Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.707 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1511/2018 proposto da:

AURORA DOMUS COOPERATIVA SOCIALE ONLUS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCELLO ZIVERI;

– ricorrente –

contro

L.G., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA F. RAPISARDA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO SCARICA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1124/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 31/10/2017 R.G.N. 567/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA CIRIELLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI;

udito l’avvocato GIUSEPPE MARIA RAPISARDA.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 1124/2017 depositata il 31/10/2017, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, per quanto qui rileva, ha accertato l’illegittimità del licenziamento disciplinare e della contestuale Delib. di esclusione di L.G., operatrice socio-sanitaria della cooperativa sociale Onlus Aurora Domus, disponendone la reintegra e la riammissione quale socia, e condannando la cooperativa al pagamento di una indennità risarcitoria ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18 comma 4, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione.

La Corte di merito, applicando la giurisprudenza di questa corte, ha ritenuto che dalla illegittimità della Delib. di esclusione della socia lavoratrice, fondata esclusivamente su ragioni disciplinari, derivasse l’applicazione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori.

2. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione, la cooperativa sociale Onlus Aurora Domus, affidato ad un unico motivo, esclusivamente con riguardo alla parte in cui ha condannato la cooperativa alla indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione; ha resistito con controricorso L.G. deducendo la inammissibilità dell’impugnazione per tardività e manifesta infondatezza, nel merito, della stessa.

Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con l’unico motivo di ricorso la cooperativa ricorrente ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, chiedendone l’annullamento parziale, per violazione e/o erronea applicazione della L. n. 142 del 2001, art. 2, art. 18 St. Lav., come modificato della L. n. 92 del 2012, art. 1 commi 42 e segg..

Avrebbe errato, infatti, nella prospettazione difensiva, il giudice territoriale allorchè, dopo aver ritenuto applicabile la tutela di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, in ragione della ritenuta illegittimità del licenziamento e della Delib. di esclusione fondata solo sulle ragioni disciplinari, ha applicato la tutela risarcitoria prevista dall’art. 18 cit., nel testo previgente alla L. n. 92 del 2012 e non in quello in vigore all’epoca del licenziamento, che stabiliva che la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto e che – se applicato – nel caso di specie avrebbe comportato la condanna al massimo a 12 mensilità invece che a 33 (quante erano quelle tra la data del licenziamento, del 8.12.2014 e la data in cui la lavoratrice ha esercitato l’opzione di cui all’art. 18, comma 4 dello Statuto, rinunciando alla reintegra in favore del pagamento dell’indennità sostitutiva).

3.- In via pregiudiziale di rito, va affermata la tempestività del ricorso, notificato entro il termine ordinario di 60 giorni dalla notificazione della sentenza di appello (avvenuta il 9 novembre 2017, mentre il ricorso per cassazione, come si evince dal timbro in calce allo stesso, risulta notificato a mezzo posta dall’avv. ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3, con consegna tempestiva all’agente postale del 28 dicembre 2017) conformemente al disposto della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 4.

3.1. il ricorso è fondato.

La giurisprudenza di questa corte ha da tempo chiarito che la L. n. 142 del 2001, recante disposizioni in tema di revisione della legislazione in materia cooperativistica, ha definitivamente ratificato la possibilità di rendere compatibili, anche nelle cooperative di lavoro, mutualità e scambio, ridimensionando la portata di una concezione puramente associativa del fenomeno cooperativo. Ciò in quanto il legislatore ha previsto testualmente che “il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali” (così l’art. 1, comma 3, come modificato dalla L. n. 30 del 2003, art. 9, che ha fornito al lavoro cooperativo una nuova configurazione giuridica, con l’introduzione, in favore dei soci, di un complesso di tutele minime ed inderogabili).

E’ allora evidente che il rinvio operato alla normativa dello statuto dei lavoratori (e, in parte qua, dell’art. 18 cit.) non può essere considerato un rinvio materiale, poichè in caso di modifica della normativa dello statuto dei lavoratori, rispetto a quella vigente all’epoca di entrata in vigore della norma di rinvio (l’art. 2 cit.), ciò introdurrebbe un ingiustificato elemento di disparità di trattamento tra tutti i lavoratori, assoggettati alla disciplina dell’art. 18 di volta in volta ratione temporis applicabile, ed i lavoratori di società cooperative, rispetto a quali si dovrebbe cristallizzare il testo dell’art. 18 vigente nell’anno 2001.

Tal interpretazione, irragionevolmente in contrasto con la ratio legis della normativa specifica, che ha inteso equiparare la posizione dei lavoratori soci di cooperative agli altri lavoratori, e che introdurrebbe un regime di tutela differenziato non previsto dalla norma (e favorevole, nel caso di specie, ai medesimi lavoratori soci di cooperativa), e non pare neppure sostenuta dalla corte territoriale che si è limitata ad applicare quella tutela senza soffermarsi sulla ragione di tale scelta.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, nella parte in cui condanna la cooperativa al pagamento di una indennità risarcitoria ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18 comma 4, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, affinchè altra sezione della Corte di Appello di Bologna, in applicazione del testo dell’art. 18, comma 3 dello Stat. Lav. vigente all’epoca dei fatti, individui la misura del risarcimento da riconoscere alla lavoratrice, tenendo conto che, in ogni caso, la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, conformemente al seguente principio di diritto: “In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, la L. n. 142 del 2001, art. 2, esclude l’applicazione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori nell’ipotesi ove, con il rapporto di lavoro, venga a cessare anche quello associativo, sicchè l’accertata illegittimità della Delib. di esclusione del socio, con conseguente ripristino del rapporto associativo, determina l’applicabilità della tutela di cui all’art. 18, nel testo vigente all’epoca del licenziamento”.

Il giudice del riesame dovrà altresì provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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