Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.651 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33135/2018 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Torino n. 7, presso lo studio dell’avvocato Barberio Laura che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Vitale Gianluca;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1099/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- D.L., cittadino gambiano, ha proposto ricorso avanti al Tribunale di Torino avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di riconoscimento della protezione umanitaria.

Il Tribunale ha respinto il ricorso con ordinanza dell’agosto-settembre 2017.

D.L. ha presentato impugnazio nella decisione avanti alla Corte di Appello di Torino. Che la ha respinta, con sentenza depositata l’8 giugno 2018; con atto separato, di pari data, ha altresì disposto la revoca dell’ammissione dell’appellante al patrocinio a spese dello Stato.

2.- La Corte territoriale ha rilevato, con riferimento al tema della protezione internazionale, che “il racconto relativo all’ingiusta accusa di violenza sessuale da parte della prima moglie di suo zio, che si sarebbe recata alla Polizia denunciandolo di avere violentato sua figlia, costituisce un fatto di natura privatistica, che non ha nulla a che vedere con la richiesta di protezione internazionale”; che “i fatti narrati dall’appellante, oltre a essere scarsamente credibili, non integrano le condizioni di legge per la concessione di alcuna delle forme di protezione richiesta”; che, inoltre, “tutto il racconto è assolutamente privo di qualsiasi riscontro documentale e spazio-temporale”.

Con specifico riguardo all’ipotesi considerata nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c ha puntualizzato, poi, che “l’attuale situazione del Paese” del Gambia risulta “nel complesso tranquilla”.

A proposito della protezione umanitaria, inoltre, la Corte piemontese ha rilevato che le affermazioni svolte dal richiedente “si caratterizzano per essere soltanto ipotetiche e prive di prova e non costituiscono ragioni sufficienti per il rilascio” del relativo permesso.

3.- Avverso questo provvedimento D.L. ha presentato ricorso, articolando quattro motivi di cassazione.

Resiste il Ministero, con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura il provvedimento della Corte di Torino: (1) col primo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 4; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, art. 27, comma 1 bis; D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6; art. 16 dir. UE 2013/32; “violazione dei criteri legali per la valutazione della credibilità del richiedente mancata audizione personale – mancato svolgimento di attività istruttoria; erronea valutazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3”; (2) col secondo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), art. 5, art. 14 comma 1, lett. b); art. 15 dir. UE n. 2011/95; “rilevanza del rischio di danno grave ascrivibile a soggetti non statuali ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria”; (3) col terzo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2007, art. 8 e art. 32, comma 3; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19; “violazione dei criteri legali per la concessione della protezione umanitaria”; (4) col quarto motivo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2;

“violazione dei criteri in materia di ammissione al patrocinio a spese dello Stato”.

5.- Il primo e il secondo motivo di ricorso si manifestano suscettibili di un esame unitario.

Con questi motivi, il ricorrente censura la decisione della Corte territoriale di negare il riconoscimento della protezione internazionale, adducendo nell’ordine: che la valutazione di non credibilità del narrato del ricorrente è viziata dal fatto che la Corte non ha ritenuto di procedere all’audizione personale del richiedente; che la stessa ha mancato di compiere, in proposito, ogni pur dovuto approfondimento istruttorio; che, in relazione al riscontro dello status di rifugiato, vengono a rilevare in modo particolare anche le “passate minacce dirette di persecuzione”; che l’attività di persecuzione (per il diritto di rifugio), come pure il rischio di grave danno (per la protezione sussidiaria) ben possono derivare anche da “soggetti non statuali”; che pertanto “a nulla rileva la matrice pubblica o privata della fuga del richiedente” da Paese di origine.

6.- Il primo e il secondo motivo di ricorso non meritano di essere accolti.

In effetti, la serie di osservazioni appena riportate non viene a intaccare la ratio decidendi che è stata sviluppata dalla Corte territoriale. Che consiste, nel suo nucleo di base, nella rilevazione che – stando allo stesso racconto compiuto dal ricorrente – mancano vicende persecutorie, consentanee a quelle prese in considerazione per il diritto di rifugio, come pure situazione ascrivibili in qualche misura alle ipotesi prese in considerazione dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

7.- Il terzo motivo di ricorso, che fa riferimento al tema della protezione umanitaria, è del pari inammissibile.

Il motivo neppure indica o fa cenno di situazioni di vulnerabilità che siano specifiche alla persona del richiedente, limitandosi in sostanza a riportare talune massime della giurisprudenza di questa Corte, affatto astratte dalla fattispecie concreta.

8.- Il quarto motivo di ricorso, inerente alla revoca dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, pure disposto dalla Corte territoriale, è inammissibile.

Secondo l’attuale indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, la “revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, quand’anche adottata, come nel caso, con la sentenza che definisce il giudizio, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 del medesimo D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanto adottata con sentenza, sia per ciò solo impugnabile immediatamente con ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 113 D.P.R. citato” (Cass., 29 settembre 2019, n. 24405; ivi pure il richiamo di numerosi altri precedenti).

9.- In conclusione, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese relative al giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.200,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre al 15% per spese generali e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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