LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25453/2014 R.G. proposto da:
Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Giuseppe Mazzini 11, presso l’avv. prof. Livia Salvini, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;
– intimata costituita –
avverso la sentenza della Commissione Regionale della Lombardia (Milano), Sez. 33, n. 1280/33/14 del 6 maggio 2013, depositata il 10 marzo 2104, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2019 dal Consigliere Dott. Botta Raffaele;
FATTO E DIRITTO
1. La controversia concerne l’impugnazione della rettifica dei valori attribuiti dall’Ufficio alle centrali idroelettriche denominate Venina, Zappello e Vadello site in Comune di Piateda rispetto a quelli indicati nella denuncia DOCFA dalla società contribuente che impugnava l’accertamento per a) intervenuta decadenza D.M. n. 701 del 1994, ex art. 1, comma 3 e del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 17 e 20, b) eccessività del valore accertato e c) erroneità e illegittimità del criterio di valorizzazione adottato;
2. Il ricorso era respinto in primo grado, ma l’appello della società contribuente era parzialmente accolto con la sentenza in epigrafe in ordine alla doglianza relativa ai valori attribuiti agli impianti dall’Agenzia del Territorio. Avverso tale sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria. L’amministrazione non ha notificato un controricorso ma ha depositato un atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza di discussione;
3. Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente denuncia nullità della sentenza impugnata per motivazione meramente apparente in ordine alle specifiche questioni controverse e decisive “della carenza assoluta di prova da parte dell’Ufficio anche per i valori relativi ai manufatti di consistenza più rilevante e della mancata applicazione di qualsiasi coefficiente di vetustà ed obsolescenza in relazione a cespiti di risalente costruzione”;
4. Il motivo non è fondato in quanto la sentenza impugnata è estremamente attenta nell’analisi della fattispecie e – ricordato che a norma di regolamento “il valore venale si stabilisce con riguardo al costo di ricostruzione, applicando su questo un adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari” – afferma che sulla base di tali considerazioni e “preso atto di quanto indicato dall’Ufficio negli Avvisi di Accertamento e tenuto conto degli elementi e motivazioni espresse dalla società in sede di ricorso introduttivo ed in appello, (la Commissione) ritiene di dover confermare le spese incrementative, calcolate alla data del 31/12/88, rettificando quelle accertate dall’Ufficio” (e tanto poi precisa, impianto per impianto). In tal modo la sentenza impugnata indica che l’intervento sulle spese incrementative, che comporta un accoglimento parziale dell’appello e una sensibile riduzione del valore accertato, assorbe esaustivamente ogni possibile valutazione degli immobili in questione con riferimento tanto alla consistenza degli stessi, quanto al loro stato attuale;
5. Con i successivi due motivi di ricorso, entrambi rubricati come “omesso esame di fatto decisivo”, la società ricorrente insiste sulla supposta erroneità della valutazione degli immobili fatta propria del giudicante, esponendo quanto più convincente sia, a suo dire, (‘esegesi condotta dal perito di parte: in realtà si tratta di un’analisi critica non della sentenza impugnata ma dell’atto impositivo nel tentativo di ottenere dal giudice di legittimità una inammissibile revisione del giudizio di merito capace di far prevalere l’opinione sui fatti atta propria dalla ricorrente su quella del giudicante;
6. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. In Ragione del mancato utile esercizio di attività difensiva non occorre provvedere sulle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.
Depositato in cancelleria il 15 gennaio 2020