LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29148-2018 proposto da:
G.A., elettivamente domiciliato in *****, presso il Sig. G.L., rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA PARILLO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso il decreto n. 2048/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 05/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa FALASCHI MILENA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato il 24 aprile 2015 dinanzi alla Corte di appello di Perugia, G.A. chiedeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio amministrativo introdotto davanti al TAR Lazio il 1.03.2004 e definito con sentenza pubblicata il 28.09.2010.
Con decreto del 05.07.2018, la Corte territoriale dichiarava improponibile la domanda ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 54 (come modificato dalla conversione L. 6 agosto 2008, n. 133 e, successivamente, dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 con decorrenza dal 16 settembre 2010), per essere stata la domanda di indennizzo proposta dopo il 16.09.2010 senza che nel giudizio amministrativo presupposto fosse stata formulata istanza di prelievo.
Avverso il decreto della Corte di appello di Roma propone ricorso per cassazione il G., fondato su quattro motivi. E’ rimasto intimato il Ministero dell’economia e delle finanze.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per essere fondato il quarto motivo, assorbiti i restanti, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Atteso che:
– con il quarto motivo – il cui esame appare pregiudiziale – si deduce la questione di legittimità costituzionale del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, nella parte in cui subordina la possibilità di chiedere l’equa riparazione alla presentazione di istanza di prelievo.
Il motivo è fondato.
Occorre, invero, rilevare che la Corte costituzionale, medio tempore, con sentenza n. 34 del 6 marzo 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2 (“Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”), convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 3, comma 23, dell’Allegato 4 (“Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo”) e dal D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, art. 1, comma 3, lett. a), n. 6 (“Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, comma 4”).
Con tale sentenza la Corte delle leggi ha stabilito che la presentazione dell’istanza di prelievo, disciplinata dall’art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, non può essere considerata una condizione necessaria per richiedere l’indennizzo ex L. n. 89 del 2001, potendo rilevare ai soli fini della quantificazione dello stesso. Come, infatti, chiarito dalla Corte “l’istanza di prelievo, cui fa riferimento il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2 (prima della rimodulazione, come rimedio preventivo, operatane dalla L. n. 208 del 2015), non costituisce un adempimento necessario ma una mera facoltà del ricorrente (ex art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, la parte “può” segnalare al giudice l’urgenza del ricorso), con effetto puramente dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo e di mera “prenotazione della decisione” (che può comunque intervenire oltre il termine di ragionevole durata del correlativo grado di giudizio), risolvendosi in un adempimento formale, rispetto alla cui violazione la non ragionevole e non proporzionata sanzione di improponibilità della domanda di indennizzo risulta non in sintonia nè con l’obiettivo del contenimento della durata del processo nè con quello indennitario per il caso di sua eccessiva durata”.
L’accoglimento del quarto motivo di ricorso, che verte su questione pregiudiziale rispetto alle prime tre censure (con le quali viene denunciato la violazione di legge per non avere considerato l’stanza depositata l’11.11.2009, oltre ad omesso esame di siffatto fatto storico, nonchè mancata acquisizione d’ufficio di tutta la documentazione necessaria del fascicolo di ufficio del giudizio presupposto), ne determina l’assorbimento.
Il decreto impugnato va cassato, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Perugia, che dovrà decidere tenendo conto che il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2 – per effetto della dichiarata incostituzionalità – è stato cancellato dall’ordinamento giuridico con effetto retroattivo.
Il giudice del rinvio provvederà a regolare anche le spese relative al presente giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. Un. 11915 del 2014).
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti il primo, il secondo ed il terzo;
cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, a diversa Sezione della Corte di appello di Perugia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 20 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 16 gennaio 2020