Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.757 del 16/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGLIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17535-2018 proposto da:

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONCA D’ORO 348, presso lo studio dell’avvocato MARIA LAURA DI MUZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA SPAGNOL;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VERONA, depositata il 30/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.

FATTI DI CAUSA

1. L’Avv. S.N. ricorre per cassazione, affidandosi ad un motivo, avverso il decreto del Tribunale di Verona del 30 aprile 2018, n. 1984, reiettivo dell’opposizione, L. Fall., ex art. 98, dal primo proposta avverso la mancata ammissione al passivo del fallimento ***** s.r.l. in liquidazione, con il privilegio di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2, anche dell’importo di 9.800,00 (ricompreso, invece, in quello di Euro 14.569,00 complessivamente ammesso in chirografo), a titolo di compenso per l’attività professionale dal medesimo svolta in favore della predetta società in bonis nel procedimento n. 9242/2011 r.g. innanzi al Tribunale di Verona e concernente un’opposizione al decreto ingiuntivo n. 3364/2011, reso, in favore della medesima società, provvisoriamente esecutivo. Il fallimento ***** s.r.l. è rimasto solo intimato.

1.1. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale, richiamati i principi di legittimità in tema di decorrenza del biennio di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2, e le modalità di loro applicazione in presenza come nella specie – di una pluralità di incarichi conferiti ad uno stesso professionista, disattese la pretesa dell’opponente considerando che il compenso per la sua opera concernente il menzionato procedimento n. 9242/2011 r.g. non era maturato nel biennio predetto, anche ove si fosse voluto ritenerlo collegato con il processo esecutivo instaurato per ottenere l’esecuzione dell’indicato decreto ingiuntivo, “posto che tale collegamento non esclude l’autonomia dei due incarichi ai fini dell’accertamento della maturazione del diritto al compenso (come confermato anche dal fatto che lo stesso opponente, nell’istanza di ammissione al passivo, ha distinto le tre attività, esponendo tre compensi differenti) “.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il formulato motivo è rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., n. 2, in relazione all’art. 360 c.c., comma 1, n. 3”. In esso si rappresenta che: i) la ***** s.r.l. – poi fallita aveva conferito all’odierno ricorrente l’incarico di recuperare un proprio consistente credito nei confronti del debitore F.F.; il decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, n. 3364/11, a tal fine ottenuto dall’Avv. S. dal Tribunale di Verona, era stato opposto dal debitore, che, tuttavia, all’esito del relativo giudizio ex art. 645 c.p.c., era rimasto soccombente giusta la sentenza del medesimo tribunale n. 1464/2013; iii) a seguito del rigetto dell’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà del titolo, ed in assenza di un adempimento spontaneo da parte del debitore, il citato professionista non aveva fatto altro che proseguire – in adempimento del mandato ricevuto – l’attività di recupero del credito con la notifica dell’atto di pignoramento immobiliare: si era instaurata, così, la procedura esecutiva n.r.e. 905/2011, conclusasi il 9.7.2015, con l’ordinanza di assegnazione delle somme; iv) la procedura esecutiva immobiliare, peraltro, si era svolta parallelamente alla causa di merito, come era agevolmente desumibile anche dai rispettivi numeri di ruolo (n.r.e. 905/11 e n.r.g. 9242/11); v) non vi era dubbio, quindi, che le attività sopra descritte dovessero considerarsi un unicum, tutte riconducibili al mandato ricevuto ed avente ad oggetto il recupero di quel credito: dal deposito del ricorso per decreto ingiuntivo all’ordinanza di assegnazione del 9.7.2015, data alla quale, pertanto, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale (che, erroneamente, aveva affermato che il primo incarico si era concluso con pronuncia della sentenza n. 1464/2013), doveva farsi riferimento ai fini della decorrenza del biennio di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2; vi) ad escludere l’unitarietà dell’incarico, infine, non bastava certo che, come ritenuto dal giudice a quo, “… lo stesso opponente, nell’istanza di ammissione al passivo, ha distinto le tre attività, esponendo… compensi differenti”.

2. Giova premettere che l’art. 2751-bis c.c., n. 2, attribuisce privilegio generale sui mobili ai crediti riguardanti “le retribuzioni dei professionisti ed ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione”.

2.1. Questa Corte, poi, ha già ritenuto, da un lato, che il privilegio di cui si discute decorre non dal momento della dichiarazione di fallimento del debitore, bensì da quello in cui l’incarico professionale è stato portato a termine o è comunque cessato, allorchè il credito dell’onorario è divenuto liquido ed esigibile, e che, atteso il carattere unitario dell’esecuzione dell’incarico e dei relativi onorari, il privilegio copre anche il corrispettivo dell’attività svolta prima del biennio anteriore alla cessazione (cfr. Cass. 20755 del 2015); dall’altro, che, in caso di plurimi incarichi, il limite temporale degli “ultimi due anni di prestazione” va riferito all’intero rapporto professionale, restando fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto: “in altri termini, “gli ultimi due anni di prestazione” di cui parla la norma in esame sono gli ultimi in cui si è svolto (non già l’unico o ciascuno dei plurimi rapporti corrispondenti ai plurimi incarichi bensì) il complessivo rapporto professionale, sicchè restano fuori dalla previsione del privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto” (cfr. Cass. 1740 del 2014). Entrambi i riportati principi sono stati ribaditi dalle più recenti Cass. n. 18685 del 2017 e Cass. n. 12814 del 2019; il secondo di essi anche da Cass. n. 15828 del 2019.

2.1.1. Peraltro, già Cass. n. 569 del 1999 (in parte qua richiamata dalla successiva Cass. n. 1740 del 2014) ebbe a spiegare che il limite biennale risponde “anche all’esigenza di contemperare l’interesse del creditore privilegiato con quello degli altri creditori e, in particolare, all’esigenza di evitare che il creditore privilegiato, forte del suo diritto di prelazione, possa, ritenendosi sufficientemente garantito, continuare a maturare crediti nei confronti del debitore, erodendo così, con una prelazione non oggetto di pubblicità, la garanzia patrimoniale generica degli altri creditori”.

2.2. Alla stregua dei suesposti principi, qui integralmente condivisi, nell’odierna vicenda emerge agevolmente che l’incarico professionale conferito dalla ***** s.r.l. in bonis all’Avv. S.N., afferente il recupero del credito della prima nei confronti del debitore F.F., doveva considerarsi ultimato, agli effetti del computo del biennio di cui all’art. 2751-bis c.c., n. 2, non già con la pronuncia, ad opera del Tribunale di Verona, della sentenza n. 1464/2013, conclusiva del procedimento n. 9242/2011 e reiettiva dell’opposizione al decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, n. 3364/11, ottenuto dal citato professionista, in adempimento dell’incarico predetto, dal medesimo tribunale, bensì solo alla successiva data del 9.7.2015, allorquando, cioè, venne resa l’ordinanza di assegnazione di somme conclusiva del procedimento esecutivo n. 905/2011 che lo stesso professionista, respinta l’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà dell’ingiunzione citata, ed in assenza di un adempimento spontaneo da parte del debitore, aveva intrapreso così indubbiamente agendo nell’ambito di quello stesso incarico affatto parallelamente alla causa di merito, come era agevolmente desumibile anche dai numeri di ruolo delle due procedure (di cognizione, la n.r.g. 9242/2011 e n.r.e. 905/2011).

3. Il ricorso va, pertanto, accolto, ed il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio al Tribunale di Verona, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Verona, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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