LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8460/2018 R.G. proposto da:
Comune di Gaiba, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Gracchi 318, presso l’avv. Lorenzo Sciubba, rappresentato e difeso dall’avv. Ruggero Mollo, giusta procura speciale per atto autenticato dal Segretario Generale di detto Comune del 6 marzo 2018;
– ricorrente –
contro
V.F.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Regionale del Veneto (Venezia), Sez. 9, n. 898/09/17 del 11 luglio 2017, depositata il 12 settembre 2017, non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20 novembre 2019 dal Consigliere Raffaele Botta.
FATTO E DIRITTO
1. La controversia concerne l’impugnazione di cinque avvisi di accertamento ai fini TARSU per gli anni d’imposta 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011, relativi a due immobili di proprietà del contribuente, di cui uno utilizzato per lo svolgimento di attività artigianale e l’altro adibito ad abitazione: era liquidata una maggiore imposta per la maggiore superficie accertata rispetto a quella dichiarata. Ragione di opposizione era l’assenza di motivazione e la mancata allegazione della denuncia TARSU effettuata dal contribuente e di altra documentazione e dati esaminati dal Comune;
2. Il ricorso veniva rigettato in primo grado, mentre il giudice tributario di secondo grado accoglieva l’appello proposto dal contribuente con la decisione in epigrafe avverso la quale cui il Comune propone ricorso per Cassazione con quattro motivi. Il contribuente non si è costituito;
3. Con il primo motivo di ricorso, che per il suo contenuto obiettivo, assumerebbe se fondato valore assorbente, l’ente locale ricorrente denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente, motivazione perplessa e incomprensibile che non consente in alcun modo la ricostruzione delle ragioni sulle quali poggia il convincimento espresso dal giudice d’appello;
4. Il motivo è fondato. La sentenza, che non opera una sintesi che ricostruisca i fatti di causa ma si limita a riportare, peraltro nemmeno in modo limpido, per ciascuna delle parti in causa le tesi sostenute e le richieste formulate, si risolve in una serie disarmonica di affermazioni di sapore apodittico che non consentono una ricostruzione sotto il profilo logico del ragionamento del giudicante:
– l’introduzione di nuove eccezioni non è permessa (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57), pertanto del fatto se ne prende atto;
– la mancanza di motivazione specifica è ancora confermata e vieppiù accertata dall’esame della documentazione esistente;
– l’elencazione solo delle norme non è sufficiente a permettere l’utilizzo o l’applicazione delle stesse;
– a mancanza specifica di documentazione allegata e l’assenza di verifica in loco nel periodo dell’accertamento non hanno permesso di essere coerenti con ciò che si afferma;
– l’appello incidentale per la parte relativa alla riduzione della superficie andrebbe di per se accolto;
– l’ulteriore superficie di mq 108, non è assolutamente dimostrato che vi fosse insediato un capannone, come dai sopralluoghi in tempi diversi, non più esistente;
5. Appare così evidente – tenuto anche conto dell’estrema difficoltà di creare un collegamento da siffatte affermazioni e il dispositivo pronunciato – che nella fattispecie sia applicabile il principio stabilito da questa Corte secondo cui: “Ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando essa, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture”;
6. Deve essere quindi accolto il primo motivo, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR Veneto in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR Veneto in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020