Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.57 del 07/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 858-2019 proposto da:

E.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA FROLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONE DI ANCONA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 800/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 800/2018, ha respinto il gravame proposto da, E.R. cittadino nigeriano, avverso la decisione di primo grado, che aveva, a seguito di diniego da parte della competente Commissione territoriale, respinto la richiesta dello straniero di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie.

In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, essendo perseguitato dalla setta degli *****, cui apparteneva il padre, deceduto, avendo egli, di religione cristiana, rifiutato di prendere il posto del genitore) presentava diverse lacune e contraddizioni e comunque, quand’anche veritiera, non conteneva alcun riferimento a minacce specifiche e mirate rivolte al richiedente; quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, l'***** e la città di ***** non erano interessate da particolari episodi di infiltrazione fondamentalistica e terroristica; non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero. Avverso la suddetta sentenza, E.R. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 – bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per avere la Corte d’appello omesso ogni attività istruttoria, al fine di verificare la veridicità dei fatti esposti dal richiedente in sede di audizione dinanzi alla Commissione territoriale; con il secondo motivo, si denuncia poi la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), essendovi contraddittorietà della motivazione “del decreto impugnato” per avere comunque “il Tribunale” accertato che “gli ***** hanno ancora una significativa influenza sugli affari della nazione”, cosicchè, attesa la grande influenza di tale setta, con ramificazioni anche all’interno delle Autorità locali, la vicenda personale del richiedente non avrebbe potuto essere risolta mediante l’ausilio delle Autorità locali.

2. La prima censura è inammissibile.

La Corte territoriale ha ritenuto del tutto generico il rischio allegato, sia ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato sia ai fini della protezione sussidiaria, valutato anche il contesto attuale del paese d’origine.

Vero che nella materia in oggetto il giudice ha il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534); ma la Corte di merito ha attivato il potere di indagine nel senso indicato.

Inoltre, da ultimo si è ulteriormente chiarito (Cass. 27593/2018) che “in tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati”, cosicchè “la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (cfr. Cass. 27503/2018 e Cass. 29358/2018).

In sostanza, l’attenuazione del principio dispositivo in cui la cooperazione istruttoria consiste si colloca non sul versante dell’allegazione, ma esclusivamente su quello della prova, dovendo, anzi, l’allegazione essere adeguatamente circostanziata, cosicchè solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino i fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda (Cass. 17069/2018; Cass. 29358/2018).

In ogni caso, la censura attinente alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere assolutamente generica e, per conseguenza, priva di decisività: il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso (si parla, genericamente, del rischio di subire persecuzioni da parte degli *****).

3. La seconda censura è inammissibile, in quanto non pertinente al decisum.

Il ricorrente denuncia un vizio di contraddittorietà della motivazione ma fa riferimento ad un decreto del Tribunale nella cui motivazione si sarebbe dato rilievo all’influenza esercitata nel territorio nigeriano dalla setta degli *****.

Nella sentenza impugnata, invece, la Corte d’appello ha rilevato che sulla base di fonti internazionali consultate la Polizia in Nigeria è attiva nel perseguire i crimini posti in essere da tale setta.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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