LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5462/2014 R.G. proposto da:
Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Giuseppe Mazzini 11, presso l’avv. prof. Livia Salvini, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Regionale della Lombardia (Milano), Sez. 12, n. 126/12/13 del 3 giugno 2013, depositata il 12 luglio 2013, non notificata.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 21 novembre 2019 dal Consigliere Raffaele Botta.
FATTO E DIRITTO
1. La controversia concerne l’impugnazione da parte della Edison S.p.A. dell’avviso di accertamento dell’Agenzia del Territorio di Sondrio con il quale veniva rettificata la rendita catastale proposta dalla società con procedura DOCFA relativamente alla centrale idroelettrica “Armisa” in Comune di Ponte in Valtellina. La società contribuente deduceva l’illegittimità dell’avviso per intervenuta decadenza essendo stato l’atto notificato oltre i termini di legge e l’eccessività del valore accertato per erroneità e illegittimità del criterio di valorizzazione;
2. Il ricorso era rigettato in primo grado e la decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe avverso la quale la società contribuente propone ricorso per cassazione con due motivi, illustrati anche con memoria. Resiste l’amministrazione con controricorso;
3. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, lamentando l’erroneità della decisione impugnata. L’atto di appello conteneva, ad onta di quanto ritenuto dalla CTR, i requisiti di specificità utili ai fini della proposizione dell’impugnazione. Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio non avendo preso in considerazione le articolate deduzioni esposte nel giudizio di merito;
4. L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’infondatezza del primo motivo, avendo in definitiva la CTR deciso nel merito il giudizio e delle ulteriori censure;
5. Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbe l’esame delle ulteriori censure;
6. E’ nota la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza (Cass. n. 3064/12; Cass. n. 14908/14; Cass. n. 30525/2018). A tali principi non si è attenuto il giudice di appello che ha tralasciato di considerare la puntuale esposizione delle ragioni di dissenso alla sentenza di prime cure esposte dalla società contribuente nell’atto di appello, puntualmente riportato nel ricorso;
7. D’altra parte, v’è da evidenziare che la CTR ha esaminato con priorità la questione relativa all’ammissibilità dell’appello, escludendola. Sul punto giova ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, sent. n. 3840 del 2007, hanno affermato il principio ribadito da successiva pronunzie – v., ex plurimis, Cass. n. 9647 del 2011 – che qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata;
8. Pertanto, in accoglimento del primo motivo, dichiarati inammissibili gli altri, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione per nuovo esame, la quale provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR Lombardia in altra composizione.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020