Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.742 del 16/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28945-2018 R.G. proposto da:

BANCA DEL PICENO CREDITO COOPERATIVO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GAVINIANA 4, presso lo studio dell’avvocato FLAMINIA AGOSTINELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato FEDERICO VECCHIOLA;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANNALISA PIERMARTIRE;

– resistente –

contro

S. ESTER, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato PATRIZIA TOMASSINI;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 592/2018 del TRIBUNALE di FERMO, depositata il 13/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che chiede dichiararsi la competenza del Tribunale di Fermo.

FATTI DI CAUSA

1.- Nel corso del 2015, la Banca del Piceno credito cooperativo (come allora diversamente denominata) ha chiesto al Tribunale di Fermo di emettere decreto ingiuntivo nei confronti di S.E., per debiti derivanti sia da mutuo chirografario sia da scoperto di conto corrente, e nei confronti di S.A., quale fideiussore (omnibus e specifico) di tali debiti.

2.- Il Tribunale ha provveduto all’emissione del decreto in data 13 maggio 2015.

S.E. e S.A. hanno distintamente proposto opposizione a questo decreto. Il Tribunale di Fermo ha disposto la riunione dei relativi procedimenti.

3.- Entrambi gli opponenti hanno in via preliminare sollevato eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Fermo in favore di quello di Ascoli Piceno, fondandola su delle clausole di deroga del foro territoriale, contenute nei contratti (di mutuo; di fideiussione) che avevano rispettivamente stipulato con la Banca opposta.

Con sentenza depositata in data 13 agosto 2018, il Tribunale di Fermo ha dichiarato la propria incompetenza a emettere il decreto ingiuntivo opposto, declinandola in favore del Tribunale di Ascoli Piceno; per l’effetto, ha dichiarato la nullità del decreto medesimo.

4.- Il Tribunale marchigiano ha rilevato, in particolare, che il contratto di mutuo, intercorso tra la Banca e S.E., prevede in modo espresso che “per qualunque controversia derivante dal presente contratto è competente l’autorità giudiziaria nella cui giurisdizione si trova la sede legale della banca, salva l’ipotesi in cui il cliente rivesta la qualità di consumatore, nel qual caso il foro competente è quello di competenza del consumatore”.

A sua volta, il contratto di fideiussione, intervenuto con S.A., prevede – ha constatato ancora la pronuncia – che “per qualunque controversia con soggetti che non rivestano la qualifica del consumatore ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005 (codice del consumo) il foro competente è in via esclusiva quello nella cui giurisdizione si trova la sede della banca”.

5.- Svolgendo in via ulteriore la motivazione, il Tribunale ha osservato che, se la mutuataria S.E. è “titolare dell’omonima ditta individuale” e “agisce nell’ambito della sua attività professionale”, il fideiussore S.A. risulta invece possedere la veste della persona fisica consumatore. Peraltro ha aggiunto lo stesso -, “quando si tratta di fideiussione che accede a contratti bancari, la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini dell’individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore”. E ha ritenuto che, di conseguenza, “in questo caso specifico” resta “esclusa l’applicabilità della tutela del consumatore”.

6.- Ritenuta in tal modo l’applicazione delle clausole contrattuali predisposte dalla Banca nella parte in cui queste regolano il rapporto con clienti non consumatori, il Tribunale ha constatato che la sede della Banca, come richiamata da tali clausole, si trova in *****, tale luogo rientrando nel distretto del Tribunale di Ascoli Piceno.

7.- Avverso questa pronuncia la Banca del Piceno ricorre per cassazione, proponendo, ai sensi dell’art. 47 c.p.c., apposita istanza per regolamento di competenza S.E. e S.A. resistono, depositando distinte memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8.- La Banca ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 28 c.p.c. (anche in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.)”.

Essa assume, in particolare, che “nel caso de quo i coobbligati rivestono ineludibilmente la qualifica di consumatori, con la conseguenza che il creditore non poteva esimersi dall’incardinare la procedura monitoria dinnanzi al Tribunale di Fermo, ossia quello di residenza dei condebitori”.

In ogni caso – aggiunge il motivo – l'”eccezione di incompetenza territoriale sollevata dagli opponenti è priva di pregio, giacchè dalla lettera e dalla tipologia della clausola apposta ai contratti intercorsi tra le parti… non emerge, meno che mai in modo inequivoco, la volontà delle parti di considerare come foro esclusivo” quello dato dalla sede della banca.

9.- La memoria presentata da S.E. rileva, di contro, che nella clausola n. 10 del contratto di fideiussione “si legge in maniera chiara e inequivocabile” che la clausola di deroga alla competenza territoriale (per il caso di soggetti diversi dal “consumatore”) elegge in via esclusiva il foro costituito dalla sede della banca.

