Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.76 del 07/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16422-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, NICOLA VALENTE, MANUELA MASSA;

– ricorrente –

contro

D.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 337/2018 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 21/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

CHE:

Il tribunale di Torino, con sentenza n. 337/2018 resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., per quel che in questa sede rileva, aveva dichiarato che D.L. era in possesso dei requisiti sanitari utili per la concessione dell’indennità di accompagnamento con decorrenza dalla domanda amministrativa. Il Tribunale a seguito della eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Inps per carenza della domanda amministrativa relativa alla prestazione in oggetto, rilevava che la domanda in questione era stata redatta su un modulo che non conteneva alcuna indicazione sulla indennità di accompagnamento e che pertanto non poteva essere preso in considerazione quale accertamento negativo resa a riguardo dal medico curante. Il tribunale aveva quindi provveduto ad espletare l’accertamento medico legale che aveva riconosciuto la sussistenza delle condizioni medico legali utili all’indennità di accompagnamento.

Avverso detta decisione l’Inps aveva proposto ricorso affidato a un motivo anche coltivato da successiva memoria.

La D. rimaneva intimata.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

1) Con il primo motivo l’Inps denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 7, dell’art. 443 c.p.c.; dell’art. 2697 c.c., del D.M. 19 novembre 1990, art. 1 e 2, in relazione alla L. n. 18 del 1980, del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, comma 3 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.).

L’Istituto ha riferito che nel caso di specie i fatti di causa erano pacifici avendo il Tribunale rilevato la mancata attestazione nel certificato medico, allegato all’istanza amministrativa, della sussistenza delle condizioni per l’indennità in questione; da ciò derivava, a suo dire, la carenza della domanda amministrativa e la improponibilità di quella giudiziaria.

Secondo l’Istituto tale situazione, caratterizzata dal fatto che il medico non aveva “spuntato” nel certificato, allegato alla domanda, la casella riguardante la condizione di non essere in grado di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita, rendeva improcedibile il ricorso non essendo stata individuata la prestazione richiesta.

Questa Corte, recentemente (Cass. n. 14412/2019) ha affrontato fattispecie analoga alla presente rilevando che “In tema di prestazioni previdenziali ed assistenziali, al fine di integrare il requisito della previa presentazione della domanda non è necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall’INPS o l’uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta affinchè la procedura anche amministrativa si svolga regolarmente. Ne consegue che non costituisce requisito imprescindibile della domanda amministrativa barrare la casella che, nel modulo, individua le condizioni sanitarie la cui sussistenza è necessaria per il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, non potendo l’istituto previdenziale introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost.”

Rispetto a tale orientamento, assolutamente coerente con la fattispecie in esame, le argomentazioni attualmente utilizzate dall’Inps non riescono a scalfire la decisione già in precedenza assunta. La sentenza infatti rileva che ” il disposto del D.L. 01 luglio 2009, n. 78, conv. con modif. dalla L. n. 102 del 2009, che ha modificato il sistema precedente di cui al D.P.R. 21 settembre 1994, n. 698, emanato in attuazione della L. n. 537 del 1993, disciplinante il procedimento per l’accertamento sanitario dell’invalidità, stabilisce all’art. 20,comma 3, che “a decorrere dal gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all’INPS, secondo modalità stabilite dall’ente medesimo. L’Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle Aziende Sanitarie Locali”. La norma, dunque, nel richiedere che sia allegata la certificazione medica con indicazioni delle infermità, nulla aggiunge con riferimento all’indennità di accompagnamento, ma il modello predisposto dall’Inps reca la dicitura persona impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore”, oppure ” persona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”, prevedendo che sia barrata l’ipotesi ritenuta sussistente ma, la spuntatura di una di dette ipotesi, non sembra affatto costituire requisito imprescindibile della domanda amministrativa in base alla norma suddetta”. Il ragionamento seguito da questa Corte evidenzia la discrasia esistente tra disposizione legislativa dispositiva di una generale necessità di attestazione della infermità invalidanti nella domanda amministrativa proposta e la specifica richiesta dell’Inps di “barrare”, nel modulo predisposto, l’indennità di accompagnamento ovvero le condizioni che ne impongano il riconoscimento. La estraneità di siffatta ultima circostanza al dettato normativo deve far quindi escludere che ” l’istituto previdenziale (possa) introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost.” (Cass. n. 14412/2019).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Nulla per le spese.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2020

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