LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 899/2017 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ope legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;
– ricorrente –
contro
M.M.C., PA.SA., P.A., TU.AN., VA.GI., V.A., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DOMENICO CHELINI N. 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO TORTORELLA, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
e contro
O.M., T.R., MINISTERI ISTRUZIONE, UNVERSITA’ RICERCA, SALUTE ed ECONOMIA e FINANZE;
– intimati –
e sul ricorso successivo senza N.R.G.:
MA.GI.MA., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DOMENICO CHELINI N. 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO TORTORELLA, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti successivi –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano ope legis, in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;
– controricorrenti al ricorso successivo –
e contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNVERSITA’ E RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5628/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/09/2016 R.G.N. 2793/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/11/2019 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i ricorsi per quanto di ragione;
udito l’Avvocato MARCO TORTORELLA.
FATTO E DIRITTO
Atteso che:
1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 27.9.2016, accoglieva l’appello proposto da M.M.C., O.M., P.A., Tu.An., V.A., Pa.Sa., T.R. e Va.Gi., intesa ad ottenere il risarcimento dei danni per il parziale e tardivo adeguamento alla direttiva comunitaria CE 93/16, posto che gli stessi avevano frequentato corsi di specializzazione rientranti nell’elenco di cui alla direttiva suddetta, a far tempo dall’anno accademico 1983 – 1984. Riconosceva in favore di ciascuno dei predetti le somme rispettivamente di Euro 20.141,82, 33569,70, 26.885,76, 20.141,82, 33.569,70, 26.855,76, 26.855,76 in favore della M., dell’ O., del P., della Tu., del V., della Pa. e della T. ed Euro 20.141,82 in favore del Va.;
2. quanto ai ricorrenti Ma. ed altri, veniva osservato che alcuni avevano frequentato scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno accademico 1983-1984 e che per altri ( Ma.Pi., M.P.d.S.M.C., Ve.Lu.) le scuole di specializzazione non risultavano inserite nell’elenco di cui alla direttiva comunitaria. L’appello veniva accolto quanto alla posizione di Ma.Gi.Ma., m.a.m., e di molti altri indicati in sentenza;
3. di tale decisione, con un primo ricorso, ha domandato la cassazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sostenendo che agli otto specializzandi non spettasse alcunchè, in quanto medio tempore si era formato il giudicato sulle stesse domande, per identità di petitum e causa petendi dei giudizi relativi agli stessi già definiti;
4. hanno resistito solo alcuni tra essi ( M.M.C., Pa.Sa., P.A., Tu.An., Va.Gi., V.A.);
5. il secondo giudizio dei medici è stato affidato a sette motivi, illustrati con memoria depositata in prossimità dell’adunanza camerale, cui ha resistito la Presidenza C.M.;
6. con ordinanza del 19.6.2019, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo e quindi fissata per l’odierna udienza pubblica.
rilevato che:
1. si reputa necessario per la soluzione della controversia, con riguardo in particolare al terzo motivo del ricorso (successivo) proposto da Ma.Pi. ed altri 29 ricorrenti (Violazione e falsa applicazione di norme e principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso o tardivo recepimento Direttive, degli artt. 2, 3, 10, e 97 Cost., D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 e L. n. 370 del 1999, art. 11, violazione 112 c.p.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere riconosciuto il diritto in favore di coloro che avessero iniziato i corsi prima del 31.12.1982 limitatamente ai periodi successivi a tale data), esporre il quadro giurisprudenziale di legittimità delineatosi con riferimento alla specifica questione;
2. con sentenza della IV sez. di questa Corte è stato affermato che “Il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 76/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche ai medici specializzandi che avevano già iniziato il corso di specializzazione prima del 31 dicembre 1982, attesa l’assenza, nelle citate direttive, di una limitazione della platea dei beneficiari del diritto alla retribuzione ai soli medici iscritti ai corsi di specializzazione a partire dal 1 gennaio 1983, e, comunque, dovendosi ritenere una diversa interpretazione in contrasto con il criterio – funzionale al ristoro di tutti i danneggiati per il ritardo del legislatore – dell’applicazione cd. retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria”;
