Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.762 del 16/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGLIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29890-2018 proposto da:

I.D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO GOTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER Il RICONOSCIMENTO DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ***** SEZIONE *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1315/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.

FATTI DI CAUSA

1. I.D.P. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, avverso la sentenza n. 1315/2018, emessa dalla Corte d’appello di Bologna, depositata il 17 maggio 2018, che ha confermato la decisione di prime cure con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale o di riconoscimento di quella umanitaria da lui proposta. Il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato.

1.1. Per quanto qui ancora di interesse, la corte distrettuale, come già il tribunale, ha ritenuto totalmente inattendibili le dichiarazioni del richiedente la protezione, da tanto facendo discendere anche la impossibilità di riconoscere la invocata protezione umanitaria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi di ricorso prospettano, rispettivamente:

“Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in ***** e dell’omessa attività istruttoria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, criticandosi la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni dell’odierno ricorrente;

II) “Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’omessa motivazione per quanto riguarda il riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, ascrivendosi alla corte distrettuale di aver omesso di pronunciarsi in ordine alla domanda riguardante il riconoscimento dell’appellante ad ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. Il primo motivo è inammissibile.

2.1. Giova, invero, premettere che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (cfr. Cass. n. 19197 del 2015; Cass., 28/06/2018, n. 17069 del 2018; Cass. n. 4983 del 2019, in motivazione). Tale onere di allegazione e di specificazione, peraltro, è vieppiù pregnante nel giudizio di legittimità, stante il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che osta alla proposizione di ricorsi del tutto generici (cfr. Cass. n. 11603 del 2018; Cass. n. 4983 del 2019, in motivazione);

2.1.1. Nel caso di specie, in punto allegazione dei fatti a fondamento della domanda di protezione sussidiaria, esclusa dalla corte d’appello per la ivi ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente, il ricorso si presenta, per contro, del tutto carente, essendosi l’istante limitato a dedurre che le giustificazioni fornite dalla corte distrettuale a fondamento della non credibilità dell’odierno ricorrente non inficiano “le legittime istanze di protezione e/o richiesta di asilo politico oppure di protezione sussidiaria avanzate dal ricorrente poichè nella narrazione dedotta dal ricorrente avanti la Commissione Territoriale di *****, e reiterata in sede di audizione avanti il tribunale di Bologna risultano sussistere tutti i presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per vedersi riconoscere la protezione sussidiaria” (cfr. pag. 4-5 del ricorso).

2.1.2. A tanto va soltanto aggiunto che questa Corte ha recentemente chiarito, da un lato, che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. Cass. n. 3340 del 2019); dall’altro che, in tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, il principio secondo il quale, una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori, non riguarda soltanto le domande formulate ai sensi del predetto decreto, art. 14, lett. a) e b), ma anche quelle formulate ai sensi dell’art. 14, lett. c), poichè la valutazione di coerenza, plausibilità e generale attendibilità della narrazione riguarda “tutti gli aspetti significativi della domanda” (art. 3, comma 1), e si riferisce a tutti i profili di gravità del danno dai quali dipende il riconoscimento della protezione sussidiaria Cass. n. 4892 del 2019; nonchè, in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 33096 del 2018; Cass. n. 15794 del 2019; Cass. n. 18229 del 2019; Cass. n. 18446 del 2019).

3. Il secondo motivo è infondato.

3.1. In proposito, infatti, è sufficiente ribadire che, alla stregua della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 16925 del 2018; Cass. 27438 del 2016), l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente, affermata dai giudici di merito, costituisce motivo sufficiente per negare anche la protezione di cui trattasi, altresì rimarcandosi che questa Corte ha recentemente ribadito (cfr. Cass. n. 780 del 2019) che tra i motivi per i quali è possibile accordare la protezione umanitaria non rientrano, di per sè, l’integrazione sociale e lavorativa in Italia (cfr. Cass. n. 25075 del 2017). In tale prospettiva, è stato ulteriormente chiarito che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

3.1.1. Nella specie, la ritenuta inattendibilità del richiedente la protezione rende impossibile una siffatta, complessiva ponderazione.

4. Il ricorso va, dunque, respinto, senza necessità di pronunce sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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