Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.829 del 16/01/2020

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8288-2019 proposto da:

S.S., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GOLAMETTO, 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 13/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L.M. ed altri propongono ricorso articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso dalla Corte d’Appello di Perugia il 13 settembre 2018. Questo decreto ha condannato il Ministero della Giustizia all’equa riparazione in favore delle ricorrenti, pari ad Euro 670,00 pro capite, per la irragionevole durata di un giudizio di equa riparazione davanti alla Corte d’Appello di Roma ed alla Corte di cassazione. La Corte d’Appello di Perugia ha liquidato Euro 252,00 a titolo di compenso professionale.

L’intimato Ministero della Giustizia ha depositato un mero atto di costituzione.

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 91 c.p.c. e art. 2233 c.c., comma 2, nonchè del D.M. n. 55 del 2014 e del D.M. n. 37 del 2018. I ricorrenti espongono che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d’Appello di Perugia sia inferiore ai minimi dettati dalla Tabella 12 del D.M. n. 55 del 2014 (indicando le singole attività e fasi ed i relativi importi tariffari).

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla L. n. 89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, non modificata dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, entrato in vigore il 27 aprile 2018 (cfr. Cass. Sez. 6-2, 21/06/2019, n. 16770; Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818;

Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6 – 2, 14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352). Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014 (che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012, regola la materia dei compensi tra professionista e cliente: Cass. Sez. 2, 17/01/2018, n. 1018), non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. La liquidazione disposta dalla Corte di Perugia in complessivi Euro 252,00, opera, invece, senza dare alcuna adeguata motivazione, una globale determinazione dei compensi, in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui alla tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tenuto conto del valore della causa (da Euro 0,00 ad Euro 1.100,00), pur applicata la riduzione massima in ragione della speciale semplicità dell’affare D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4 (Euro 286,00: Euro 67,50 per la fase di studio; Euro 67,50 per la fase introduttiva; Euro 51,00 per la fase istruttoria; Euro 100,00 per la fase decisionale) (Cass. Sez. 6 – 3, 15/12/2017, n. 30286; Cass. Sez. 6 – L, 31/01/2017, n. 2386; Cass. Sez. 6 – 1, 16/09/2015, n. 18167). Ricorrendo, peraltro, l’ipotesi di assistenza e di difesa di più parti comportante l’esame di identiche questioni e posizioni, deve anche essere motivato l’eventuale diniego dell’aumento affidato al potere discrezionale del giudice dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 cit., art. 4, comma 2, come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37.

Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020

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