2.1. in tale pronuncia è stato precisato, con riferimento al principio c.d. di “equivalenza giurisdizionale”, che, “essendo il rapporto derivante dall’iscrizione ad un corso di specializzazione, da parte del medico, un rapporto di durata, nell’ambito del diritto interno, ad esso trova applicazione il principio secondo cui la legge sopravvenuta disciplina il rapporto giuridico in corso allorchè esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purchè la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo” (con specifico richiamo a Cass. 8 marzo 2001, n. 3385; Cass. 9 febbraio 2001, n. 1851);
2.2. tale principio è stato ribadito da Cass. 2.9.2015 n. 17434, secondo cui deve aversi riguardo all’art. 14 della Direttiva 82/76, che non contiene alcuna restrizione della platea dei beneficiari quanto al criterio temporale, e che “limitarne l’applicabilità agli Stati membri che avessero, prima della direttiva di coordinamento 82/76/CEE, provveduto ad adeguarsi ad una delle pregresse direttive coordinate da quella (in tal senso, vedi per tutte: Cass. 16 ottobre 2014, n. 21967), contraddice i principi che si desumono dalla giurisprudenza della CGUE in materia e, quindi, confligge con il principio del primato del diritto comunitario. Da ultimo, essendo il rapporto derivante dall’iscrizione ad un corso di specializzazione, da parte del medico, un rapporto di durata, nell’ambito del diritto interno, ad esso trova applicazione il principio secondo cui la legge sopravvenuta disciplina il rapporto giuridico in corso allorchè esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purchè la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo (vedi, per tutte: Cass. 8 marzo 2001, n. 3385; Cass. 9 febbraio 2001, n. 1851)”;
3. diverso orientamento risulta essere seguito da Cass. 10.7.2013 n. 17067, Cass. 9.7.2015 n. 14375, affermative del principio di diritto secondo cui “In tema di Direttive CEE 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva n. 82/76/CEE, riguardanti l’organizzazione dei corsi di specializzazione medica, a seguito dell’inadempimento statuale ad esse, verificatosi il 31 dicembre 1982, non insorse alcun diritto al risarcimento del danno a favore dei medici che a quella data avevano già iniziato il loro corso di specializzazione” (con richiamo a Cass. n. 21719 del 2012 a Cass. n. 587 del 2013). L’impossibilità di ammettere il frazionamento della disciplina tra diversi anni del medesimo corso di specializzazione e di riconoscere la remunerazione in base alla sopravvenuta situazione di inadempienza solo per gli anni successivi alla sua maturazione era collegata alla considerazione che, al momento dell’iscrizione al corso, la situazione di inadempimento non era ancora concretata e che nessun diritto, iscrivendovisi, potevano vantare gli specializzandi. Il diversificato trattamento era ritenuto necessariamente da rapportarsi al corso di specializzazione unitariamente considerato, alle esigenze di finanza pubblica ed altre di pari interesse generale, che avevano consentito l’evidente gradualità temporale nel complessivo adeguamento dell’ordinamento nazionale alla normativa comunitaria – esigenze di gradualità che giustificavano anche l’esclusione dal nuovo regime per coloro che, sia pure incolpevolmente, si fossero trovati ad iniziare i corsi prima del loro adeguamento alla normativa comunitaria;
4. il dissenso interno alla giurisprudenza di questa Corte ha dato luogo alla rimessione della questione alle Sezioni Unite, le quali, con ordinanza interlocutoria 21 novembre 2016, n. 23581, hanno rimesso la relativa questione interpretativa alla Corte di giustizia dell’Unione Europea;
5. quest’ultima, con la sentenza 24 gennaio 2018 (nelle cause riunite C-616/16 e C-617/16), ha stabilito che l’art. 2, paragrafo 1, lett. c), l’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 10 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa;
5.1. è stato considerato sussistente il diritto al risarcimento per inadempimento dello Stato agli obblighi derivanti dalla direttiva “a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa”, con commisurazione del risarcimento stesso (per la mancata percezione di una retribuzione adeguata) alla frazione temporale della durata del corso, successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31.12.1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento;
