Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.116 del 08/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16235/2019 proposto da:

H.M.B., elettivamente domiciliato in Roma Via Otranto, 12, presso lo studio dell’avvocato Grispo Marco, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Comm. Terr. Ric. Prot. Int. Ancona, Ministero Dell’Interno, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2825/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/11/2020 da Dott. MELONI MARINA.

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Ancona con sentenza in data 4/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale in ordine alle istanze per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona avanzate da H.M.B. nato in *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese perchè minacciato di morte dai sostenitori e seguaci del partito politico avversario al quale egli aderiva, numericamente inferiore a quello governativo e di essere arrivato in Italia dopo una permanenza di circa due anni in Libia. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il Giudice Territoriale non aveva ravvisato i presupposti per la concessione della protezione umanitaria. Il ricorso è inammissibile.

Anzitutto occorre premettere che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un ” fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.

Nella fattispecie la Corte d’Appello ha motivato adeguatamente la decisione mentre la ricorrente non ha indicato qual è il fatto storico che il giudice ha omesso di esaminare.

Il ricorso proposto contiene una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, si risolve nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Le critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale territoriale si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento.

Con il ricorso per cassazione la parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poichè la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria il motivo si rileva inammissibile in quanto censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato. Con riguardo poi alle violenze subite nel paese di transito prima dell’arrivo in Italia, ossia in Libia, si deve ribadire che “nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide. Il paese di transito potrà tuttavia rilevare (dir. UE n. 115 del 2008) nel caso di accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale paese” (Cass. 15 maggio 2019, n. 13096; 6 dicembre 2018, n. 31676; 20 novembre 2018, n. 29875); di contro, la doglianza sul punto è inammissibile per difetto di specificità.

Infine, avendo la Corte di appello negato l’esistenza di speciali condizioni di vulnerabilità, tale conclusione non può essere sovvertita richiamando la situazione del paese di origine del ricorrente poichè la condizione di vulnerabilità deve essere sempre correlata a elementi legati alla vicenda personale del richiedente, apprezzata nella sua individualità e concretezza (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455).

Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla deve disporsi in punto di spese processuali, stante la mancata costituzione del Ministero.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto che sussistono nella specie i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021

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