LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6277 – 2019 R.G. proposto da:
C.M.A. – c.f. CLGMNT59M65E233E – elettivamente domiciliata in Roma, alla via Monte Zebio, n. 19, presso lo studio dell’avvocato Riccardo Restuccia che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Francesco Suria la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. 80184430587 – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.
CONTRORICORRENTE avverso il decreto della corte di appello di Messina n. 1222 dei 18.10/18.12.2018, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 luglio 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete, MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex lege n. 89 del 2001, alla corte d’appello di Messina depositato in data 28.5.2018 C.M.A. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio da ella promosso innanzi alla sezione lavoro del tribunale di Messina, iscritto al n. 3533/2012 r.g. e definito – in un unico grado – in cinque anni, tre mesi e ventiquattro giorni.
Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle un equo indennizzo.
Con decreto dei 20/21.6.2018 il consigliere designato rigettava il ricorso.
2. C.M.A. proponeva opposizione.
Resisteva il Ministero della Giustizia.
Con decreto 1222/2018 la corte di Messina rigettava l’opposizione.
3. Avverso tale decreto ha proposto ricorso C.M.A.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
4. Il relatore ha formulato proposta di manifesta fondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
5. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 2 bis e 2 ter, nonchè dell’art. 6, par. 1, della C.E.D.U..
Deduce che l’interpretazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 ter, recepita dalla corte di Messina non è condivisibile.
6. Il ricorso è fondato e va accolto.
6.1. Questa Corte di legittimità non ha motivo per disattendere il proprio insegnamento.
Ovvero l’insegnamento a tenor del quale, in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2ter, , secondo cui detto termine si considera comunque rispettato se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni, costituisce norma di chiusura che implica una valutazione complessiva del giudizio articolato nei tre gradi, e non opera, perciò, con riguardo ai processi che si esauriscono – è il caso di specie – in unico grado (cfr. Cass. 6.11.2014, n. 23745; Cass. 28.9.2015, n. 19175).
6.2. Conseguentemente non può esser avallata l’opzione esegetica patrocinata dalla corte di merito, alla cui stregua la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2ter, (“si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni”) è da interpretare, siccome reso evidente dall’avverbio “comunque”, nel senso “di considerare congruo, se contenuto entro i sei anni, il tempo di svolgimento di un giudizio dal suo inizio fino all’irrevocabilità del provvedimento definitorio, e ciò a prescindere dal numero dei gradi o delle fasi in cui esso si sia svolto” (così decreto impugnato, pag. 5).
Al contempo non ha valenza ai fini de quibus il rilievo del controricorrente, secondo cui, se si prende “a riferimento il caso relativo a procedimento articolatosi in tre gradi, ben difficilmente la norma richiamata (ossia l’art. 2 cit., comma 2ter,) potrebbe trovare concreta applicazione” (così controricorso, pag. 3).
In questo quadro viceversa è plausibile l’argomento della ricorrente (cfr. pag. 4) alla cui stregua l’interpretazione della corte messinese rende inutile la previsione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis, nella parte in cui prefigura termini massimi di durata per ogni grado o fase del giudizio (“si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1, se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità”).
7. In accoglimento del ricorso il decreto della corte di appello di Messina n. 1222 dei 18.10/18.12.2018 va cassato con rinvio – anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità – alla stessa corte in diversa composizione.
All’enunciazione – in ossequio al disposto dell’art. 384 c.p.c., comma 1 – del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 23745/2014 e n. 19175/2015 dapprima citati.
8. Non sussistono i presupposti perchè la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Invero, ed a prescindere dall’accoglimento del ricorso, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001, sicchè è inapplicabile il D.P.R. cit., art. 13, comma 1 quater, (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto della corte di appello di Messina n. 1222 dei 18.10/18.12.2018, rinvia alla stessa corte in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2020