6. le S.U. di questa Corte, con sentenza n. 20348 del 2018, nel recepire le indicazioni della CGUE, hanno affermato che il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla CGUE (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in 3 R.G. 10595/2014 C-371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16); è stato affermato che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento;
7. il principio è stato più volte ribadito da questa Corte di legittimità. Tra le più recenti vanno segnalate Cass. n. 24625/2019, Cass. 26.2.2019 n. 5509, 1548/2019 e nn. 1053, 1054, 1055, 1056, 1062, 1064, 1065, 1066 del 2019, secondo cui il diritto alla percezione degli emolumenti fissati dalla legge – in particolare dalla L. n. 370 del 1999, art. 11 (Lire 13 milioni all’anno per il periodo che va dall’anno accademico 1983-1984 all’anno accademico 1990-1991) – riguarda anche i c.d. medici specializzandi “a cavallo dell’annualità 1982 1983”, cioè quei medici che hanno frequentato e positivamente concluso uno dei corsi di specializzazione riconosciuti in sede Europea cominciando nel 1982 e terminando in data ovviamente successiva al 10 gennaio 1983;
8. è stato osservato come “Non rileva la circostanza che il corso di specializzazione, iniziato prima dell’entrata in vigore della direttiva 82/76/CEE, sia proseguito dopo tale momento. L’obbligo statuale di introdurre norme che prevedessero la remunerazione degli specializzandi, infatti, era stato dalla normativa comunitaria agganciato alla frequentazione di corsi di specializzazione aventi determinate caratteristiche: esclusività, tempo pieno, obbligo di frequenza. Nel sistema della direttiva 82/76/CEE, pertanto, il diritto alla remunerazione e la frequentazione d’una scuola di specializzazione aventi le suddette caratteristiche imposte dal diritto comunitario andavano di pari passo. Ne consegue che prima del 1981, non esistendo per gli Stati membri l’obbligo di dettare norme che imponessero alle scuole di specializzazione le suddette caratteristiche, nemmeno poteva esistere l’obbligo di prevedere una adeguata retribuzione degli specializzandi” (cfr. Cass. 1055/2019);
9. Cass. 5509/2019 cit. contiene ulteriori precisazioni con riguardo al profilo considerato: “la Corte di giustizia ha dunque distinto tre categorie di specializzandi: 1) quelli che hanno iniziato la specializzazione prima del 29 gennaio 1982 (data di entrata in vigore della direttiva 82 del 1976), i quali non hanno diritto ad alcuna remunerazione; 2) quelli che hanno iniziato la specializzazione nel corso dell’anno 1982, i quali hanno diritto alla remunerazione a partire dal 10gennaio 1983; 3) quelli che hanno iniziato la specializzazione dopo il 10 gennaio 1983, i quali hanno diritto alla remunerazione per l’intera durata del ricorso (Cass., sez. 3, ordinanza n. 13761 del 31/05/2018; ordinanza n. 13762 del 31/05/2018; sez. 3, ordinanza n. 13763 del 31/05/2018); ciò è coerente, invero, con la correlazione tra compenso e organizzazione nonchè frequenza dei corsi secondo i canoni stabiliti, presente nella direttiva del 1982, entrata in vigore nel gennaio dello stesso anno (cfr. punto 30 della citata sentenza della Corte di giustizia); ciò è coerente, cioè, con il generalissimo principio di ultrattività della previsioni normative che costituiscano nuovi diritti rapportati a un nuovo regime che li giustifichi (ed è opportuno precisare che, sebbene i casi sottesi al rinvio pregiudiziale di questa Corte siano stati indicati dalla stessa Corte di giustizia come di medici specializzati tra il 1982 e 1990, il quesito del rinvio medesimo è stato ampio e volto a quindi chiarire compiutamente ogni perimetro – cfr. punti 17 e 24 della sentenza della Corte di giustizia – sicchè il reiterato riferimento ai corsi iniziati nel 1982, fatto dal Collegio sovranazionale, anche nel corpo della motivazione del provvedimento in parola, è univocamente concludente in tal senso); in proposito, va avvertito che il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite va inteso nel senso che il frazionamento dell’ammontare risarcitorio spettante per il primo anno di durata del corso di specializzazione, cioè per l’anno accademico 1982-1983 avrà luogo soltanto per il caso in cui, secondo l’ordinamento universitario, l’effettivo svolgimento del corso e la relativa frequenza siano iniziati prima del 1 gennaio 1983, mentre