LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26953/2017 R.G., proposto da:
P.M.S. e P.G., rappresentati e difesi dall’Avv. Gianluca Caputo, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliati, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
– ricorrenti –
contro
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;
– controricorrente –
Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 10 aprile 2017 n. 1993/3/2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 21 novembre 2019 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.
RILEVATO
che:
P.M.S. e P.G. ricorrono per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 10 aprile 2017 n. 1993/3/2017, che, in controversia su impugnazione di avviso di classamento e attribuzione di rendita catastale, ha respinto l’appello dei contribuenti con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha valutato legittimo l’operato dell’Amministrazione Comunale che, dopo aver specificato ed indicato le microzone omogenee in cui era stato rilevato uno scostamento superiore alla soglia di significatività individuata dal legislatore, aveva motivato il riclassamento degli immobili situati nella microzona oggetto di revisione dei parametri catastali, attraverso il raffronto con immobili aventi caratteristiche similari in quanto appartenenti alla medesima zona censuaria. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo, i ricorrenti deducono la nullità della sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, dell’art. 112 c.p.c., n. 4 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per carenza assoluta di motivazione come requisito di validità del provvedimento giurisdizionale.
Con il secondo motivo, in via subordinata, i ricorrenti lamentano, rispettivamente: violazione o falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 e della L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 1 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione del D.P.R. 1 dicembre 1942, n. 1142, artt. 54 e 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; per aver ritenuto sufficientemente motivato un accertamento fondato su valutazioni standardizzate, prive di riferimenti alle caratteristiche intrinseche di ciascun immobile.
Con il terzo ed ultimo motivo, in via ulteriormente subordinata, i ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per l’omessa delibazione di motivi proposti nei ricorsi introduttivi dei giudizi (poi riuniti) di primo grado e riproposti nel giudizio secondo grado.
RITENUTO CHE:
1. Il primo motivo, che i ricorrenti hanno prospettato in via principale, è infondato.
La sentenza di secondo grado appare prima facie provvista di congrua ed adeguata motivazione, essendo stato giustificato l’accoglimento dell’appello con l’espresso richiamo alle motivazioni della revisione del classamento degli immobili (dalla classe 2 alla classe 5") in relazione ai parametri relativi alla microzona di appartenenza.
Per cui, nonostante la enunciazione sintetica delle argomentazioni addotte a sostegno della decisione riformatrice, non si può dire che la relativa motivazione sia mancante o apparente.
Invero, in materia di contenuto della sentenza, affinchè sia integrato il vizio di “mancanza della motivazione” agli effetti di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, occorre che la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (in termini: Cass., Sez. 3, 18 settembre 2009, n. 20112). In definitiva, la sentenza impugnata deve consentire l’individuazione delle ragioni esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, ascrivibili al giudicante, sulle quali la decisione è fondata (Cass., Sez. 6, 5 novembre 2015, n. 22652).
Nella specie, a ben vedere, la Commissione Tributaria Regionale ha adeguatamente (ancorchè concisamente) esposto le ragioni di adesione all’operato dell’ufficio impositore, non limitandosi a riportarne acriticamente e pedissequamente le conclusioni.
2. Il secondo motivo, che i ricorrenti hanno prospettato in via subordinata, risulta fondato.
L’atto tributario del classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 61 e del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 8); categoria e classe costituiscono quindi i due distinti segmenti dell’unitaria operazione del classamento. Ai sensi del D.P.R. 23 marzo 1938, n. 138, art. 8, commi 2 e 3, la categoria viene assegnata sulla base della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, mentre la classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità è ubicata, nonchè dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende. Viene anche precisato che, per qualità urbana della microzona, si intende il livello delle infrastrutture e dei servizi e, per qualità ambientale, il livello di pregio o di degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici ancorchè determinati dall’attività umana. Ai fini della individuazione dell’esatto valore reddituale dell’immobile, indispensabile per l’attribuzione della classe, rileva sia il fattore posizionale, determinato dalla collocazione in una microzona e dalla qualità dei luoghi circostanti, sia il fattore edilizio, desumibile dai parametri distintivi del fabbricato e della singola unità immobiliare, quali dimensione e tipologia, destinazione funzionale, epoca di costruzione, dotazione impiantistica, qualità e stato edilizio, pertinenze comuni ed esclusive, livello di piano (D.P.R. 23 marzo 1938, n. 138, art. 8, commi 6, 7 e 8). L’atto di classamento va necessariamente motivato e l’obbligo motivazionale deve soddisfare il principio di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (c.d. “Statuto del contribuente”), che a sua volta richiama la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, secondo cui l’Amministrazione Finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.
In tema di estimo catastale, l’obbligo di motivazione a carico dell’Amministrazione Finanziaria si atteggia diversamente, a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente. La costituzione di nuovi immobili avvenuta per edificazione urbana o per una variazione nello stato degli immobili urbani, che influisce sul classamento o sulla consistenza (fusione o frazionamento, cambio di destinazione, nuova distribuzione degli spazi interni, ecc.) deve essere dichiarata in Catasto. La dichiarazione, a carico degli intestatari dell’immobile, avviene con la presentazione all’Agenzia del Territorio competente di un atto di aggiornamento predisposto da un professionista tecnico abilitato (architetti, dottori agronomi e forestali, geometri, ingegneri, periti agrari e periti edili), attivando la procedura cd. “DOCFA”; a fronte di tali dichiarazioni l’ufficio può quindi effettuare i dovuti controlli e attivare eventuali rettifiche d’ufficio, che vanno notificate ai soggetti intestatari.
