Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.566 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8091/15 R.G., proposto da:

A.M.G., rappresentata e difesa, giusta mandato in calce al ricorso, dall’Avv. Gabriele De Majo, con il quale è

elettivamente domiciliata in Roma, Via Salaria, n. 332;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5263/21/14 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata in data 21.08.2014, non notificata;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella camera di consiglio del 8 novembre 2019.

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle entrate, in data 30.12.2010, notificava a A.M.G. l’avviso di accertamento n. *****, con il quale accertava, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68, un maggior reddito imponibile di Euro 925.371,00, quale plusvalenza derivante da tre distinte vendite di terreni effettuate da A.M.G., nell’anno 2005, per Euro 1.957.371,00. A seguito di tale accertamento, l’Ufficio applicava maggiori imposte Irpef (per Euro 389.215,00), maggiori addizionali Irpef (per Euro 8.337,00), maggior addizionali comunali (per Euro 1.803,05), ed irrogava sanzione amministrativa (per Euro 399.405,00). Il calcolo della plusvalenza muoveva dal presupposto di fatto che la contribuente ed il suo avente causa avevano sottoscritto, in data *****, un preliminare di vendita avente ad oggetto lo stesso terreno per il corrispettivo di lire 2.000.000.000 (pari ad Euro 1.032.000,00), nonchè che i terreni in questione erano stati, poi, oggetto di un piano di lottizzazione, sicchè, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. a), e art. 68, comma 2, per l’Ufficio il valore di riferimento del bene per il calcolo della plusavalenza era quello indicato dalle stesse promissarie acquirenti e venditrici nel preliminare ((corrispettivo di vendita (1.957.371,00) – il prezzo di acquisto (1.032.000,00) = plusvalenza (Euro 925.371,00)).

A.M.G. ricorreva avverso il predetto avviso di accertamento alla Commissione tributaria provinciale rilevando che il terreno le era pervenuto per successione ereditaria e che, quindi, l’avviso non era legittimo perchè il valore iniziale da assumere a riferimento non poteva essere riferito al quinquiennio antecedente alla vendita (e cioè all’epoca il preliminare), ma a quello dell’approvazione del piano di lottizzazione (D.P.R. cit., art. 68, comma 2), momento in cui, peraltro, il valore del terreno era di gran lunga aumentato. La Commissione tributaria di primo grado accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando il valore della plusvalenza in Euro 297.000,00, indicando il valore del bene in Euro 1.600.000,00, oltre Euro 60.000,00 di spese; tale riduzione conseguiva alla verifica della plusvalenza al momento della lottizzazione (avvenuta in data 21.12.2000), ritenendosi che si quanto trattava di terreno acquistato dalla contribuente a titolo gratuito, per successione mortis causa.

La contribuente proponeva appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito, per brevità, CTR) insistendo per l’annullamento totale dell’accertamento, per infondatezza del metodo valutativo, per essere il valore dei terreni, come attestato da perizie di stima, superiore a quello stimato dai primi giudici, ma la CTR respingeva il ricorso, confermando la prima decisione.

Avverso la decisione della CTR, ha proposto ricorso A.M.G., affidandosi ad un unico motivo, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

A.M.G., ha presentato memorie ex art. 380-bis1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso, rubricato: “Motivazione insufficiente e contraddittoria – art. 360 c.p.c., n. 5”, la ricorrente deduce che i secondi giudici non hanno fornito alcuna motivazione di come siano arrivati a dimezzare il valore del terreno stimato nelle due perizie di parte (Euro 1.600.000,00) e del perchè, pur dando atto che il valore di riferimento doveva riferirsi al momento della lottizzazione, abbiano fatto riferimento al valore del corrispettivo del preliminare del *****, incorrendo, così, in una motivazione carente, incongrua e contraddittoria.

Le eccezioni d’inammissibilità del ricorso formulate dalla difesa erariale appaiono prive di pregio.

Quanto all’eccezione d’inammissibilità del motivo, in quanto dedotto ai sensi della previgente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, essa risulta infondata atteso che il valore terreno (come determinato dai giudici di merito), ha costituito per tutta la controversia – come evincibile dal complesso della motivazione del ricorso – il fatto decisivo e controverso, oggetto di discussione tra le parti, il cui mancato esame rispetto agli esiti di due perizie prodotte nei giudizi di merito dalla contribuente, ha determinato, secondo l’assunto della ricorrente, la violazione del parametro di censura evocato, anche alla luce della vigente formulazione.

Quanto all’eccepito difetto di autosufficienza del ricorso e di decisività della sua illustrazione, l’esposizione in fatto del ricorso, i richiami ivi contenuti anche ai documenti prodotti nelle fasi di merito, rendono le censure proposte conformi alle regole fissate al riguardo dal codice di rito, ed in particolare, conformi alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (cfr. Sez. U., Sentenza n. 8077 del 22/05/2012, Rv. 622361-01; Sez. U, Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317-01).

