Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.803 del 16/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30272-2018 proposto da:

N.S., S.A., S.C., nella qualità di eredi di S.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 109, presso lo STUDIO LEGALE D’AMICO, rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCO VINCENZO PAPADIA, MARIA ANTONIETTA PAPADIA;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI MELFI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso al CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PATRIZIA GRAMEGNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 555/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 27/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

RILEVATO

che:

1. Nel 2013, S.A. e N.S. convenivano in giudizio il Comune di Melfi, al fine di sentir riconoscere la responsabilità dello stesso ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c., ed ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti, a seguito del sinistro, avvenuto nel campo da calcio di cui l’amministrazione era proprietaria e custode, in cui aveva perso la vita il figlio minore, S.S..

Parte ricorrente esponeva che il 30.1.2000 S.S., in assenza del padre, che collaborava con l’associazione sportiva Calcio Melfi, aveva forzato l’apertura ed il sistema di accensione del motocarro Piaggio Ape 600, mezzo utilizzato da S.A. per gli spostamenti all’interno dello Stadio, e mentre ne era alla guida, avendo perso il controllo, sfondava la recinzione del campo e rovinava otto metri in basso, sulla strada sottostante.

Si costituiva in giudizio il Comune di Melfi, chiedendo il rigetto della domanda e la condanna alle spese.

Si costituiva anche S.C., sorella del de cuius S.S., divenuta nel frattempo maggiorenne, chiedendo l’accoglimento della domanda proposta dai genitori.

Con sentenza n. 227/2006, il Tribunale di Melfi rigettava la domanda e condannava gli attori e l’intervenuta, in solido, al pagamento, in favore del Comune di Melfi, delle spese di lite.

2. Avverso tale decisione, S.A., N.S. e S.C. proponevano appello.

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 555 del 27/10/2017, rigettava l’appello, confermando la sentenza di primo grado. Si escludeva la responsabilità ex art. 2043 c.c. in quanto la recinzione del campo sportivo era idonea all’uso cui era destinata poichè non doveva essere progettata per resistere all’impatto di un veicolo in moto e che pertanto la sua funzione era quella di resistere a sollecitazioni meccaniche di violenza comunque contenuta, quali quelle derivanti dall’impatto di palloni o di atleti. Inoltre, non era nemmeno configurabile la responsabilità ex art. 2051 c.c. dal momento che l’evento danno era da ascriversi esclusivamente alla condotta del danneggiato, interrompendo così il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, ricadendo in un’ipotesi di caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.

3. S.A., N.S. e S.C. propongono ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi. Il Comune di Melfi resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Considerato che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni.di condividere la proposta del relatore; ma va premesso il rilievo della tardività delle momorie di parte.

6.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Avrebbe errato il giudice del merito perchè non ammettendo le prove testimoniali così come proposte dal ricorrente sulla dinamica dell’incidente, non ha consentito di verificare fatti già pacifici e di accertare questioni fondamentali per il giudizio.

Questa negata omissione avrebbe invalidato il convincimento del giudice, rendendo priva di fondamento la ratio decidendi.

6.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., punto 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 4.

La Corte territoriale non avrebbe chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto che la rete periferica del campo di calcio di Melfi dovesse proteggere semplicemente palloni o eventuali atleti in corsa, nonostante fosse certo che sul stesso campo circolavano motomezzi di servizio. Pertanto, la sentenza sarebbe nulla perchè recante argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dalla Corte, costituendo ciò un error in procedendo.

6.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente si duole della violazione degli artt. 2043 e 2051 c.c., nonchè artt. 40 e 41 c.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 3.

La Corte avrebbe violato le disposizioni degli articoli indicati in rubrica in quanto il Comune avrebbe l’obbligo di predisporre le misure necessarie per evitare che, tanto il motomezzo guidato dal minore, quanto altri eventuali mezzi pesanti, potessero precipitare da un’altezza di 8 metri bucando la fragile rete di protezione.

7. I motivi, congiuntamente esaminabili per la loro intima connessione, non possono essere accolti.

Sono innanzitutto inammissibili per la violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Ai sensi della predetta norma, è onere del ricorrente indicare in modo specifico gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda in modo da permettere alla Corte di valutare profili di illegittimità della sentenza di merito.

Ancora, il primo motivo è infondato, perchè è spiegato dalla corte territoriale che la mancata ammissione delle prove dipende dalla riscontrata idoneità della recinzione all’uso per cui era prevista e dall’ascrivibilità al leso dell’evento non riconducibile al novero di quelli da prevenire; anche il secondo motivo è infondato, perchè la motivazione c’è ed è scevra dai soli gravissimi vizi oggi rilevanti secondo l’insegnamento di Cass. Sez. U. 8053/14, del resto rispondendo a nozioni di comune esperienza l’affermazione della funzione della rete metallica di recinzione di un campo di calcio; ancora, il terzo motivo è del pari infondato; nemmeno è stata censurata la ratio di assenza di caratteristiche dell’insidia ai sensi dell’art. 2043 c.c. e sull’art. 2051 c.c. l’impostazione della corte di merito è conforme all’elaborazione di questa Corte (per tutte, Cass. ordd. nn. 2478, 2480 e 2482 del 2018) sulla non prevenibilità dell’evento in base a valutazione oggettivizzata.

In tal senso le censure formulate dall’odierno ricorrente sono evidentemente dirette ad ottenere una rivalutazione dei fatti di causa, oltrepassando, in questo modo, i limiti propri del sindacato di legittimità. E’ il giudice del merito l’organo istituzionalmente competente alla discrezionale valutazione degli elementi di prova, limitata esclusivamente sul piano della motivazione, che deve essere coerente, in punto di diritto e sul piano logico, con i rilevi fattuali posti al suo vaglio.

Infatti con la prima doglianza parte ricorrente ripropone nella sostanza il secondo motivo d’appello, lamentando la violazione dell’art. 115 in relazione al 360 n. 5, per avere il giudice disatteso le richieste istruttorie. In quella circostanza la Corte aveva correttamente dichiarato che l’idoneità della recinzione all’uso cui la stessa era destinata, e la conseguente ascrivibilità dell’evento di danno alla condotta negligente e imprudente del minore, avevano reso irrilevante e superfluo l’ammissione di capitoli di prova sui quali i testi avrebbero reso testimonianza attinenti al fatto, alla dinamica dell’incidente e alla riparazione della rete, circostanze tutte non contestate dal Comune e che comunque non avrebbero mutato la ratio della decisione adottata.

Infine correttamente la Corte territoriale per ciò che concerne l’art. 2043 c.c. ha rilevato l’assenza di una condotta colposa da parte del Comune poichè la condotta del minore non rientrava nel novero degli accadimenti che la regola cautelare in questione mirava a prevenire. Ed anche ai sensi dell’art. 2051 c.c. non poteva ascriversi alcuna responsabilità in capo al Comune, poichè il comportamento imprudente della vittima ha interrotto il dinamismo causale del danno rientrando nell’ipotesi di caso fortuito che libera il custode della responsabilità di cui alla norma detta.

7.1. Le prospettate cause di inammissibilità sono state anche rilevate dal controricorrente.

8. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 16 gennaio 2020

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