l’indennizzo stesso, per il suddetto primo anno accademico, andrà riconosciuto integralmente laddove si accerti che l’uno e l’altra si siano svolte integralmente ed esclusivamente dopo il 1 gennaio 1983; in altri termini, la ragione giustificativa dell’applicazione del frazionamento del risarcimento per l’anno accademico 1982-1983 – solo se l’effettivo svolgimento del corso in parte si sia situato prima del 10 gennaio 1983 – si ravvisa nella necessaria applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite in coerenza con la sentenza della Corte di Giustizia, la quale, stabilendo che la debenza del risarcimento spetta soltanto dal 10 gennaio 1983, lo ha fatto nel presupposto che lo Stato italiano dovesse assicurare la verificazione delle condizioni di adempimento delle direttive e, quindi, adempiere l’obbligo da esse scaturente fino dalla data di entrata in vigore della c.d. direttiva di coordinamento 82/76, che entrò in vigore il 29 gennaio 1982 e imponeva agli Stati membri di conformarsi (con la concessione di un termine di adempimento) entro e non oltre il 31 dicembre 1982 a norma dell’art. 16 della direttiva stessa. L’obbligo di apprestare le misure necessarie per conformarsi, secondo la CGE gravava in tal modo sugli Stati membri dal 29 gennaio 1982, ma il suo risultato, cioè la situazione di conformazione, doveva al più tardi realizzarsi dal 1 gennaio 1983” (in tali termini si esprime Cass. 5509/2019 cit.);
10. con sentenza 2.10.2019 n. 24625, la sezione lavoro di questa Corte si è adeguata a tale orientamento, escludendo il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria 82/76/CEE per i medici che avessero iniziato il corso di specializzazione nell’anno accademico 1981/1982 e negli anni precedenti.
11. da ultimo, anche Cass. 20410/2019, Cass. 19748/2019, Cass. 18053/2019 in modo articolato hanno valorizzato l’insorgenza dell’obbligo di conformazione dalla data dell’entrata in vigore della direttiva stessa, evidenziando come l’iscrizione ai corsi di specializzazione del 1982 dei medici delle due controversie oggetto dei ricorsi in relazione ai quali le Sezioni Unite avevano posto il rinvio pregiudiziale risultasse chiaramente in funzione meramente descrittiva dell’oggetto delle stesse controversie e non implicasse in alcun modo, sempre nell’ottica dell’act claire e per le ragioni innanzi indicate, alcuna ricaduta sull’interpretazione del diritto comunitario che la CGUE aveva somministrato;
12. in conclusione, è stata esclusa ogni possibile altra lettura della sentenza, cioè una lettura che riferisse l’obbligo di riconoscere l’adeguata retribuzione a formazioni iniziate anteriormente a quell’entrata in vigore, “perchè altrimenti la CGUE si sarebbe limitata a dire che il quesito proposto riguardava, salva l’attribuzione della remunerazione a partire dal 1983, tutte le formazioni in corso alla data dell’entrata in vigore della direttiva coordinamento” (cfr. in tali termini Cass. da ultimo cit.).
Ritenuto che:
1. la giurisprudenza di legittimità seguita alla sentenza della CGUE ha, per quanto detto, ritenuto di interpretare la sentenza n. 20348 del 2018 delle S.U. in coerenza con la sentenza della Corte di Giustizia osservando che il reiterato riferimento contenuto in quest’ultima, ai corsi iniziati nel 1982, fatto dal Collegio sovranazionale, era univocamente concludente nel senso che il frazionamento dell’ammontare risarcitorìo (per il principio della dovuta remunerazione da riconoscersi ai medici specializzandi per il periodo di mancato adempimento alla Direttiva 82/76) spettante per il primo anno di durata del corso di specializzazìone, cioè per l’anno accademico 1982/1983, dovesse avere luogo soltanto per il caso in cui, secondo l’ordinamento universitario, il corso fosse iniziato appunto nel 1982; tale interpretazione conseguiva al dato che la direttiva di coordinamento 82/76 era entrata in vigore il 29 gennaio 1982, e quindi, per il principio di ultrattività delle previsioni normative costitutive di nuovi diritti rapportati ad un nuovo regime, non poteva aversi riguardo a corsi iniziati prima del 1982, valendo solo per questi il frazionamento dell’ammontare risarcitorio;
2. tale conclusione è stata tratta anche dalla considerazione che il quesito posto alla Corte di giustizia era stato ampio e volto a chiarire compiutamente ogni perimetro, per cui il reiterato riferimento effettuato ai corsi iniziati nel 1982, da parte del Collegio sovranazionale, non poteva che ritenersi come chiarificazione della riferibilità dell’obbligo agli specializzandi iscritti a corsi non anteriori al 1982;