Nell’ipotesi in cui l’avviso di classamento consegua ad un’iniziativa del contribuente, questa Corte ha più volte ribadito che, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della c.d. procedura “DOCFA”, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (in tal senso: Cass., Sez. 6, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 5, 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., Sez. 6, 7 dicembre 2018, n. 31809).
L’obbligo di motivazione assume una connotazione più ampia anche quando l’Agenzia del Territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita; in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione. Costituisce, infatti, altro orientamento consolidato quello secondo cui, in tema di estimo catastale, quando procede all’attribuzione d’ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del Territorio, a pena di nullità del provvedimento per difetto di motivazione, deve specificare se tale mutamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare in questione, oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare. L’Agenzia del Territorio dovrà indicare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute, e nel secondo caso l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano. Tali specificazioni e indicazioni, infatti, sono necessarie per rendere possibile al contribuente di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonchè per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate. (ex plurimis: Cass., Sez. 6, 25 luglio 2012, n. 13174; Cass., Sez. 6, 14 novembre 2012, n. 19949; Cass., Sez. 5, 20 settembre 2013, n. 21532; Cass., Sez. 5, 30 luglio 2014, n. 17328).
Il legislatore è intervenuto più volte in materia, nel tentativo di realizzare una riforma del catasto che consentisse di eliminare, o quanto meno di contenere, le sperequazioni impositive derivanti dallo squilibrio, per alcuni immobili, tra i valori catastali riferiti ad anni risalenti e i valori di mercato attuali, accresciuti notevolmente dalla collocazione in un mutato sistema economico – culturale dell’assetto urbano; sono stati, dunque, previsti dei meccanismi che consentissero di effettuare, in presenza di specifici presupposti e condizioni, degli interventi correttivi di portata generalizzata, sollecitando in tal modo l’Amministrazione Finanziaria a procedere a delle verifiche c.d. massive. In relazione al contenuto minimo della motivazione di tali atti di riclassamento, di immobili quindi già muniti di rendita catastale, ma oggetto di rettifica per iniziativa dell’Amministrazione Finanziaria, questa Corte ha posto i seguenti principi: a) se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento; b) se la variazione è stata effettuata ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni; c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 58, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento (ex plurimis: Cass., Sez. 6, 13 novembre 2012, n. 19820; Cass., Sez. 6, 8 marzo 2013, n. 5784; Cass., Sez. 6, 6 maggio 2013, n. 10489; Cass., Sez. 5, 16 gennaio 2015, n. 697).
Giova anche evidenziare che la motivazione dell’atto di “riclassamento” non può essere integrata dall’Amministrazione Finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (da ultime: Cass., Sez. 6, 21 maggio 2018, n. 12400; Cass., Sez. 5, 12 ottobre 2018, n. 25450), nè il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.
La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, affermato che l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa (ex plurimis: Cass., Sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7056; Cass., Sez. 5, 9 luglio 2014, n. 15633; Cass., Sez. 5, 17 ottobre 2014, n. 22003).
Tanto premesso, nella specie è pacifico che l’Amministrazione Finanziaria abbia proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali. In queste ipotesi, la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 339 ed elaborate con la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. del 18 febbraio 2005 n. 40), cui sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali. Secondo il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 2, comma 1, la microzona è una porzione del territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico – ambientali, socioeconomici, nonchè nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane; in ciascuna microzona si presume che le unità immobiliari siano uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalente. Questo peculiare strumento, introdotto con la legge finanziaria 2005, ha già superato il vaglio di legittimità costituzionale; la Corte costituzionale, con la sentenza depositata I’l dicembre 2017 n. 249, ha, infatti, ritenuto non irragionevole la scelta fatta dal legislatore di consentire una revisione del classamento per microzone, in quanto basata sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore posizionale già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale. La modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona ha una indubbia ricaduta sulla rendita catastale ed il conseguente adeguamento, in presenza di un’accresciuta capacità contributiva, mira ad eliminare una sperequazione a livello impositivo.
Posta la legittimità dello strumento in generale, se ne impone tuttavia un corretto utilizzo, che a giudizio di questa Corte non può prescindere da un’adeguata valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione. Poichè non è sufficiente il rispetto dei criteri generali previsti dalla norma, ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita venga contestualizzata ed individualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, anche gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza e di analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo.
