LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23208/2018 proposto da:
CREA già CRA (CONSIGLIO RICERCHE AGRICOLTURA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;
– ricorrente –
contro
D.C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.
PAULUCCI DE’ CALBOLI 9, presso lo studio dell’avvocato PIERO SANDULLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SAIRA DI EUGENIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1036/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/05/2018 r.g.n. 1526/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto;
udito l’Avvocato ISABELLA CORSINI;
udito l’Avvocato ANNA PATANIA per delega Avvocato PIERO SANDULLI.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza in data 20 marzo – 16 maggio 2018 numero 1036 la Corte d’ Appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede; per l’effetto dichiarava cessato alla data del 31 maggio 2012 il rapporto di lavoro subordinato a termine instaurato tra D.C.S. ed INCA (ISTITUTO NAZIONALE PER LE CONSERVE ALIMENTARI) per lo svolgimento delle funzioni di direttore generale, in quanto proseguito, dopo la soppressione dell’INCA disposta dal DL 78/2010, con l’ente subentrante, INRAN (ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA PER GLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE). Condannava il C.R.A. – CONSIGLIO PER LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE IN AGRICOLTURA – ex INRAN al pagamento in favore del D.C. del TFS maturato dall’1 giugno 2010 al 31 maggio 2012 (Euro 12.556,75) in aggiunta alle somme liquidate dal giudice del primo grado allo stesso titolo per il periodo fino al 31 maggio 2010 (Euro 17.221,86).
2. La Corte territoriale premetteva che il D.L. n. 78 del 2010, art. 7, comma 20, nel disporre la soppressione degli enti da esso individuati ed il subentro di nuovi enti, aveva previsto la prosecuzione soltanto dei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Osservava tuttavia che per l’INCA la medesima norma aveva demandato ad un decreto interministeriale la organizzazione del passaggio del personale all’ente subentrante.
3. In attuazione della previsione normativa D.I. 8 febbraio 2001, artt. 1 e 2, avevano dettato una disciplina speciale per la figura del direttore generale dell’ente soppresso, assegnandogli, con effetto modificativo del contratto di lavoro, funzioni di riorganizzazione delle attività dell’ex INCA in vista del trasferimento, alle quali si erano affiancate quelle ricoperte in qualità di commissario straordinario.
4. Al loro completamento, di fatto avvenuto in data 31 maggio 2012, era connessa la durata dell’incarico.
5. In ragione della prosecuzione del rapporto di lavoro subordinato era dovuto al D.C. il trattamento di fine rapporto maturato fino alla data del 31 maggio 2012.
6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza CREA già CRA, articolato in due motivi, cui ha opposto difese D.C.S. con controricorso.
7. Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente si osserva, in punto di legittimazione alla lite, che il CRA, nei cui confronti è stata emessa condanna quale successore del soppresso INRAN (D.L. n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135), a far data dal 29/12/2014 è stato trasformato in CREA, in forza della L. n. 190 del 2014.
2. Con il primo motivo CREA ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 7, comma 20, convertito in L. 30 luglio 2010, n. 122 e del D.I. 8 febbraio 2011, emanato ai sensi del suddetto art. 7, comma 20, in combinato disposto con gli artt. 1218 e 1256 c.c..
3. Ha censurato la interpretazione del quadro normativo posta a base della sentenza impugnata, assumendo che il D.C. era cessato dall’incarico di direttore generale dell’INCA il 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010) per la soppressione dell’ente e la decadenza dei suoi organi; il contratto di lavoro si era dunque risolto ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c..
4. In epoca successiva il D.C. aveva svolto attività di commissario straordinario, per quanto disposto dal D.I. 7 febbraio 2011, al fine di attuare il trasferimento delle funzioni dell’ente soppresso al nuovo ente.
5. Tale incarico commissariale non era di natura subordinata sicchè non determinava la maturazione del trattamento di fine rapporto; ai soli fini del trattamento economico il corrispettivo era stato regolato in conformità al contratto precedente.
6. Il motivo è infondato.
7. Il D.L. n. 78 del 2010, art. 7, comma 20, primo periodo, nel disporre la soppressione degli enti di cui all’allegato 2 della stessa legge (e tra essi l’INCA) e la assunzione a carico di altri enti dei loro compiti ed attribuzioni, ha previsto il passaggio ai nuovi enti del solo personale in servizio “a tempo indeterminato” laddove il D.C. era stato assunto dal soppresso INCA, con funzioni di direttore generale, con contratto a termine.
8. L’ultimo periodo del medesimo comma 20, aggiunto dalla legge di conversione, prevedeva tuttavia per specifici enti, tra i quali INCA, che “tempi e concrete modalità di trasferimento dei compiti e delle attribuzioni, nonchè del personale e delle risorse strumentali e finanziarie” fossero individuati con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da adottare nei sessanta giorni successivi alla entrata in vigore della medesima legge di conversione.
9. Il D.I. 8 febbraio 2011, emanato in attuazione della suddetta delega, ha disposto, con l’art. 1.
Il direttore generale del soppresso Istituto nazionale per le conserve alimentari cura, fino al 31 dicembre 2010, l’effettivo trasferimento dei compiti, delle attribuzioni, del personale, delle risorse strumentali e finanziarie del precitato Istituto, esercitando, a tal fine, i poteri di straordinaria amministrazione già in capo al Commissario dell’Istituto nazionale per le conserve alimentari, di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 marzo 2010, fermi i risparmi attesi dalla soppressione dell’ente, a decorrere dall’1 gennaio 2011.