La memoria precisa, altresì, che la detta signora ha contratto il mutuo, di cui si discute, nella sua specifica qualità di imprenditrice, come pure riconosciuto, durante lo svolgimento del rapporto, dalla stessa Banca (che ha mandato lettere raccomandate per l’appunto indirizzate al “punto vendita “Cartolibreria S.E.””).

Quanto poi alla posizione del fideiussore S.A., di cui non viene messo in dubbio trattarsi di per sè di consumatore, la memoria richiama la giurisprudenza anche recente di questa Corte, secondo la quale “la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini dell’individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore”.

10. La memoria depositata da S.A. – dopo avere ribadito gli assunti contenuti nella memoria formata dall’altro resistente e appena sopra riportati – osserva, in addizione, che i contenuti dell’istanza sviluppata dalla Banca appaiono “funzionali a chiedere una nuova valutazione di fatto” e che, tuttavia, una simile valutazione è preclusa all’esame di questa Corte.

Aggiunge inoltre che la norma dell’art. 1370 c.c. esclude che “di una specifica interpretazione della clausola contrattuale possa giovarsi il predisponente il modulo o formulario offerto in sottoscrizione al cliente dell’istituto bancario”.

11.- Riferite le argomentazioni formulate dalle contrapposte difese, per meglio impostare la disamina della fattispecie concreta appare opportuno richiamare espressamente l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, per cui l'”istanza di regolamento di competenza ha la funzione di investire la S.C. del potere di individuare definitivamente il giudice competente, onde evitare che la designazione di quest’ultimo sia ulteriormente posta in discussione nell’ambito della stessa controversia, e le consente, pertanto, di estendere i propri poteri di indagine e di valutazione, anche in fatto, a ogni elemento utile acquisito sino a quel momento al processo, senza incontrare limiti nel contenuto della sentenza impugnata e nelle difese delle parti, nonchè di esaminare le questioni di fatto non contestate nel giudizio di merito e che non abbiano costituito oggetto del ricorso per regolamento di competenza” (Cass., 24 ottobre 2016, n. 21422; Cass., 27 novembre 2014, n. 25232; Cass., 7 febbraio 2006, n. 2591).

12.- Le clausole regolatrici della competenza territoriale predisposte dalla Banca nel contrato di mutuo e nel contratto di fideiussione risultano – secondo quanto denunciato dai rispettivi testi (cfr. sopra, nel n. 4) – di tenore e portata diversi, di là dalla comune loro dichiarazione di non riguardare le fattispecie in cui cliente sia un consumatore. In quella rappresentata nel contratto di fideiussione compare, infatti, la previsione – espressa e netta – che il rinvio al luogo, ove ha sede la banca, va inteso in termini di foro eletto “in via esclusiva”, laddove invece in quella di cui al mutuo simile pattuizione non risulta ripetuta, nè richiamata.

Ora, l’orientamento di questa Corte è del tutto consolidato, e da tempi lontani, nel senso di ritenere che “il foro convenzionale può ritenersi foro esclusivo per tutte le controversie nascenti da un determinato contratto solo quando vi sia una dichiarazione espressa ed univoca da cui risulti, in modo chiaro e preciso, la concorde volontà delle parti, non solo di derogare all’ordinaria competenza territoriale, ma altresì di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa” (cfr. Cass., 25 novembre 1994, n. 10016).

Ne deriva che la clausola contenuta nel contratto di fideiussione va considerata come patto di foro esclusivo; diversamente, quella di cui al mutuo è da intendere come semplicemente indicativa di un foro facoltativo.

13.- Proseguendo nella ricognizione dei dati di base, va adesso rilevato che, con rifermento alle specifiche operazioni fatte oggetto di ricorso per decreto ingiuntivo da parte della Banca, può ritenersi sicuro che S.A. sia intervenuto per fini estranei a ogni eventuale sua attività professionale, la garanzia prestata trovando la sua giustificazione concreta nel non contestato rapporto di coniugio che lo lega a S.E.. Sul punto concordano le stesse dichiarazioni delle parti.

Discussa tra le parti è invece la posizione della mutuataria S.E., che l’istanza della Banca intende senz’altro ascrivere alla categoria dei consumatori. Decisiva in contrario si manifesta, però, la constatazione che, durante lo svolgimento rapporto, lo stesso istituto abbia ritenuto il mutuo funzionale alla cartolibreria per l’appunto gestita dalla detta signora (cfr. sopra, nei numeri 9 e 10).

14.- In relazione alla clausola di foro esclusivo di cui al contratto di fideiussione, si è sopra osservato (n. 12, primo capoverso) che questa dichiara in modo espresso di trovare il proprio limite di applicazione ed estensione nel caso in cui il cliente rivesta i panni del consumatore. Con riferimento a quest’ultima ipotesi, risulta pertanto, di diretta e immediata applicazione la normativa di legge, secondo cui foro competente è senz’alternative quello di “residenza o domicilio elettivo del consumatore” (art. 33 cod. cons., comma 2, lett. u)).