Parimenti, non sussiste l’inammissibilità ex art. 384 ter c.p.c., u.c., (applicabile ai giudizi di appello ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv. con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositati con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11.09.2012, come è del caso), non essendovi alcuna identità di questioni, considerato che che la ricorrente, nel giudizio di appello, aveva lamentato che il valore dei terreni attribuito dai primi giudici non corrispondeva a quello della perizia, mentre, con il ricorso in cassazione, si duole dell’omessa motivazione dallo scostamento di circa il 50% del valore di perizia. Tale diversità è stata ampiamente prospettata dalla ricorrente sia nel ricorso, sia nella memoria difensiva depositata ex art. 380-bis1 c.p.c., ove ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto di appello dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. sulla cd. Doppia conforme, Cass., n. 10749 del 2015, Rv. 635564-01; Cass., n. 26774 del 2016; Cass. n. 28174 del 2018, Rv. 651118 – 01).

Passando al merito, il ricorso è fondato è va accolto per quanto qui di seguito esposto.

La sentenza impugnata risulta carente sia sul piano funzionale che strutturale. Secondo il costante orientamento di questa Corte “ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi a denunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla situazione iniziale d’ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa” (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 1236 del 23/01/2006, Rv. 59022101, Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2 016, Rv. 641526-01, Sez. 6-5, Ordinanza n. 15964 del 29/07/2016, Rv. 640645-01; Sez. 5, Ordinanza n. 32980 n. del 20/12/2018, Rv. 652058 – 01; sulla carenza strutturale, cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017).

Nella specie, la Commissione di secondo grado, ha confermato la stima del valore del terreno effettuata dai giudici di primo grado in Euro 1.600.000,00 sulla base della seguente motivazione: “Deve escludersi che la valutazione del valore dei terreni operata dalla commissione risulti ancorata al prezzo degli stessi dedotti nel contratto preliminare del *****… in realtà il valore di acquisto dei terreni è stato parametrato dalla commissione al valore stimato dal perito di parte nella perizia del 2003 ed è stato ragionevolmente elevato gli Euro 500.000 Sulla base del preliminare, con significativa riduzione delle plusvalenze tassabili… “.

Posto che il giudice tributario non è dotato di poteri di equità sostitutiva, dovendo fondare la propria decisione su giudizi estimativi di cui deve dar conto in motivazione tenuto conto del materiale istruttorio (Sez. 5, Ordinanza n. 16960 del 25/06/2019, Rv. 654389-01; conf. Sez. 6-5, Ordinanza n. 7354 del 23/03/2018), nella specie, alcun giudizio estimativo è stato espresso e tanto meno argomentato con riferimento al materiale istruttorio, mancando qualsiasi riferimento a parametri riscontrabili dagli atti ed, in particolare, dalle perizie allegate dalla contribuente. In particolare, la motivazione risulta incomprensibile laddove dice che il valore sarebbe stato parametrato alla perizia di parte del 2003 e “ragionevolmente” aumentato di Euro 500.000 rispetto a quello indicata dall’Agenzia delle entrate sulla base il preliminare. Ed invero, posto che la perizia pregiudiziale costituisce semplice allegazione difensiva di carattere tecnico privo di autonomo valore probatorio (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8621 del 09/04/2018; conf. Sez. 2, Sentenza n. 10 88 del 19/02/1979), non si comprende come si è determinato l’aumento di Euro 500.000,00 rispetto a valore del preliminare.

Peraltro, il contratto preliminare non avrebbe potuto in ogni caso rappresentare elemento di riferimento per la determinazione del valore di acquisto del terreno, atteso che con esso con le quali le parti si assumono l’impegno ad un futuro contrahere, come tale modificabile e risolvibile, ed ove, quindi, il valore dato al bene non può considerarsi un parametro oggettivo di riferimento.

Quindi, se è corretta la premessa da cui muovono i secondi giudici nella parte in cui si riferiscono alla lottizzazione ed escludono che la valutazione possa rapportarsi al preliminare dl *****, errano, poi, a non indicare le ragioni di scostamento rispetto alla perizia di stima e a riferirsi al preliminare quale valore base di riferimento dal quale, cioè, partire per considerare ragionevole l’aumento di “oltre 500.000 Euro”.

In conclusione, poichè sussiste il dedotto vizio di motivazione in ordine al fatto decisivo rappresentato dal valore del bene sul quale calcolare la plusvalenza, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, affinchè proceda ad un nuovo esame della controversia nei termini innanzi esposti. La Commissione regionale, in sede di rinvio, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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