10. Dalla lettera della previsione risulta che il D.C., direttore generale dell’ex INCA, non veniva nominato Commissario straordinario dell’INRAN, come sostenuto dalla parte qui ricorrente ma piuttosto assumeva, quale direttore generale dell’ex INCA, i poteri di amministrazione straordinaria già riservati presso l’ente soppresso alla figura commissariale al fine di curare, fino al 31.12.2010, il trasferimento ad INRAN di compiti, beni e risorse.
11. Oltre alle predette funzioni, l’art. 2 del medesimo decreto interministeriale attribuiva al direttore generale del soppresso INCA due ulteriori compiti:
– la predisposizione ed approvazione del bilancio di chiusura dell’INCA alla data del 31 maggio 2010, unitamente alla ricognizione del patrimonio mobiliare ed immobiliare ed ad ogni altro atto utile al trasferimento del personale e delle risorse (comma 1);
– la predisposizione del bilancio 2010 per il periodo successivo alla entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, nell’interesse di INRAN (comma 2).
12. Da ultimo la norma disponeva, al comma 3, che per la attività di gestione del soppresso INCA il Direttore generale si raccordasse con il Ministro dello Sviluppo economico nonchè con l’INRAN ed il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
13. Dalla previsione riportata risulta la attribuzione al D.C. successivamente alla soppressione dell’INCA delle attività di gestione dell’ente soppresso e di predisposizione del bilancio di chiusura e del bilancio 2010, onde assicurare il passaggio delle attività e delle funzioni ad INRAN nonchè la continuità con il bilancio dell’ente subentrante.
14. Tali attività erano attribuite al D.C. non nella qualità di commissario straordinario di INRAN ma come “direttore generale del soppresso Istituto nazionale per le conserve alimentari”, come già evidenziato sulla base della lettera delle disposizioni richiamate.
15. In sostanza il decreto interministeriale, in forza della delega di legge (D.L. n. 78 del 2010, art. 20, comma 7, ultimo periodo), nell’individuare le modalità di trasferimento ad INRAN dei compiti e delle attribuzioni dell’INCA ne ha demandato la attuazione alla figura del direttore generale: ha dunque disposto la prosecuzione del rapporto di lavoro del direttore generale sia pure con mutamento autoritativo dell’oggetto del contratto (le funzioni individuate nel medesimo decreto).
16. La titolarità del rapporto di lavoro è invece passata ad INRAN, ente subentrante al soppresso INCA.
17. La sentenza impugnata è pertanto immune dalle censure sollevate.
18. Con il secondo motivo l’ente ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 7, comma 20, convertito con L. n. 122 del 2010 e del D.I. 8 febbraio 2011, emanato ai sensi del suddetto art. 7, omma 20, in combinato disposto con gli artt. 1218 e 1256 c.c.. Violazione dell’art. 2120 c.c., in combinato disposto con le norme di disciplina del TFR e del TFS: D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, L. n. 335 del 1995, L. n. 448 del 1998, D.P.C.M. 20 dicembre 1999, D.P.C.M. 2 marzo 2001.
19. Ha censurato la sentenza per avere attribuito al D.C. una ulteriore somma (Euro 12.556,75) a titolo di TFS senza chiarire le modalità di calcolo e facendo riferimento ad un istituto, il TFS, non applicabile al rapporto di causa.
20. Ha dedotto che – anche a voler ritenere sussistente tra le parti di causa un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato nel periodo in discussione – giugno 2010/ maggio 2012 – non avrebbe trovato applicazione ratione temporis l’istituto del TFS ma il regime del TFR, diversamente disciplinato quanto a criteri di calcolo e sotto il profilo fiscale. Correttamente il giudice del primo grado aveva reso condanna al pagamento dell’importo maturato a titolo di TFR dall’assunzione al 31 maggio 2010, data di cessazione del direttore generale, importo non contestato.
21. Il TFR non era invece dovuto per l’attività commissariale, che trovava causa in un contratto di prestazione d’opera professionale.
22. Il motivo è inammissibile.
23. Nella parte in cui si contesta il carattere subordinato del rapporto di lavoro per il periodo successivo alla soppressione dell’INCA esso è sovrapponibile al primo motivo.
24. Nella parte in cui l’ente ricorrente censura la qualificazione del quantum liquidato come TFS la inammissibilità consegue al difetto di interesse alla impugnazione.
25. Si deduce genericamente che dalla qualificazione del trattamento come TFS deriverebbero conseguenze tanto sul suo ammontare che quanto alla sua tassazione.
26. Non si precisa, tuttavia, il diverso ammontare che sarebbe maturato secondo il regime del TFR; ciò in una fattispecie in cui la condanna è stata resa sulla base dei conteggi articolati dalla stessa parte qui ricorrente nei propri atti difensivi, che sono stati richiamati nel controricorso.
27. Pertanto l’ente non ha dimostrato la possibilità, per effetto della cassazione della sentenza, di una riduzione della condanna.
28. Neppure si deduce il pregiudizio derivante a carico del datore di lavoro dalla diversità del regime fiscale del TFR.
29. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.
30. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
31. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 3.500 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 2 gennaio 2020