LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 18348/2018 proposto da:
M.F., Z.F., elettivamente domiciliati in Roma alla via A. Gramsci n. 14, presso lo studio dell’AVVOCATO FEDERICO HERNANDEZ che li rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO SERGIO CALVETTI;
– ricorrente –
contro
B.M., C.D., D.M.E., R.D., R.F., elettivamente domiciliati in Roma, alla via E. Mizzi, n. 19 presso lo studio dell’AVVOCATO NICOLA CORTEGGIANO che li rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO ANNA D’AGOSTINO;
– controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 00798 del 31/03/2018 della Corte di Appello di Venezia;
Udito nella camera di consiglio dell’adunanza camerale non partecipata del 17/09/2019 il consigliere Dott. Cristiano Valle.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello Venezia con sentenza n. 00798 del 31/03/2018, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, rigettava l’opposizione a monitorio proposta da M.F. e Z.F. avverso il decreto ingiuntivo n. 2311 del 2012 e riconosceva il subingresso di C.D., R.F., d.M.E., B.M. nelle ragioni di credito della Banca di Santo Stefano Credito Cooperativo nei confronti di M.F. e Z.F., “nei limiti della parte di obbligazione che non deve restare definitivamente a carico dei surrogati”.
La vicenda per cui è causa nasce da una fideiussione prestata dal Banco di Credito Cooperativo Santo Stefano in favore della banca Monte dei Paschi di Siena S.a. di ***** anche su istanza di M.F. e Z.F. in una a C.D., R.F. R.D., B.M. ed D.M.E., nonchè Ca.Lu. e D.M.M. e dall’escussione della fideiussione da parte della banca estera, con conseguente necessità di recuperare gli importi erogati per il creditore bancario nazionale.
A tanto il Banco di Santo Stefano procedeva mediante domanda monitoria, accolta dal Tribunale di Venezia, che ingiungeva il pagamento della somma di oltre Euro trecentoquarantamila a C., R.D., B. e D.M.E. e della minore somma di oltre Euro trecentotrentunomila a M., Z. Ca. e d.M.M..
Proposte separate opposizioni al monitorio da parte di M. e Z. da un lato e degli altri condebitori C.D., D. e R.F., B.M. e D.M.E. dall’altra, questi stipulavano una transazione con Banco di Santo Stefano Credito Cooperativo ed intervenivano, quindi, all’udienza del 25/09/2013, nella causa civile derivante dall’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da M. e Z., depositavano la transazione chiedevano che ne fosse estromesso dal giudizio il Banco di Santo Stefano, facendone proprie le domande.
Alla successiva udienza del 11/12/2013 il M. e lo Z. depositavano dichiarazione con la quale ai sensi dell’art. 1304 c.c. affermavano di voler profittare della transazione.
Il tribunale provvedeva estromettendo il Banco di Santo Stefano e con successiva sentenza revocava il decreto ingiuntivo n. 2311/2012.
La Corte di appello di Venezia, adita dal C., dai R. dal D.M. e dalla B. riformava la pronuncia di prime cure nel senso sopra riportato.
Avverso la pronuncia della Corte territoriale ricorrono con quattro motivi Z.F. e M.F..
Resistono con controricorso C.D., R.F., R.D., d.M.E., B.M..
I ricorrenti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale. Il P.G. non ha formulato conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso deducono violazione o falsa applicazione dell’art. 1304 c.c. e dell’elaborazione giurisprudenziale in materia; violazione o falsa applicazione degli artt. 1954 e 1203 c.c.; nullità della sentenza per mancata individuazione del comando giudiziale; violazione o falsa applicazione dell’art. 117 t.u.b.
Il primo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
Inammissibile in quanto non riporta il testo del contratto di transazione ed afferma che la transazione fosse stata conclusa per l’intero debito.
Il mezzo è infondato laddove predica l’estinzione dell’intero debito, in quanto, come meglio di seguito esposto, la transazione prevedeva comunque che i transigenti conservassero le ragioni creditorie del soggetto estromesso dal giudizio.
Il secondo motivo è infondato in quanto assume violazione e falsa applicazione degli artt. 1203 e 1954 c.c., ritenendo che la Corte territoriale abbia mal applicato le dette due norme e comunque i principi desumibili da recente pronuncia di questa Corte (Cass. n. 18782 del 2017).
Il mezzo è infondato e non si confronta con la ragione del decidere espressa dalla sentenza in scrutinio, che ha, sulla base del testo della transazione affermato (alle pagg. 14 e 15): “la transazione è stata stipulata con tutte le sue clausole, e gli odierni appellati, aderendovi, l’hanno accettata nella sua complessità…il loro subingresso nelle ragioni del creditore e nei confronti degli odierni appellati costituiva uno degli aspetti decisivi della transazione, perchè consentiva agli odierni appellanti di subentrare nel processo nelle ragioni del creditore nei confronti degli odierni appellati”, concludendo che andava riconosciuto il diritto degli appellanti C., D.M. R. e B. a surrogarsi, così come concordato all’art. 1, punto 3 della transazione nei diritti di credito solidale siccome vantato anche nei confronti dei signor M.F. e Z.F. in forza dei titoli per i quali è stato emesso il decreto ingiuntivo n. 2311/2012.
La detta ragione decisoria non è incrinata dal secondo mezzo ed è coerente alla previsione contrattuale intercorsa tra le parti, nè l’adesione alla transazione da parte del M. e dello Z. poteva avere effetti sulla diversa volontà delle altre parti.
Giova peraltro, confermare, con riguardo all’interpretazione di questa Corte sugli artt. 1946 e 1954 c.c. che (Cass. n. 07243 del 16/11/2017 e n. 08605 del 06/05/2004, quest’ultima richiamata dalla stessa difesa dei ricorrenti) sia il fideiussore nel caso di garanzie fideiussorie plurime e sia il confideiussore che abbiano soddisfatto il creditore restano surrogati nei diritti che il creditore aveva nei confronti degli altri fideiussori.
La sentenza della Corte territoriale di Venezia ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza in tema di surroga ed ha logicamente interpretato la volontà dei contraenti trasfusa nella transazione.
Il terzo motivo, che assume nullità della sentenza d’appello per indeterminatezza del comando giudiziale, è infondato.
Il comando giudiziale è esplicitato chiaramente nel dispositivo del provvedimento che riconosce il diritto di surroga dei transigenti originari nei confronti del M. e dello Z. e con riferimento al diritto di credito originariamente spettante nei loro (dei transigenti) confronti al Banco di Santo Stefano nei limiti residui che non sono rimasti a definitivo carico degli stessi surrogati. La sentenza richiamata dalla difesa dei ricorrenti (Sez. U n. 11066 del 2012) si riferisce ad ipotesi di indeterminatezza del credito in fase esecutiva e non si attaglia alla fattispecie in esame.
Il quarto motivo è inammissibile, non individuandosi quale sarebbe l’atto scritto omesso e che doveva essere redatto in forma scritta sotto pena di nullità, e ciò pur aderendosi alla tesi del rilievo d’ufficio delle nullità fatto proprio da questa Corte a partire dal 2014 (Sez. U n. 26242 del 12/12/2014) anche in fase d’impugnazione (di recente Cass. n. 13607 del 21/05/2019).
Il ricorso è, pertanto, infondato.
Il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 8.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione sezione terza civile, il 17 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020
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