Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.679 del 15/01/2020

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31914/2018 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato presso l’avv. Stefania Santilli che lo rappres. e difende, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappres. e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2019 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

La Commissione territoriale di Milano respinse l’istanza presentata da M.C., cittadino della *****, diretta al riconoscimento della protezione internazionale e, in subordine, di quelle sussidiaria ed umanitaria; avverso tale decisione, il C. propose ricorso innanzi al Tribunale di Milano che, con ordinanza emessa il 24.3.17, lo rigettò.

Il C. propose appello; si costituì il Ministero dell’Interno.

Con sentenza emessa il 29.3.2018. la Corte d’appello di Milano rigettò l’impugnazione, osservando che: il racconto reso dal ricorrente non era credibile ed erano state allegate questioni attinenti a situazioni personali, non rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale; il Tribunale aveva escluso ogni pericolo connesso al rientro in patria, esaminando la situazione socio-politica della *****; non erano state allegate situazioni di particolare vulnerabilità individuale apprezzabili ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, essendo al riguardo irrilevante l’attività lavorativa documentata.

Ricorre in cassazione il C. con due motivi.

Il Ministero ha depositato nota di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa.

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 della Convenzione Cedu, avendo la Corte d’appello violato l’parametri normativi riguardanti il vaglio della credibilità del ricorrente, escludendo erroneamente i presupposti della persecuzione per l’appartenenza ad una famiglia coinvolta in una faida tribale, omettendo gli accertamenti relativi alle pratiche corruttive all’interno delle forze dell’ordine e dell’ordine giudiziario del Paese in ordine all’impossibilità di richiedere la protezione degli organi statuali (come emergeva dalle COI).

Con il secondo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 della Convenzione Cedu, non avendo la Corte d’appello dato conto di alcuna COI consultata, omettendo pertanto di svolgere l’attività di cooperazione istruttoria.

Con il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, art. 10 Cost., comma 3, art. 2 Cost., art. 8 della Convenzione Cedu, per non aver la Corte d’appello ritenuto sussistere i presupposti del permesso umanitario, data la situazione del Paese come emergente dalle fonti informative citate, nonchè deducendo motivazione apparente e violazione del dovere di cooperazione istruttoria.

Il primo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente ha allegato una situazione che la Corte d’appello ha ritenuto non inquadrabile nell’ambito dei parametri della protezione internazionale escludendo, con motivazione immune da censure, ogni forma di persecuzione, trattandosi di vicende private. Peraltro, il ricorrente non ha allegato di aver richiesto l’intervento delle autorità locali, sicchè ogni rilievo afferente all’omessa acquisizione di informazioni sulle pratiche corruttive diffuse in ***** è irrilevante.

Il secondo motivo è inammissibile. Il ricorrente si duole che la Corte territoriale, nell’escludere i presupposti delle forme di protezione internazionale, abbia omesso di indicare le fonti informative allegate all’atto introduttivo e prodotte in primo e secondo grado, lamentando la violazione del dovere di cooperazione istruttoria gravante sul giudice di merito.

Il vizio dedotto riguarda, dunque, non solo la violazione delle norme di legge richiamate, che disciplinano il suddetto dovere ma, sebbene non espressamente esplicitato, anche la motivazione della sentenza impugnata laddove il ricorrente lamenta l’omesso esame dei documenti prodotti.

Al riguardo, la Corte d’appello ha rilevato che il giudice di primo grado- contrariamente a quanto affermato dall’appellante- aveva svolto ampie e condivisibili considerazioni sulla situazione geopolitica della Guinea, non ravvisando alcuna connessione tra la sua condizione personale e le ragioni dell’espatrio, soggiungendo altresì che l’appellante non aveva rappresentato tale collegamento in termini di minimale concretezza e verosimiglianza.

Ora, il ricorrente si è limitato a criticare la sentenza impugnata, indicando i report internazionali il cui esame sarebbe stato omesso, ma non ha censurato la motivazione della sentenza del Tribunale, in ordine all’insussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria, cui la Corte d’appello, sostanzialmente, ha aderito per relationem.

Sulla questione, viene in rilievo l’orientamento di questa Corte, espresso dalla Sezioni Unite, a tenore del quale, in tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine di ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (cfr. Cass., SU, n. 7074/17).

Nel caso concreto, dunque, la doglianza è inammissibile poichè non indica anzitutto quale sia stata la motivazione del Tribunale, e non sviluppa critiche afferenti alle ragioni poste a sostegno della decisione di diniego dell’invocata protezione, recepite dal giudice d’appello per relationem.

Il terzo motivo è inammissibile per non aver il ricorrente allegato specifiche, individuali situazioni di vulnerabilità, anche alla luce dell’orientamento per cui, la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela sìtuazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi aì presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di ” estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass., n. 3681/19).

Nulla per le spese, atteso che il Ministero ha depositato un atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, senza esprimere difese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472