Al riguardo, appare ancora opportuno puntualizzare, pur se in limine, che non sono stati addotte dalle parti, nè si scorgono oggettivamente, ragioni per ritenere che la clausola abbia accolto una nozione di consumatore diversa da quella fatta propria dalla legge. D’altronde, la nozione di consumatore non risulta in alcun modo disponibile da parte dell’autonomia dei privati.

Non contestato è, poi, che il fideiussore S.A. risieda in luogo ricadente nell’ambito della competenza territoriale del Tribunale di Fermo.

15.- Segue al complesso delle osservazioni sin qui effettuate che la questione centrale, che occorre risolvere rispetto alla fattispecie concretamente in esame, concerne l’interrogativo se la persona fisica – che, pur fuori dall’ambito di sue (eventuali) attività professionale, presti fideiussionè a garanzia di un debito di un soggetto che non è consumatore – rimanga tale o debba per contro essere considerato come soggetto diverso dal consumatore (c.d. professionista di “riflesso” o di “rimbalzo”), secondo quanto è stato appunto ritenuto dalla pronuncia del Tribunale di Fermo.

16.- E’ tradizionale, per quanto non incontrastato, orientamento di questa Corte quello di ritenere che la persona fisica, che presta fideiussione per la garanzia di un debito ricadente su di un soggetto “professionale”, non assume lo status di consumatore.

In questa direzione si sono espresse, in particolare, le pronunce di Cass., 11 gennaio 2001, n. 314; Cass., 13 maggio 2005, n. 10107; Cass., 13 giugno 2006, n. 13643; Cass., 29 novembre 2011, n. 25212; Cass., 9 agosto 2016, n. 16827; Cass., 5 dicembre 2016, n. 24846.

17.- Nel contesto di questo orientamento, particolare rilievo riveste la sentenza n. 25212/2011, che ne ha offerto la più elaborata ed ampia argomentazione.

Segnalato che in senso conforme “si è pronunciata anche la Corte di Giustizia delle Comunità Europea con la sentenza del 18 marzo 1998” (causa c-45/96), per la quale “la disciplina di tutela è applicabile solo quando il contratto principale si configuri come atto di consumo”, tale decisione ha fatto forte leva, in proposito, sul carattere di accessorietà che connota l’obbligazione fideiussoria.

“La garanzia personale, che viene prestata, è subordinata al debito principale cui accede”: “l’oggetto della obbligazione fideiussoria si determina “per relationem” sulla base del contenuto dell’obbligazione principale”. “Il legislatore, nel disciplinare le caratteristiche di tale fattispecie, agli artt. 1939,1941 e 1945 c.c., ha reso evidenti i tratti del fenomeno negoziale intercorrente tra il debito principale e l’obbligazione fideiussoria, collegamento qualificabile come necessario, unilaterale e funzionale”: i distinti negozi sono “obiettivamente unificati da un nesso di interdipendenza che, per volontà del legislatore stesso, è tale da determinare che ogni vicenda del contratto principale si comunica al contratto subordinato e non viceversa”.

“Indefettibile corollario” di questa impostazione – si è quindi concluso – è che non si può “non porre lo stesso rapporto principale come punto di riferimento per l’indagine circa l’applicazione o meno della normativa speciale disciplinata dal codice del consumo”.

18.- In linea di dissonanza con questo orientamento si è pronunciata l’ordinanza di Cass., 12 gennaio 2005, n. 449 che, come la presente, riguarda un caso di un regolamento di competenza relativo al foro territoriale; e che, a riguardo al tema dello status da riconoscere al fideiussore, ha escluso che possa essere dato rilievo alla “natura societaria” del debitore principale ai fini dell’eventuale applicazione della normativa di protezione consumeristica.

Assai più vicina nel tempo è l’altra pronuncia che si è posta in termini dissonanti rispetto all’indicato orientamento tradizionale. Rileva dunque Cass., 31 dicembre 2018, n. 32225 che la tesi per cui l’accessorietà della fideiussione implica rinvio al rapporto principale, per la valutazione dell’eventuale status di consumatore del garante, è stata recisamente smentita dalla più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia.

