Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.607 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 11864/2015 R.G. proposto da:

Enel Produzione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, ed Enel S.p.A., elettivamente domiciliate in Roma, via Giovanni Paisiello 33, presso lo studio “Di Tanno e Associati –

Studio Legale Tributario”, rappresentate e difese dagli avv.ti Enrico Pauletti e Rosamaria Nicastro giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Regionale del Molise (Campobasso), Sez. 1, n. 58/01/14 del 26 novembre 2012, depositata il 11 marzo 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2019 dal Consigliere Dott. Botta Raffaele;

FATTO E DIRITTO

1. La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di accertamento a seguito di procedura DOCFA relativo alla centrale idroelettrica denominata “Rocchetti” e dell’impianto idroelettrico denominato “Volturno 1 salto” contestato per a) carenza di motivazione in relazione alla L. n. 212 del 2004, art. 7; b) violazione della L. n. 311 del 2000, art. 1, comma 336, c) inclusione delle opere idrauliche e delle gallerie tra i beni suscettibili di valutazione catastale; d) eccessività dei valori accertati; e) inclusione di beni appartenenti ad altro impianto;

2. Il ricorso era rigettato in primo grado e la decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe avverso la quale la società contribuente propone ricorso per cassazione con cinque motivi. Resiste l’amministrazione con controricorso;

3. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente insiste ancora – nonostante la doppia bocciatura – sulla violazione della L. n. 21 del 2000, art. 7, in relazione al supposto vizio di motivazione dell’avviso di accertamento;

4. Il motivo, oltre il profilo di inammissibilità essendo lo stesso diretto più all’atto impositivo che alla sentenza del giudice di merito, è infondato poichè tanto il giudice di prime cure, quanto il giudice d’appello hanno deciso in conformità con l’orientamento espresso da questa Corte secondo cui “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, conv. in L. n. 75 del 1993, e del D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (cd. procedura DOCFA) ed in base ad una stima diretta eseguita dall’Ufficio (come accade per gli immobili classificati nel gruppo catastale D), tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e comunque prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione” (Cass. n. 17971 del 2018, ma si tratta di orientamento costante). Inoltre la Corte ha precisato che “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1993, n. 75, e del D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (cosiddetta procedura DOCFA), ed in base ad una stima diretta eseguita dall’ufficio, l’obbligo della motivazione dell’avviso di classamento dell’immobile deve ritenersi osservato anche mediante la semplice indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio e della classe conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di elementi che, in ragione della struttura fortemente partecipativa dell’avviso stesso, sono conosciuti o comunque facilmente conoscibili per il contribuente, il quale, quindi, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, può comprendere le ragioni della classificazione e tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie” Cass. n. 2268 del 2014). Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, “l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di allegare al relativo avviso gli atti indicati nello stesso deve essere inteso in relazione alla finalità “integrativa” delle ragioni che giustificano l’emanazione dell’atto impositivo ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, sicchè detto obbligo riguarda i soli atti che non siano stati già trascritti nella loro parte essenziale nell’avviso stesso, con esclusione, peraltro, di quelli cui l’Ufficio abbia fatto comunque riferimento, i quali, pur non facendo parte della motivazione, sono utilizzabili ai fini della prova della pretesa impositiva” (Cass. n. 24417 del 2018);

5. Con il secondo ed il terzo motivo, la società contribuente denuncia violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, e del R.D. n. 1572 del 1931, art. 18, R.D. n. 1775 del 1933, artt. 1 e 25. Ciò perchè si sarebbe data rilevanza catastale a fatti e beni che dovrebbero esserne esclusi: in particolare per quel che concerne la valorizzazione delle opere per lo sfruttamento della risorsa idrica;

6. Si tratta di censure che, oltre ai profili di inammissibilità emergenti dalla istanza di riesame del merito che le stesse sottendono, sono infondate in quanto secondo l’orientamento di questa Corte “le turbine, dei serbatoi, le ciminiere, le pompe, i ventilatori, le caldaie e tutti gli altri impianti mobili che, ai sensi del D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies, conv., con modif., in L. n. 88 del 2005, contribuiscono a determinare la rendita catastale, trattandosi di parti essenziali, volte a realizzare un unico bene complesso, la cui assenza altererebbe le caratteristiche complessive della struttura, che non potrebbe più essere considerata una centrale elettrica” (Cass. n. 3277 del 2019);

7. Con il quarto motivo la società contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244, censurando la sentenza impugnata in ordine alla dedotta eccessività del valore attribuito all’impianto, per mancata applicazione del corretto coefficiente di vetustà;

8. Il motivo, a voler prescindere dai profili di inammissibilità emergenti dalla chiara finalizzazione della censura ad ottenere una revisione del giudizio di merito preclusa al giudice di legittimità, non è fondato in quanto, come emerge ad es. dalla sentenza n. 4921 del 2015 di questa Corte, “doveva essere stata l’appellante società a fornire specificamente la prova dei suoi assunti circa la non classabilità o la ridotta potenzialità degli impianti, a fronte della verifica effettuata dai tecnici erariali in sede di sopralluogo e stima diretta”: situazione questa che non risulta nel caso di specie, nè è specificamente dedotta. Peraltro, come già rilevato dalla Corte in casi analoghi, la disposizione di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244, ha carattere di innovazione normativa e non è applicabile retroattivamente ad una operazione di riclassamento, come quello di specie, avvenuta nel 2006 (v. Cass. n. 4922 del 2015);

9. Quanto alla supposta omessa pronuncia relativa alla denunciata “errata inclusione di parti di impianto appartenenti ad altra unità immobiliare” si tratta di un motivo ancora una volta inammissibile perchè funzionale ad un riesame del merito ed è in ogni caso infondato in quanto il giudice di merito si è pronunciato espressamente sul punto quando ha dichiarato di condividere (pag. 8) modalità e risultato dell’operazione posta in essere dall’Agenzia del Territorio, peraltro con sopraluogo, che ha incluso la porzione dell’impianto “Volturno 2 salto” che pur ricadendo nel territorio del Comune di Castel San Vincenzo è strutturalmente e funzionalmente connesso all’impianto “Volturno 1 salto”;

10. Pertanto il ricorso deve essere rigettato con condanna alle spese della società ricorrente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna in solido le parti ricorrenti alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 6.000,00 oltre spese forfettarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 15 gennaio 2020

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