LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 09784/2019 proposto da:
N.K., elettivamente domiciliato in Roma, Via della Giuliana, n. 32, presso lo studio dell’avvocato Gregorace Antonio, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione Internazionale, Ministero Dell’interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4119/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/11/2020 da Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.
FATTI DI CAUSA
N.K., di nazionalità *****, ha proposto domanda di riconoscimento della protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria innanzi al Tribunale di Milano, impugnando la decisione di rigetto della Commissione territoriale. Il giudice di primo grado ha respinto la domanda con sentenza impugnata davanti alla Corte di appello di Milano la quale, con la pronunzia indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello del N.K..
La Corte di appello ha evidenziato che il racconto del richiedente, anche a volerlo ritenere credibile, aveva messo in evidenza che il N.K. aveva abbandonato il paese d’origine per ragioni di natura personale, non sussumibili nelle ipotesi di persecuzione che fanno da sfondo alla protezione internazionale. Secondo la Corte di appello difettavano, parimenti, i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non risultando dalle fonti ufficiali consultate e specificamente indicate, nè emergendo direttive da parte dell’UNCHR.
Non potevano infine dirsi esistenti i requisiti per il rilascio del permesso umanitario non essendo stata allegata alcuna situazione di vulnerabilità anche temporanea, anche in relazione al precario lavoro svolto in Italia Il N.K. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, al quale non ha resistito il Ministero dell’interno, costituitosi tardivamente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione della dir. 2004/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007. La Corte di appello avrebbe omesso di svolgere un ruolo attivo nell’istruttoria della domanda, tralasciando di indicare i documenti che avrebbe dovuto allegare per dimostrare la fondatezza delle domande e sottraendosi all’obbligo del soccorso istruttorio.
La censura è inammissibile, ove si consideri che il giudice di appello non ha ritenuto implausibili le dichiarazioni del richiedente, semmai escludendo che le stesse integrassero i presupposti per il riconoscimento della protezione richiesta. Sicchè il vizio prospettato dal ricorrente è disancorato dalla motivazione resa dalla Corte di appello.
Con il secondo motivo si deduce il vizio di omesso esame delle dichiarazioni del richiedente e delle allegazioni concernenti le condizioni del paese di origine. Secondo il ricorrente la Corte di appello avrebbe tralasciato di esaminare le notizie in ordine alla reale situazione del Togo risultante da organi di stampa e dal sito ufficiale del Ministero degli esteri.
La censura è inammissibile in relazione alle contestazioni generiche operate rispetto alle valutazioni che la Corte di appello ha espresso per escludere che la situazione del Togo potesse inquadrarsi in un fenomeno di violenza generalizzata derivante da conflitti armati capaci di cagionare danno grave alla popolazione e da giustificare la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Valutazioni che il ricorrente contesta sulla base di richiami a fonti informative che non contengono nemmeno indicazioni tali da far ritenere che il giudizio della Corte di appello sia fondato su elementi non considerati o non puntualmente esaminati o sulla base di paradigmi disancorati dalle fonti internazionali compulsate.
Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione al peggioramento delle condizioni generali del Togo che avrebbero dovuto giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria.
Il motivo è inammissibile, scontrandosi con gli accertamenti di fatto, insindacabili in questa sede, compiuti dal giudice di appello in ordine alla situazione del Togo dalla quale proveniva il richiedente.
Con il quarto motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6, rilevando che la situazione politica del Togo avrebbe dovuto giustificare la condizione di vulnerabilità del richiedente e dunque consentirei I riconoscimento del permesso umanitario.
Tale censura si scontra con la motivazione della Corte di appello – corretta in diritto – fondata su specifici profili valutativi che hanno condotto il giudicante ad escludere la condizione di vulnerabilità in capo al richiedente, considerando che il predetto non aveva fornito gli elementi per giustificare una situazione di vulnerabilità. Affermazione che il ricorrente nemmeno ha contestato affermando, erroneamente, che il giudice di appello non avrebbe considerato il grado di integrazione sociale del richiedente che, per converso, la Corte ha specificamente ponderato, evidenziandone la non decisività in relazione al carattere non stabile dell’inserimento del ricorrente nel mondo del lavoro.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021