LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11106-2018 proposto da:
L.P., R.F., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati GIOVANNI PAOLO CASTELLANETA, FABRIZIO LOFOCO;
– ricorrenti –
contro
G.V., CURATELA DEL FALLIMENTO ***** SRL S.E.;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositato il 13/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA TRICOMI.
RITENUTO
che:
Il Tribunale di Bari, in sede di opposizione allo stato passivo delle rivendiche del Fallimento ***** SRL, con il decreto in epigrafe indicato ha rigettato l’opposizione ex art. 98 L. Fall. proposta da L.P. e R.F. – dichiaratisi come ammessi allo stato passivo del fallimento – avverso il decreto del G.D. in data 12/4/2016, con cui era stata accolta la domanda di rivendica avanzata da G.V. con riferimento a beni strumentali (macchinari ed attrezzature per produzione casearia) rinvenuti nell’opificio in cui operava la ***** SRL, ma ritenuti dal giudice lì presenti ed inventariati perchè concessi dal rivendicante in comodato alla società CF Distribuzione, che svolgeva la propria attività all’interno del medesimo opificio.
Il Tribunale ha respinto l’opposizione perchè gli opponenti non avevano accompagnato l’opposizione con alcuna produzione documentale, di guisa che non era stato possibile nè verificare la effettiva legittimazione degli opponenti, nè conoscere il provvedimento del G.D. impugnato.
L. e R. ricorrono per cassazione con quattro mezzi.
La Curatela, G.V. e l’avv. Eugenio Scagliusi, già curatore del fallimento ***** SRL, sono rimasti intimati.
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame istruttorio della prova della loro legittimazione attiva. Sostengo a tal fine di avere prodotto in data 9/2/2018 il decreto n. 4048/17 del 6/11/2017 – reso nel giudizio RG n. 7409/16 ed avente ad oggetto l’impugnativa del decreto di chiusura del fallimento dal quale si desumeva la loro qualità di creditori insinuati al passivo fallimentare.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 112,113 e 115 c.p.c. e sostengono che il Tribunale non avrebbe potuto pronunciare d’ufficio il difetto di legittimazione attiva degli opponenti, senza che fosse stata sollevata eccezione dalle controparti.
3. Con il terzo motivo si dolgono della mancata applicazione del principio di non contestazione al procedimento fallimentare, sempre sul tema della pronuncia di difetto di legittimazione attiva.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, in merito alla liquidazione delle spese poste a loro carico con la condanna, sostenendo che non sarebbe stato indicato il parametro di riferimento e non si sarebbe tenuto conto del valore della controversia.
4. I motivi vanno dichiarati inammissibili.
La decisione del Tribunale, fondata sul mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte degli opponenti, non si limita a evidenziare il difetto della documentazione comprovante la legittimazione attiva degli opponenti, ma evidenzia anche la decisiva mancanza del decreto del G.D. che aveva accolto la rivendica, oggetto del gravame.
Le prime tre censure, tutte circoscritte al tema della legittimazione attiva, non si confrontano, nè affrontano la seconda ed autonoma ratio decidendi, relativa alla mancata produzione del decreto del G.D. impugnato, in conseguenza della quale “non è possibile al Tribunale prendere conoscenza dell’esistenza e delle ragioni del provvedimento del G.D. oggetto di gravame” (fol. 2 del decr. imp.), e vanno dichiarate inammissibili perchè “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza.” (Cass. n. 18641 del 27/07/2017; Cass. n. 11493 del 11/05/2018).
Anche la quarta censura è inammissibile poichè presuppone, da parte del Tribunale, la conoscenza del valore della controversia che, invece, è implicitamente esclusa dall’accertamento della mancata produzione del decreto del G.D. oggetto dell’opposizione.
5. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese del giudizio in ragione dell’assenza di attività difensiva delle parti rimaste intimate.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).
PQM
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020