Ebbene, con riferimento a tale specifica ipotesi questa Corte ha ripetutamente affermato, in relazione a contenziosi sorti in conseguenza di applicazioni fatte in diversi Comuni, che, in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento ai suddetti parametri di legge ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, esigendosi che detto obbligo motivazionale sia assolto in maniera rigorosa in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento, avente carattere “diffuso” (ex plurimis: Cass., Sez. 6, 17 febbraio 2015, n. 3156; Cass., Sez. 6, 21 giugno 2018, n. 3156; Cass., Sez. 6, 26 settembre 2018, n. 23129; Cass., Sez. 6, 2 novembre 2018, n. 28035; Cass., Sez. 6, 5 novembre 2018, n. 28076; Cass., Sez. 6, 8 aprile 2019, n. 9770), ed ancora che, in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza depositata dalla Corte Costituzionale l’1 dicembre 2017, n. 249 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del Direttore dell’Agenzia del Territorio, nonchè.i dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento (così: Cass., Sez. 6, 10 dicembre 2018, n. 31829).
In applicazione dei suindicati principi, che si devono confermare in questa sede, non può dunque ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento di diverso classamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di scostamento senza esplicitare gli elementi che in concreto lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 8 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonchè caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende), e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (ex plurimis: Cass., Sez. 6, 17 febbraio 2015, n. 3156; Cass., Sez. 6, 21 giugno 2018, n. 16378; Cass., Sez. 6, 26 settembre 2018, n. 23129; Cass., Sez. 6, 8 aprile 2019, n. 9770; Cass., Sez. 6, 23 luglio 2019, n. 19810).
In particolare, non può assolutamente ritenersi sufficiente a tal fine il riferimento alla microzona ed alle sue caratteristiche come indistintamente individuate, quale, nella specie, l’asettico e richiamo alla “generica rappresentazione della rivalutazione urbanistica della microzona agevolmente (…) chiarita dal notorio aumento di valore della specifica zona di cui si tratta (centro storico di Roma)”
Quanto ai casi in cui è disposto un mutamento di categoria dell’immobile, perchè la mera collocazione nella microzona non incide sulla destinazione funzionale dell’immobile che condiziona l’attribuzione della categoria. Quanto ai mutamenti di classe perchè, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è indubbiamente correlata alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, ecc.), e alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio in cui si inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona. Oltre al fattore posizionale, ai fini valutativi rileva anche il fattore edilizio, per cui non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche della singola unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, lo stato di conservazione, l’anno di costruzione, ecc.), non essendo sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe.
Su tale punto va dunque disatteso altro precedente rimasto isolato (Cass., Sez. 5, 19 ottobre 2016, n. 21176), secondo cui la revisione del classamento ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, ex art. 1, comma 335, non deve ritenersi condizionata alle specifiche tecniche dell’unità immobiliare, bensì esclusivamente ai parametri relativi alla microzona di appartenenza, salva la possibilità di prova contraria.
6.4 La soluzione interpretativa che privilegia una maggiore estensione degli obblighi motivazionali risulta, infatti, l’unica adeguata alle successive indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte Costituzionale che, con la richiamata pronuncia n. 249 del 2017, se da un lato ha affermato che “la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 (L. n. 311 del 2004, art. 1) non presenta profili di irragionevolezza (in quanto) la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene”, nello stesso tempo ha evidenziato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.
Il Giudice delle Leggi ha così individuato nell’obbligo di motivazione rigorosa un elemento dirimente e qualificante ai fini della legittimità dell’operazione dal carattere “diffuso”, escludendo che tale legittimità potesse affermarsi in via presuntiva; tale requisito va, dunque, soddisfatto ex ante, e senza che sia sufficiente la mera possibilità del contribuente di fornire prova contraria in sede contenziosa.
Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di estimo catastale, il nuovo classamento adottato ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, soddisfa l’obbligo di motivazione se, oltre a contenere il riferimento ai parametri di legge generali, quali il significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, ed ai provvedimenti amministrativi su cui si fonda, consente al contribuente di evincere gli elementi, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 8 (quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare), che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, ponendolo in condizione di conoscere ex ante le ragioni specifiche che giustificano il singolo provvedimento di cui è destinatario, seppure inserito in un’operazione di riclassificazione a carattere diffuso”.
Ebbene la Commissione Tributaria Regionale non si è uniformata al predetto principio in quanto ha ritenuto sufficientemente motivato un atto basato esclusivamente sulla revisione generalizzata del classamento degli immobili compresi in una medesima microzona, e sul riferimento ad immobili similari non per caratteristiche catastali, ma per la mera collocazione nella medesima zona, in mancanza di qualsiasi specificazione in ordine ai vantaggi ritraibili concretamente dai singoli immobili interessati rispetto ad imprecisati miglioramenti dei servizi di trasporto pubblico e della qualità del contesto urbano, utilizzando una motivazione indistinta per la pluralità di immobili appartenenti ai contribuenti, senza alcun riferimento analitico per ogni singola unità immobiliare oggetto di variazione.
Da quanto esposto, rigettato il primo motivo, accolto il secondo motivo ed assorbito il terzo motivo, segue la cassazione della sentenza impugnata, e, con decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, l’accoglimento del ricorso introduttivo.
In considerazione dell’esito finale della lite, tenuto conto che le questioni giuridiche hanno trovato soluzione alla luce di interventi legislativi e giurisprudenziali complessi, va disposta la compensazione delle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo motivo e dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo dei contribuenti; compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020