LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10916-2019 proposto da:
D.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA APOLLODORO 26, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO FILARDI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONELLA ZOTTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 07/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA TRICOMI.
RITENUTO
che:
Con ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, D.A.M., nato in *****, chiedeva al Tribunale di Napoli che gli venisse riconosciuta una delle diverse misure di protezione internazionale, erroneamente denegate dalla Commissione territoriale. Il giudice adito rigettava la domanda.
Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito perchè il giorno 5/10/2015, in occasione dell’elezione del Presidente A.C., la gente del villaggio di *****, che era di etnia *****, aveva bruciato la sua casa ed ucciso il padre, lui era riuscito ad allontanarsi ed a trovare rifugio presso l’abitazione di un vicino di etnia *****, che non era cattivo come gli altri e che gli aveva consigliato di lasciare la Guinea, cosa che aveva fatto, temendo di essere ucciso in caso di rimpatrio perchè il Presidente era sempre A.C..
Il Tribunale non ha ritenuto credibile il racconto perchè sfornito di elementi di prova legati alla sua situazione personale, osservando che il richiedente non si era presentato all’udienza di comparizione ove avrebbe potuto chiarire le circostanze ritenute generiche già dalla Commissione.
Ha valutato quindi, quanto alla domanda di protezione sussidiaria, le condizioni socio/politiche della *****, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel Paese ed ha negato la protezione umanitaria non ravvisando peculiari situazioni personali di vulnerabilità.
Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; il Ministero dell’Interno ha replicato con controricorso.
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380 – bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
CONSIDERATO
che:
1.1. Il primo motivo è rubricato: “In via preliminare: richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per cassazione è di 30 giorni a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado”.
1.2. Il secondo motivo è rubricato: “Sempre in via preliminare: richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g)”, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato”.
1.3. Le questioni di legittimità costituzionale prospettate con il primo e secondo motivo sono state già disattese da questa Corte (v. Cass. n. 17717 del 5/7/2018) con motivazione pienamente condivisa alla quale è sufficiente rinviare.
2.1. Il terzo motivo denuncia l’omesso esame e/o l’errata valutazione di fatti decisivi al fine del riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. C), e della protezione umanitaria.
Il richiedente si duole che il Tribunale non abbia valutato correttamente il fatto che egli aveva manifestato il grave rischio di essere ucciso dai membri di etnia ***** e non abbia considerato le gravi condizioni del sistema giudiziario e del sistema carcerario, oltre che il rischio di attacchi terroristici e bande armate in Guinea; riferisce che altri suoi concittadini hanno visto riconosciuta una qualche forma di protezione internazionale.
2.2. Il motivo è inammissibile poichè non si confronta con la ritenuta non credibilità del narrato in merito alle ragioni dell’allontanamento dalla Guinea e del timore a farvi rientro, nè con la dettagliata analisi compiuta dal Tribunale sulla scorta delle fonti internazionali (COI, settembre 2017) per escludere la ricorrenza di una situazione di violenza indiscriminata in Guinea.
Giova infine ricordare, in tema di protezione umanitaria, che la condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento di tale forma di protezione deve essere ancorata a “una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e cui egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio” (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione), dovendosi apprezzare la situazione particolare del singolo soggetto, non quella del suo paese d’origine in termini generali ed astratti.
E’ del tutto evidente che in presenza di un racconto non circostanziato e non credibile – come da accertamento del Tribunale non impugnato -non esista alcuna possibilità di comparazione con la situazione in cui aveva vissuto prima dell’allontanamento.
3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso;
– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00=, oltre spese prenotate a debito;
– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
– Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per i versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020