Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.715 del 15/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26203-2014 proposto da:

CROCE ROSSA ITALIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente principale –

B.L., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI, 13, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PALLINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO SCARPELLI;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 549/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/07/2014 R.G.N. 2750/2012.

RILEVATO

1. la Corte di appello di Milano, adita in via principale dalla Croce Rossa Italiana (anche Croce Rossa, di seguito) e in via incidentale dagli odierni controricorrenti, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Croce Rossa al pagamento in favore dei lavoratori, assunti sulla base di plurimi contratti a tempo determinato, delle somme richieste a titolo di compenso incentivante ex art. 32 del CCNL Enti Pubblici non Economici, negli importi domandati in via principale con il ricorso di primo grado e ha dichiarato la compensazione delle spese del giudizio di appello;

2. avverso questa sentenza la Croce Rossa Italiana ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo al quale hanno resistito B.L. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe i quali hanno proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.

CONSIDERATO

3. con l’unico motivo la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 in relazione alla direttiva 1999/70 CF, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, dell’art. 32 del CCNL del personale non dirigente del comparto enti pubblici non economici, quadriennio normativo 1998/2001, degli artt. 1 e 25 ccnl quadriennio normativo 2002/2005 e biennio economico 2002/2003, dell’art. 3 del CCNI del personale dipendente CRI 1998/2001, parte economica 2001 nonchè di ogni altra norma e principio connesso anche in relazione alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519 e del D.P.C.N.I. 6 maggio 2005, n. 97, artt. 2 e 3);

4. censura la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale riconosciuto il diritto dei lavoratori assunti a temine al compenso incentivante ed ha argomentato diffusamente sulla incompatibilità di tale emolumento con la posizione lavorativa dei lavoratori a tempo determinato;

5. i ricorrenti incidentali denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.(primo motivo) e omesso esame “circa il fatto decisivo della mera apparenza della sussistenza di giurisprudenza di merito di segno vario”; asseriscono (primo motivo) che alla motivazione adottata dal giudice di appello per giustificare la compensazione delle spese – “sussistenza di decisioni giurisprudenziali di vario segno” – non poteva riconoscersi valenza di esplicita indicazione di una ragione astrattamente idonea a legittimare la compiuta integrale compensazione delle spese legali e ciò innanzitutto perchè tale motivazione non era nemmeno suffragata dal richiamo di un qualche precedente giurisprudenziale di segno contrario alla soluzione adottata; aggiungono (secondo motivo) che, anche con riferimento al concreto panorama giurisprudenziale, la compensazione delle spese non risultava giustificata stante il numero assolutamente prevalente delle pronunce di merito favorevoli ai lavoratori;

6. il ricorso principale è infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte che, disattendendo in maniera puntuale profili di censura avanzati dall’ente ricorrente sovrapponibili a quelli oggi sviluppati, ha affermato che il compenso incentivante di cui all’art. 32 del c.c.n.l. Enti Pubblici non Economici 1999-2001, legato al raggiungimento di determinati e specifici obbiettivi, non è incompatibile con la natura determinata del rapporto di lavoro, sicchè la mancata corresponsione anche ai dipendenti a tempo determinato della Croce Rossa Italiana si pone in contrasto con la disciplina contrattuale di settore e, data l’assenza di ragioni oggettive che giustifichino il trattamento differenziato, con il divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato sancito dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6 in attuazione della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato oggetto della direttiva n. 99/70/CEE. (Cass. 2756/2017, 107460/2017, 4990/2017, 196/2016, 26007/2015, 25552/2015);

7. nelle richiamate pronunce è stato escluso che la sola teorica previsione di programmi ed obiettivi, in assenza di specifiche ed esplicitate ragioni, costituisca elemento idoneo a far ritenere l’inapplicabilità del compenso anche ai lavoratori con rapporto a termine e che dunque sia configurabile un’incompatibilità “ex se”;

8. in merito, poi, alla corretta ripartizione dell’onere probatorio è stato affermato che sull’ente datore ricade l’onere di allegazione e prova della sussistenza di elementi precisi e concreti tali da giustificare la disparità di trattamento tra lavoratori con rapporto a termine e quelli assunti a tempo indeterminato; il lavoratore è, invece, tenuto a provare quale fonte negoziale integrante fatto costitutivo del proprio diritto, la prestazione lavorativa a tempo determinato, l’inquadramento ricevuto e l’inadempimento all’obbligo di corresponsione del trattamento retributivo;

9. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che anche nel caso in esame la Croce Rossa non ha dimostrato l’obiettiva incompatibilità, smentita anzi dalle prospettazioni sviluppate difensive nel ricorso, del compenso incentivante rivendicato dai lavoratori con i compiti ad essi assegnati e, prima ancora, della corresponsione dell’emolumento accessorio nell’effettiva ricorrenza dei requisiti contrattuali prescritti;

10. la ricorrente, inoltre, non ha apportato argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;

11. i due motivi del ricorso incidentale, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;

12. le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SSUU n. 2572/2012; cfr. anche Cass. nn. 29625/2018, 11815/2018, 6569/2018, 16904/2016, 7126/2016, 6693/2016; Corte Costituzionale n. 772018) hanno affermato il principio secondo cui l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo risultante dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11, (applicabile “ratione temporis” alla fattispecie dedotta in giudizio), nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorchè concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche;

13. è stato precisato che anche la novità delle questioni affrontate integra la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio e, quindi, da valutare con riferimento al momento in cui la lite è stata introdotta o è stata posta in essere l’attività che ha dato origine alle spese, sempre che si tratti di questioni sulle quali si sia determinata effettivamente la soccombenza, ossia di questioni decise;

14. dei principi innanzi richiamati la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione nella regolazione delle spese del giudizio di appello perchè ha fatto riferimento al mancato consolidamento di orientamenti giurisprudenziali univoci (“oscillazioni giurisprudenziali”), ove si consideri che la questione giuridica oggetto della sentenza impugnata aveva inizialmente dato luogo a differenti orientamenti giurisprudenziali, in ordine ai questa Corte è successivamente intervenuta nell’esercizio della funzione nomofilattica;

15. non risulta violato, quanto a motivazione, il c.d. minimo costituzionale (Cass. SSUU 8053/2014) per il solo fatto che la Corte territoriale, nel rilevare la presenza di oscillazioni giurisprudenziali non ha indicato nessuna pronuncia appartenente all’uno o all’altro degli orientamenti interpretativi;

16. in via conclusiva devono essere rigettati il ricorso principale ed il ricorso incidentale;

17. le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza;

18. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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