19.- Ribaltando la prospettiva adottata dalla sentenza del marzo 1998 (sopra, nel n. 17), la Corte di Giustizia, con le pronunce 19 novembre 2015 (causa c – 74/15) e 14 settembre 2016 (causa c – 534/15) ha infatti ritenuto (con diretto riferimento ai fattispecie relative a garanzie sia fideiussorie, che immobiliari costituite da terzi) che le “regole uniformi concernenti le clausole abusive devono applicarsi a “qualsiasi contratto” stipulato tra un professionista e un consumatore”; che l'”oggetto del contratto è quindi irrilevante”; che “è dunque con riferimento alla qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno nell’ambito della loro attività professionale, che la Dir. n. 93/13 definisce i contratti ai quali essa si applica”; che “tale criterio corrisponde all’idea che sulla quale si basa il sistema di tutela istituito da tale direttiva, ossia che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità”; che “questa tutela è particolarmente importante nel caso di contratto di garanzia o di fideiussione stipulato tra un istituto bancario e un consumatore”; che il “contratto di garanzia o di fideiussione, sebbene possa essere descritto… come un contratto accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce”, “dal punto di vista delle parti contraenti esso si presenta come un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diverso dalle parti del contratto principale”.

20.- Il Collegio ritiene di dovere abbandonare l’orientamento tradizionalmente seguito da questa Corte in punto di criteri selettivi dell’eventuale ascrizione del fideiussore alla categoria normativa di consumatore.

Non può di certo essere ignorato, invero, il forte rilievo che, per la ricostruzione del diritto interno, vengono a rivestire gli interventi della Corte di Giustizia Europea (in proposito cfr., tra le altre, Cass., 3 marzo 2017, n. 5381; Cass., 8 febbraio 2016, n. 2468).

D’altra parte, quello dell’accessorietà fideiussoria si manifesta tratto oggettivamente estraneo alla normativa di protezione del consumatore. Connotante la struttura disciplinare dell’impegno e dell’obbligazione assunti dal fideiussore, l’accessorietà non può non rimanere confinata entro tale ristretto ambito; di certo, non può venire proiettata fuori da esso, per spingerla sino a incidere sulla qualificazione dell’attività – professionale o meno – di uno dei contraenti; tanto meno, l’accessorietà potrebbe far diventare un soggetto (il fideiussore o, più in generale, il terzo garante) il replicante, ovvero il duplicato, di un altro soggetto (il debitore principale).

Non è un caso, del resto, che gran parte della letteratura ha censurato aspramente la costruzione del fideiussore quale professionista di riflesso, pure evidenziando gli esiti paradossali a cui la stessa conduce in modo diretto, quale quello di dovere ritenere consumatore la banca, che presta fideiussione per il debito contratto da una persona fisica che non svolga alcun tipo di attività professionale.

21.- Così esclusa la rilevanza dell’attività svolta dal debitore principale per la qualificazione della posizione (di consumatore o meno) del fideiussore, va adesso segnalato che le citate decisioni della Corte di Giustizia indicano – quale criterio per la positiva identificazione di un fideiussore nell’ambito della categoria del consumatore – la “valutazione se il rapporto contrattuale” di cui alla fideiussione nel concreto rientri, oppure no, “nell’ambito di attività estranee” all’esercizio della eventuale professione specificamente svolta dal soggetto che ha prestato la garanzia.

Come si vede, si tratta del criterio generale, comune per l’identificazione di una contraente persona fisica nell’alveo protettivo di consumatore (cfr. la norma dell’art. 3 cod. consumo, comma 1, lett. a). Non si vede, d’altro canto, quale ragione oggettiva potrebbe mai giustificare un’identificazione del fideiussore (del terzo garante, in genere) in tale figura (di consumatore, appunto) sulla base di criteri diversi da quelli generali e comuni.

Di conseguenza, alla stregua dell’interpretazione che, nell’attuale, questa Corte dà della nozione generale di consumatore (cfr., da ultimo, Cass., 26 marzo 2019, n. 8419), tale dev’essere considerato il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, nè strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in senso proprio).

22.- Consegue all’insieme delle osservazioni svolte che – in relazione alla posizione del fideiussore e consumatore S.A. – va ritenuta la competenza del Tribunale di Fermo.

23.- Quanto poi alla posizione della mutuataria S.E., soggetto – si è visto (nel n. 13) – non ascrivibile alla categoria del consumatore, pure va rilevata la competenza del Tribunale di Fermo.

Come si è visto sopra (n. 12), la clausola sulla competenza territoriale contenuta nel contratto di mutuo si limita a prevedere una disposizione di foro facoltativo. D’altro canto, non è contestato che anche la mutuataria S.E. risieda in luogo ricadente nell’ambito della competenza territoriale del Tribunale di Fermo, sì che tale indicazione viene a rispondere alla prescrizione di cui all’art. 18 c.p.c.

24.- In conclusione, va accolto il ricorso e così dichiarata la competenza del Tribunale di Fermo, davanti al quale rimette la causa ai sensi dell’art. 49 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Dichiara la competenza del Tribunale di Fermo, davanti al quale rimette la controversia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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