Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.586 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26840/2017 R.G. proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in Roma, via Paolo Emilio 34, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

AMA Azienda Municipale Ambiente S.p.A. Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Calderon de la Barca 87, presso gli avv.ti Fabio Litta e Stefano Scicolone dell’Ufficio legale, che la rappresentano e difendono giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Regionale del Lazio (Roma), Sez. 16, n. 2056/16/17 del 22 novembre 2016, depositata l’11 aprile 2017, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20 novembre 2019 dal Consigliere Raffaele Botta.

FATTO E DIRITTO

1. La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento per omessa dichiarazione della tariffa rifiuti (Ta.Ri.) relativa al periodo di imposta 2007-2012 e del tributo provinciale per l’esercizio di funzioni di tutela, protezione e igiene ambientale. Il ricorrente opponeva:

a) L’avvenuto pagamento della Ta.ri. per il periodo d’imposta 2007-2009;

b) La mancata indicazione nell’avviso dell’organo cui ricorrere per autotutela;

c) Il vizio di motivazione (L. n. 212 del 2000, art. 7 e L. n. 241 del 1990, art. 3);

d) La mancata misurazione della superficie utile (art. 9 regolamento per applicazione sperimentale della Tariffa;

e) La carenza di potere dell’AMA all’emissione dell’avviso di accertamento;

2. Il ricorso veniva accolto parzialmente in primo grado, dove l’atto impugnato veniva annullato relativamente alle annualità 2007/2008 – 2009 per avvenuto pagamento dell’imposta, e confermato per il resto. La decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe avverso al quale il contribuente propone ricorso per cassazione con quattro motivi. L’AMA resiste con controricorso;

3. Con il primo e il secondo modo motivo di ricorso da esaminarsi congiuntamente perchè relativa alla denuncia sotto profili differenti della medesima normativa rappresentata dalla supposta violazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 161 e 162 e del regolamento comunale sull’applicazione della tariffa (delib. n. 56 del 2010), art. 19. Qui, in primo luogo, si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente qualificato l’atto impositivo come ingiunzione impugnabile esclusivamente per vizi propri, senza considerare che a fronte della supposta omessa denuncia del contribuente avrebbe dovuto esser emanato un avviso di accertamento congruamente motivato e la motivazione nel caso era assente. Sotto questo profilo la censura si palesa inammissibile in quanto restando irrilevante la giusta o errata qualificazione dell’atto – e in ciò resta assorbito il secondo rilievo che riconnette appunto a questa, come si è detto, irrilevante qualificazione dell’atto, la supposta mancata pronuncia del giudice sui motivi d’appello – e volendo, come invero il ricorrente vuole, dar rilievo alla motivazione dell’atto, nel ricorso è omessa la trascrizione dell’atto, quanto meno relativamente alle parti dalle quali dovrebbe emergere l’asserito difetto di sufficienza della motivazione, in mondo da consentirne la valutazione da parte di questo giudice di legittimità;

4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 19 del già richiamato regolamento comunale sull’applicazione della tariffa nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, una censura che – insistendo ancora una volta sull’asserita carenza di motivazione dell’atto (anche sotto l’aspetto di una supposta carenza di istruttoria che ne avrebbe portato all’emanazione) – critica quanto affermato dalla sentenza impugnata in ordine alla legittimità per l’amministrazione di avvalersi delle presunzioni semplici in ipotesi, come quella in esame, di omessa denuncia da parte del contribuente;

