Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.775 del 16/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10563-2018 proposto da:

SARDALEASING SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA N. 78, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO SPAGNUOLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SIDO BONFATTI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** SRL, (Fall. *****), in persona dei Curatori pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 2, presso lo studio dell’avvocato NICOLA GIANCASPRO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIAMPIERO TRONCI;

– controricorrente –

avverso il decreto 10369/2017 R.G. del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositato il 31/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/ 11/ 2019 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.

RILEVATO

– che in data 30 ottobre 2017 il g.d. del fallimento ***** s.r.l. ha respinto il reclamo proposto ex art. 36, comma 1, L.f. contro l’atto del curatore contenente la decisione di sciogliersi dal contratto di cessione del credito concluso con la Sardaleasing s.p.a. nel 2012;

– che con decreto del 31 gennaio 2018 il Tribunale di Cagliari ha respinto il reclamo, proposto alla società ai sensi dell’art. 36, comma 1, L.f.;

– che avverso tale decreto viene proposto ricorso ex art. 111 Cost.;

– che resiste con controricorso la procedura;

– che la ricorrente ha depositato una memoria.

CONSIDERATO

– che il primo motivo deduce la falsa applicazione dell’art. 72 L.f., in quanto il curatore non avrebbe potuto sciogliersi dal contratto di cessione di credito, non residuando prestazioni ineseguite tra le parti;

– che il secondo motivo deduce la falsa applicazione dell’art. 72 L.f., in quanto il curatore non avrebbe potuto sciogliersi dal contratto di cessione di credito, non essendo un contratto ancora pendente;

– che il terzo motivo deduce la falsa applicazione dell’art. 72 L.f., in quanto il tribunale non ha ritenuto esistente un collegamento negoziale tra tre contratti di leasing;

– che il ricorso è inammissibile;

– che, infatti, il decreto impugnato con l’attuale ricorso straordinario non ha natura decisoria, in quanto afferente ad un atto di amministrazione del patrimonio, assunto dal curatore: onde il decreto del tribunale, che ha provveduto ai sensi dell’art. 36 L.f. avverso il provvedimento del giudice delegato che era stato adito contro l’atto di amministrazione del curatore non può dirsi risolutore di una controversia su diritti soggettivi;

– che questa Corte ha invero già chiarito come “Il decreto con il quale il tribunale fallimentare, ai sensi dell’art. 26 L.f., respinge il reclamo avverso l’atto con cui il curatore ha esercitato, giusta l’art. 72 la facoltà di scioglimento dal contratto pendente non ha natura decisoria, in quanto non risolve una controversia su diritti soggettivi, ma rientra tra i provvedimenti che attengono all’esercizio della funzione di controllo circa da parte del curatore, del potere di amministrazione del patrimonio del fallito, sicchè tale provvedimento non è impugnabile con ricorso per cassafzione ex art. 111 Cost., potendo, invero, i terzi interessati contestare nelle sedi ordinarie gli effetti che dall’attività così esercitata si pretendono far derivare” (Cass. 25 maggio 2017, n. 13167; nonchè Cass. 18622/2010; Cass. 8870/2012; Cass. 17520/2015; ed ancora Cass. 16 maggio 2018, n. 11948, non massimata; Cass. 29 luglio 2016, n. 15949, non massimata): si tratta, infatti, di provvedimenti concernenti atti interni alla procedura fallimentare, di carattere ordinatorio ed inerenti alla gestione del patrimonio del debitore, neppure definitivi e non revocabili e che quindi non sono impugnabili con ricorso per Cassazione, neppure ai sensi dell’art. 111 Cost., dovendosi, in definitiva, al decreto anzidetto negare la natura decisoria;

– che, come questa Corte ha già chiarito, il principio predetto non è contraddetto dall’affermazione, richiamata dalla ricorrente, secondo cui “Il decreto confermativo della legittimità dell’operato del curatore (nella specie scioltosi, ex art. 72 l.f., da un contratto di licenza per l’uso di tecnologia software, stipulato dalla società fallita quando era in bonis), reso dal collegio adito dall’altro contraente ex art. 36, 2 comma, l.f, ove non impugnalo per cassazione, è definitivo, rendendo così successivamente inoppugnabile la giurisdizione italiana sulla domanda concernente la sussistenza del suddetto potere del curatore, nonchè su quelle dipendenti o connesse” (Cass., sez. un., 23 luglio 2013, n. 17866): invero, questa decisione non ha, in tal modo, affatto inteso riconoscere la impugnabilità per cassazione del “decreto confermativo della legittimità dell’operalo del curatore”, ma solo escludere la possibilità di porre in discussione la giurisdizione italiana nel caso in cui quel decreto non risultasse contestato neppure con un, pur inammissibile, ricorso per cassazione; onde la ratio decidendi delle Sezioni unite attiene all’incontestabilità della giurisdizione italiana, non all’impugnabilità del decreto pronunciato ex art. 36 l.f. (così già Cass. 14 gennaio 2016, n. 511, non massimata);

– che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.100, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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