3. tanto premesso, avendo riguardo alle motivazioni che sorreggono tutte le decisioni contrarie all’estensione del diritto, non può, tuttavia, non conferirsi rilievo alla circostanza che la questione che aveva generato l’esigenza di chiarimenti da parte della CGUE era relativa ad un giudizio in cui il corso frequentato dagli specializzandi si articolava proprio a cavallo tra il 1982 ed il 1983, ciò che rende il riferimento reiterato a tale ultima evenienza non indicativo con certezza della volontà di restringere nei sensi indicati la platea dei destinatari dell’obbligo risarcitorio, con commisurazione dello stesso all’importo successivamente previsto dalla L. n. 370 del 1999, art. 11;
3. pertanto, pure al cospetto di pronunce che in continuità hanno dato una lettura della sentenza della CGUE finalizzata a ricondurre a coerenza la limitazione del frazionamento ai soli corsi iniziati nel 1982, secondo un canone interpretativo asseritamente più rispettoso di quanto affermato nella pronunzia della Corte di Giustizia, si ritiene che sia tuttora esistente un contrasto, non pacificamente superato alla stregua della giurisprudenza di legittimità passata in rassegna, circa la ritenuta portata ultrattiva (più propriamente applicabilità alle fattispecie realizzatesi dopo l’entrata in vigore della Direttiva, ossia ai rapporti insorti successivamente) dello ius superveniens rappresentato dalla direttiva, espressione di un principio innegabilmente in contrasto con l’altro secondo cui la normativa sopravvenuta disciplina il rapporto giuridico in corso allorchè esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purchè la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo;
4. ricorrono le condizioni per la rimessione degli atti al Primo Presidente, affinchè valuti l’opportunità di assegnare la trattazione e la decisione del ricorso alle Sezioni unite, atteso che la questione dibattuta, oltre a rendere necessaria comunque una armonizzazione tra le pronunce della sezione lavoro antecedenti a quella delle s.u., e quelle successive, espressesi nei termini sopra evidenziati (non essendo con certezza l’intervento della CGUE da ritenersi esaustivo quanto alla completa considerazione dei profili di applicazione temporale dei principi posti dalla direttiva), può qualificarsi – anche per il cospicuo contenzioso in corso -, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, “di particolare importanza”;
5. tale rimessione si rende ancor più necessaria alla luce della richiesta di rinvio pregiudiziale sollecitata in sede di discussione dal difensore dei medici specializzandi ricorrenti, al fine di ottenere chiarimenti in ordine alla interpretazione della Direttiva sulla specifica questione della riferibilità della stessa anche ai medici che abbiano iniziato il corso di specializzazione anteriormente al 1982/1983 (nel nostro caso iscrittisi nel 1980 e nel 1981), sul presupposto che sul punto non sia stata raggiunta alcuna certezza alla stregua della sentenza della CGUE resa a seguito del rinvio pregiudiziale già esperito;
6. in particolare, si rende necessario sottoporre alla valutazione del Primo Presidente, ed eventualmente delle Sezioni Unite, la questione sulla portata dell’estensione temporale del principio – che ha condotto a riconoscere l’obbligo risarcitorio nei termini sopra specificati per le posizioni a cavallo del 1982 – 1983, per il periodo successivo al 1.1.1983 – anche in favore dei medici specializzandi che abbiano iniziato il corso antecedentemente al 1982, sempre relativamente alla frazione temporale successiva al 1982, in ragione della evidenziata carenza di convincenti ragioni giustificative della esclusione affermata dalla giurisprudenza di legittimità sopra passata in rassegna; il riconoscimento del diritto risarcitorio anche per costoro per il periodo successivo al 1982 potrebbe, invero, trovare fondamento nel principio secondo cui la legge sopravvenuta disciplina il rapporto giuridico in corso allorchè esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purchè la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo protrarsi nel tempo, ciò che dovrebbe essere oggetto di valutazione in ragione dell’evidenziato perdurare del contrasto giurisprudenziale, che non può ritenersi affatto superato alla luce delle considerazioni svolte.
P.Q.M.
dispone la trasmissione della causa al Primo Presidente, per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020