5. Oltre a rinnovare qui il rilievo circa l’inammissibilità del motivo per l’omessa trascrizione dell’atto impugnato, quanto meno relativamente alle parti dalle quali dovrebbe emergere l’asserito difetto di sufficienza della motivazione, in mondo da consentirne la valutazione da parte di questo giudice di legittimità, occorre sottolineare, sotto il profilo dell’infondatezza del motivo stesso, che secondo l’orientamento di questa Corte, è da considerare pienamente legittimo il ricorso alle presunzioni semplici nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente “sul presupposto dell’inferenza probabilistica dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, secondo un legame che non deve essere di necessarietà assoluta, essendo sufficiente che il fatto noto sia desumibile da quello ignoto sulla base di un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit” (Cass. n. 11368 del 2017). Peraltro si può osservare che qualora, come sembra sia nel caso di specie, “la rettifica venga effettuata sulla base della variazione della superficie tassabile o della tariffa o della categoria, deve ritenersi sufficiente l’indicazione nell’atto della maggiore superficie accertata o della diversa tariffa o categoria ritenute applicabili, in quanto tali elementi, integrati con gli atti generali (quali i regolamenti o altre delibere comunali), sono idonei a rendere comprensibili i presupposti della pretesa tributaria, senza necessità di indicare le fonti probatorie e le indagini effettuate per rideterminare la superficie tassabile, potendo ciò avvenire nell’eventuale successiva fase contenziosa” (Cass. n. 20620 del 2019);

6. Il ricorso è per questo aspetto fondato, in quanto il giudice di rinvio mostra di aver persistito nell’equivoco di considerare illegittimi gli avvisi di accertamento (nella loro totalità) perchè così dichiarati in ipotesi dalle sentenze n. 655/39/08, 656/39/08 e 657/39/08 senza considerare che una parte dei citati avvisi, come emergeva dalla mera lettura dei dispositivi e del conseguente provvedimento di sgravio parziale emesso dall’ente locale, restava intoccato. Con riferimento alle ragioni che la contribuente avrebbe opposto alla pretesa tributaria, infatti, la sentenza impugnata ritiene vi sia “la illegittimità della cartella per difetto di motivazione, vuoi in relazione al contenuto della cartella vuoi in relazione al venir meno dei presupposti di essa atteso che gli avvisi di accertamento ICI per gli anni 1999, 2000 e 2001 emessi nei confronti di D’Ercole (avvisi che hanno dato corso alla cartella in discussione) sono stati dichiarati illegittimi (a seguito di ricorsi del contribuente con le sentenze n. 655/39/08, 656/39/08 e 657/39/08 emessa dalla CTR di Roma, divenute irrevocabili”;

7. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta che il giudice di merito abbia omesso di pronunciare sull’eccezione che egli aveva sollevato sulla carenza di potere dell’AMA S.p.A. per violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 53 e delle relative norme comunitarie;

8. Il motivo che sembra riferito ad una eccezione di puro rilievo formale (e come tale ai limiti dell’ammissibilità) non è fondato: da un lato le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27993 del 2013 hanno espressamente riconosciuto allo Statuto dell’AMA S.p.A. i requisiti necessari perchè essa possa essere considerata una società in house alla quale è affidata dal Comune di Roma la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti; dall’altro, secondo l’orientamento di questa Corte “in tema di tariffa di igiene ambientale (TIA), nell’ambito delle deleghe statutariamente attribuite al direttore generale della società concessionaria, devono considerarsi ricompresi anche gli atti necessari al compimento di quelli espressamente conferiti mediante dette deleghe: ne deriva che la delega per gli atti della procedura di riscossione presuppone anche il potere di emettere gli atti presupposti, ossia l’avviso di accertamento” (Cass. n. 7794 del 2019). Inoltre, in materia di tariffa di igiene ambientale, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, commi 8, 9 e 13, mentre l’attività impositiva delegata dalla legge statale spetta in via esclusiva al comune che determina l’an ed il quantum della tariffa, al soggetto terzo affidatario del servizio, in forza di specifica convenzione, compete l’attività di gestione e di recupero del tributo, in cui rientra l’emissione di avvisi di accertamento” (Cass. n. 456 del 2018);

9. Pertanto il ricorso deve essere respinto con condanna alle spese della parte ricorrente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.200,00 oltre spese forfettarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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