LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28558/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;
– ricorrente –
contro
Edison S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Giuseppe Mazzini 11, presso l’avv. prof. Livia Salvini, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Regionale della Lombardia (Milano – Sezione staccata di Brescia), Sez. 65, n. 3138/65/14 del 22 maggio 2014, depositata il 12 giugno 2104, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2019 dal Consigliere Dott. Botta Raffaele;
FATTO E DIRITTO
1. La controversia concerne l’impugnazione della rettifiche dei valori attribuiti dalla società contribuente nelle denunce DOCFA relative alle centrali elettriche site in comune di Cividale Camuno e alla centrale elettrica sita in comune di Breno: gli avvisi di accertamento in rettifica erano contestati a) intervenuta decadenza D.M. n. 701 del 1994, ex art. 1, comma 3 e del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 17 e 20, b) eccessività del valore accertato e c) erroneità e illegittimità del criterio di valorizzazione adottato;
2. I ricorsi riuniti erano accolti in primo grado sul punto dell’eccepita decadenza D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3. La decisione era confermata in appello, con la sentenza in epigrafe, sia pur con diversa motivazione: gli atti impositivi nonostante tempestivi erano da annullare nel merito, per mancata prova da parte dell’Ufficio del maggior valore attribuito. Avverso tale sentenza l’Ufficio propone ricorso per cassazione con due motivi. Resiste la società contribuente con controricorso, illustrato anche con memoria;
3. Il primo motivo di ricorso con il quale l’amministrazione ricorrente censura la sentenza impugnata per aver erroneamente annullato gli avvisi di accertamento de quibus per difetto di motivazione è infondato e prima ancora inammissibile in quanto il disposto annullamento degli avvisi è fondato dal giudice d’appello sulla mancata prova della pretesa tributaria, così come enunciata negli avvisi stessi. Questa costituisce una autonoma ratio decidendi idonea in ogni caso, se non impugnata (com’è nel caso di specie), a sorreggere la decisione (v. Cass. n. 9752 del 2017);
4. Altrettanto inammissibile si palesa il secondo motivo di ricorso (omesso esame di un fatto decisivo) – non solo perchè, sotto il profilo dell’autosufficienza, non riporta nel ricorso lo specifico contenuto documentale che si assume pretermesso e perchè non dimostra la decisività del fatto storico di cui ad avviso della ricorrente sarebbe stata omessa la valutazione, evidenziando che tale esame se opportunamente condotto avrebbe portato ad un diverso esito della controversia – ma soprattutto perchè le deduzioni della ricorrente costituiscono un chiaro tentativo di ottenere, sotto il profilo del vizio di motivazione, una inammissibile revisione del giudizio di merito, facendo prevalere le valutazioni della ricorrente su quelle del giudicante(v. Cass. n. 6519 del 2019);
5. Pertanto il ricorso deve essere respinto con condanna della parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 7.800,00 oltre spese forfettarie e oneri di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto dellaA’sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.
Depositato in cancelleria il 15 gennaio 2020