LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20841-2015 proposto da:
CONSORZIO INDUSTRIALE PROVINCIALE NORD EST GALLURA – CIPNES, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAZZOLI 8, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO RICCIUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati BETTINO ARRU, MARGHERITA ASARA;
– ricorrente –
contro
B.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 366/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 05/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Rilevato:
che l’ing. B.G. convenne davanti al tribunale di Tempio Pausania il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Olbia chiedendone la condanna al pagamento di Lire 2.155.771.365, asseritamente dovutegli a titolo di saldo del compenso professionale per l’attività di ingegnere capo dei lavori di costruzione della tangenziale di *****, secondo lotto, da lui svolta fino al ventesimo stato di avanzamento, in esecuzione dell’incarico conferitogli dal Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione di Olbia;
che il Consorzio, costituendosi, deduceva il grave inadempimento dell’ing. B. alle obbligazioni su di lui contrattualmente gravanti e proponeva nei suoi confronti domanda di risarcimento dei danni connessi all’erronea contabilizzazione delle opere realizzate dell’impresa aggiudicataria dei lavori; il Consorzio concludeva, quindi, per il rigetto della domanda del professionista e, in subordine, per la compensazione dei reciproci crediti delle parti;
che il tribunale, all’esito della consulenza tecnica disposta al fine di determinare il compenso professionale dovuto dal B., condannava il Consorzio al pagamento del residuo dovuto e rigettava, giudicandola non dimostrata, la domanda riconvenzionale risarcitoria da quest’ultimo proposta;
che il Consorzio Industriale appellava la sentenza di primo grado, impugnando il rigetto dell’eccezione di inadempimento e deducendo che, medio tempore, l’ing. B. era stato condannato dalla corte dei Conti, con sentenza passata in giudicato, al risarcimento dei danni in favore del Consorzio, liquidando i medesimi in Euro 155.107,50, oltre rivalutazione ed interessi;
che il B. proponeva appello incidentale, chiedendo che sulla somma liquidata in suo favore fossero riconosciuti gli interessi nella misura moratoria come da lui richiesto;
che, con sentenza n. 357 del 2009, la Sezione distaccata di Sassari della corte di appello di Cagliari rigettava l’appello principale e accoglieva l’appello incidentale;
che la suddetta sentenza, impugnata dal Consorzio, veniva cassata da questa Corte, avendo la corte territoriale omesso di pronunciarsi su alcuni dei motivi di appello;
che in sede di rinvio la corte di appello di Cagliari esaminava e accoglieva, per quanto di ragione, i motivi di appello non esaminati dalla Sezione distaccata di Sassari, ritenendo l’inadempimento del B. sussistente nei limiti definitivamente accertati dalla Corte dei conti ed escludendo, quindi, che la prestazione professionale dell’ingegnere fosse del tutto inadeguata;
che pertanto la corte cagliaritana disponeva la compensazione dei crediti fra Consorzio e ing. B., condannando il Consorzio al pagamento dell’eventuale residuo dell’importo in favore dell’ingegnere;
che avverso quest’ultima sentenza il Consorzio industriale Provinciale Nord Est Gallura ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di un solo motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., che, secondo il Consorzio ricorrente, anche a volere ritenere la prestazione dell’ing. B. “non totalmente inadeguata”, egualmente l’accertato inadempimento parziale avrebbe giustificato l’eccezione di inadempimento e legittimato il Consorzio a non corrispondere l’intero compenso pattuito;
che l’intimato ing. B.G. non ha spiegato attività difensiva in questa sede;
che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 10 maggio 2019, per la quale non sono state depositate memorie;
Ritenuto:
che l’unico motivo di ricorso non può trovare accoglimento, perchè esso, pur deducendo un vizio di violazione di legge (art. 1460 c.c.), in realtà censura il giudizio di fatto della corte territoriale secondo cui l’inesattezza dell’adempimento del professionista non era di gravità tale da giustificare la pretesa del committente di non pagare il corrispettivo contrattualmente pattuito, vale a dire da causare la “insussistenza del diritto del professionista al compenso professionale a lui spettante” (pag. 7, ultimo capoverso, della sentenza); la corte territoriale, in sostanza, ha espresso un giudizio di fatto di contrarietà a buona fede della pretesa del comune non pagare il corrispettivo contrattualmente convenuto, giudicando che gli inadempimenti ascrivibili al professionista non erano di gravità tale da legittimare la risoluzione del contratto e, quindi, la perdita del diritto di costui al compenso; fermo il diritto del committente al risarcimento del danno da inesatto adempimento e la compensazione dei reciproci crediti;
che il suddetto apprezzamento della corte territoriale costituisce giudizio di fatto, non censurabile in questa sede sotto il profilo della violazione di legge (cfr. Cass. 13627/17: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonchè della conseguente alterazione del sinallagma. Tale accertamento, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato”);
che in definitiva il ricorso va rigettato;
che non vi è luogo a regolazione di spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva;
che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del Consorzio ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020