Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.605 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 611/2015 R.G. proposto da:

Enel Produzione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Giovanni Paisiello 33, presso lo studio “Di Tanno e Associati – Studio Legale Tributario”, rappresentata e difesa dagli avv. ti Enrico Pauletti e Rosamaria Nicastro giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;

– intimata costituita –

avverso la sentenza della Commissione Regionale della Lombardia (Milano), Sez. 12, n. 5195/12/14 del 6 ottobre 2014, depositata il’ottobre 2014, notificata il 27 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2019 dal Consigliere Dott. Botta Raffaele.

FATTO E DIRITTO

1. La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di accertamento relativo alla centrale idroelettrica di Pedesina contestato per a) violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, per mancata allegazione della perizia di stima citata nell’atto, b) illegittimità per carenza di prova; c) infondatezza nel merito;

2. Il ricorso era accolto parzialmente in primo grado con riferimento alla congruità dei valori attribuiti all’impianto e l’appello della società era respinto con la sentenza in epigrafe, avverso la quale la stessa società propone ricorso per cassazione con tre motivi. L’amministrazione non ha notificato un controricorso ma ha depositato un atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza di discussione;

3. Il primo motivo di ricorso si presenta inammissibile in quanto nell’atto non è riportato il contenuto specifico dell’avviso di accertamento in modo che il giudice di legittimità passa farne opportuna valutazione, tenendo conto che, secondo l’orientamento di questa Corte, “l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di allegare al relativo avviso gli atti indicati nello stesso deve essere inteso in relazione alla finalità “integrativa” delle ragioni che giustificano l’emanazione dell’atto impositivo ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, sicchè detto obbligo riguarda i soli atti che non siano stati già trascritti nella loro parte essenziale nell’avviso stesso, con esclusione, peraltro, di quelli cui l’Ufficio abbia fatto comunque riferimento, i quali, pur non facendo parte della motivazione, sono utilizzabili ai fini della prova della pretesa impositiva” (Cass. n. 24417 del 2018), come sembra aver ritenuto che fosse nel caso di specie il giudice d’appello;

4. Con il secondo motivo la società contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 652 del 1939, artt. 4 e 5, del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 40 e della L. n. 843 del 1992, art. 10, censurando l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui “turbina e alternatore elettrico costituiscono un unicum con il complesso industriale, per cui tali beni vanno inclusi nella stima catastale”;

5. Il motivo non è fondato in quanto secondo l’orientamento di questa Corte “le turbine, dei serbatoi, le ciminiere, le pompe, i ventilatori, le caldaie e tutti gli altri impianti mobili che, ai sensi del D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, conv., con modif., in L. n. 88 del 2005, contribuiscono a determinare la rendita catastale, trattandosi di parti essenziali, volte a realizzare un unico bene complesso, la cui assenza altererebbe le caratteristiche complessive della struttura, che non potrebbe più essere considerata una centrale elettrica” (Cass. n. 3277 del 2019);

6. Con il terzo motivo di ricorso, la società contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 2, in odine al ritenuto non corretto esercizio dei poteri istruttori circa la determinazione del coefficiente di deprezzamento per vetustà da applicare alle componenti dell’impianto;

7. Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo: perchè sollecita una revisione del giudizio di merito e perchè non tiene conto dell’orientamento di questa Corte secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, la deduzione avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione ed è, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012” (Cass. n. 11863 del 2018);

8. Pertanto il ricorso deve essere rigettato. In ragione del mancato esercizio utile di attività difensiva da parte dell’intimata non occorre provvedere sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 15 gennaio 2020

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