di residue porzioni di aree di sua proprietà.
Divenute edificabili dette aree, il comune provvedeva a valutare il valore dei fondi. Con il contratto definito di compravendita del 30.03.2007, il ricorrente cedeva le aree al valore di Euro 1.530.000,00, accertato in aumento dall’ufficio in Euro 1.999.0000,00. In particolare, il contribuente oltre a contestare il maggior valore, chiedeva dichiararsi l’inutilizzabilità dell’accertamento di maggior valore per adesione ai fini Irpef.
La CTP di Bologna dichiarava l’improponibilità del ricorso con sentenza che veniva appellata dal contribuente.
La CTR, con sentenza n. 1045 del 26 maggio 2014, respingeva l’appello in quanto la definizione ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997 aveva determinato l’estinzione dell’obbligazione tributaria nei confronti di tutti gli altri coobbligati anche non consenzienti.
Il contribuente propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi avverso la sentenza citata.
Resiste con controricorso l’amministrazione finanziaria.
Il contribuente ha depositato memorie per ottenere la declaratoria di cessazione della materia del contendere essendo passata in giudicato la sentenza che ha accolto il ricorso volto all’annullamento dell’accertamento Irpef fondato su quello di maggior valore per l’imposta di registro.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Preliminarmente va disattesa l’istanza di declaratoria di cessazione della materia del contendere sulla base dell’intervenuto giudicato che ha annullato l’accertamento Irpef, conseguente all’impugnativa dell’accertamento di maggior valore per l’imposta di registro, trattandosi di sentenza avente ad oggetto un diverso atto impositivo.
3. Con il primo motivo di ricorso che deduce violazionè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per aver il decidente ritenuto che la definizione con adesione avesse determinato l’estinzione dell’accertamento; mentre, al contrario, il contribuente sostiene che permaneva il suo interesse a contestare il maggior valore accertato.
4. Con il secondo mezzo, che prospetta l’omesso esame di circostanza decisiva ai fini della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5), il ricorrente lamenta l’omesso esame della dedotta circostanza relativa alla sopravvenuta utilizzazione da parte dell’amministrazione finanziaria dell’accertamento del maggior valore definito con adesione ai fini della rideterminazione del reddito Irpef, il che dimostrava l’interesse del contribuente ad impugnare l’accertamento di maggior valore ai fini dell’imposta registro definito con adesione dal coobbligato.
5. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, ex art. 360 c.p.c., n. 3, contestando l’accertamento induttivo effettuato dall’ente finanziario ai fini della determinazione del valore delle aree oggetto del trasferimento immobiliare.
6. La prima censura va disattesa, assorbiti gli altri motivi.
7. Il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 1, comma 2, stabilisce che “l’accertamento può essere definito con adesione -“anche di uno solo dei coobbligati…”, mentre, il medesimo testo normativo, successivo art. 12, comma 4, precisa che ” al perfezionamento dell’adesione, anche di uno solo degli obbligati, consegue la perdita di efficacia degli avvisi d’accertamento relativi alla pretesa tributaria”; infine, secondo il testo legislativo in argomento, art. 3 comma 4, “l’accertamento definito con adesione, non è soggetto ad impugnazione…”.
Pertanto, se dal punto di vista processuale, un accertamento che risulta già definito anche a favore di quei coobbligati che non hanno sottoscritto l’adesione, non può essere impugnato, non si ravvisa l’interesse ad agire, concreto ed attuale, da parte del ricorrente, avverso un atto che ha perduto la propria efficacia, non essendo stata dimostrata l’esistenza di un pregiudizio attuale (e non meramente potenziale) in capo ad esso, laddove, ai sensi dell’art. 1292 c.c., l’adempimento di uno dei coobbligati libera gli altri(Cass. n. 1298 del 18/01/201; Cass. n. 20305 del 2017) Nè può configurarsi un pregiudizio attuale la possibilità che il maggior valore accertato sia utilizzato per la rideterminazione del reddito dichiarato dal contribuente, il quale può e deve costituire oggetto di precipua impugnazione in altro giudizio.
8. Inoltre secondo la giurisprudenza di legittimità “Il venditore che abbia pagato l’imposta integrativa di registro a seguito di concordato fiscale concluso con l’Amministrazione, senza coinvolgere nel procedimento di accertamento con adesione l’acquirente, non ha azione di regresso verso quest’ultimo, il cui diritto postula, ai sensi dell’art. 1299 c.c., e dell’art. 1203 c.c., n. 3, l’adempimento di un’ obbligazione del terzo, la cui esistenza ed entità siano divenute certe per fatti o atti giuridici opponibili a questi” (Cass. n. 9859/14).
9.In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M La Corte:
– Rigetta il ricorso;
– Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dall’ente finanziario che liquida in Euro 5.600,00, oltre accessori se dovuti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020