Interdizione legale, competenza territoriale, ultima residenza anagrafica, eccezione

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.12952 del 13/05/2021

Pubblicato il
Interdizione legale, competenza territoriale, ultima residenza anagrafica, eccezione

La competenza del giudice tutelare nei confronti del condannato in stato di interdizione legale – da individuare al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna e destinato a non subire mutamenti in coincidenza di trasferimenti restrittivi del reo, secondo l’art. 5 c.p.c. – si determina sulla base dell’ultima residenza anagrafica anteriore all’instaurazione dello stato detentivo, salvo che risulti provato, in contrario alla presunzione di coincidenza con detta residenza, un diverso domicilio, quale centro dei suoi affari ed interessi, non identificabile, però, in sè, nel luogo in cui è stata eseguita la pena detentiva, che non viene dal medesimo prescelto.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per conflitto di competenza iscritto al n. R.G.

19475/2020 sollevato dal Tribunale di Prato con ordinanza n. R.G.

1875/2017 del 5/12/2017 nel procedimento vertente tra:

S.G. da una parte, REGOLAMENTO DI COMPETENZA D’UFFICIO dall’altra;

– ricorrenti –

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Dott. CAMPESE EDUARDO;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA che chiede dichiararsi la competenza del giudice tutelare del Tribunale di Teramo.

FATTI DI CAUSA

1. Il giudice tutelare del Tribunale di Prato ha richiesto il regolamento di competenza, ex art. 45 c.p.c., in seguito alla trasmissione al suo ufficio, da parte del giudice tutelare del Tribunale di Teramo, degli atti riguardanti la tutela dell’interdetto legale S.G. (nato in Albania il *****), detenuto nella casa circondariale di Prato, ritenendosi incompetente in favore del Tribunale di Teramo, risultando il predetto residente in Teramo, alla *****, e richiamando le pronunce rese da Cass. n. 20471 del 2015 e Cass. n. 1631 del 2016, secondo cui ove la persona della cui tutela si tratta si trovi in stato di detenzione in esecuzione di sentenza definitiva, la sede principale degli affari e degli interessi dell’interdetto coincide con il luogo di ultima dimora abituale dello stesso prima dell’inizio dello stato detentivo.

1.1. L’interdetto non ha svolto attività difensiva.

1.2. Il Pubblico Ministero ha concluso per la declaratoria di competenza territoriale del giudice tutelare presso il Tribunale di Teramo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è ammissibile.

1.1. Secondo l’art. 45 c.p.c., sul “conflitto di competenza”, quando, dopo il provvedimento declaratorio della incompetenza del giudice adito per ragione di materia o per territorio inderogabile, la causa “nei termini di cui all’art. 50 è riassunta davanti ad altro giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d’ufficio il regolamento di competenza”.

1.2. La lettera della norma, perchè sussista conflitto negativo virtuale di competenza, da risolvere con il regolamento d’ufficio secondo la fattispecie delineata dall’art. 45 c.p.c., richiede, dunque, alcuni presupposti: i) che un giudice, preventivamente adito, si ritenga e si dichiari incompetente, indicando altro giudice competente; ii) che il secondo giudice, indicato dal primo, sia investito dello stesso processo nell’unico modo previsto dell’art. 45 c.p.c., comma 2, e cioè con la riassunzione nei termini dell’art. 50 c.p.c., ad opera della parte; che il secondo giudice, ritenendosi a sua volta incompetente, prevenga il conflitto reale sollevando regolamento d’ufficio (sulla base, quindi, di un conflitto negativo virtuale).

1.3. Nonostante la lettera della norma, tuttavia, risulta superato l’orientamento secondo cui il potere di richiedere d’ufficio il regolamento di competenza presuppone necessariamente che il secondo giudice, indicato come competente, sia investito della stessa controversia con la riassunzione.

1.3.1. Si è, infatti, consolidato l’orientamento opposto, secondo cui, nei procedimenti in cui è richiesto un intervento d’ufficio del giudice, la mera trasmissione del fascicolo processuale da un Ufficio giudiziario ad un altro, con finalità dismissive della propria ed attributive ad altri della competenza giurisdizionale, legittima l’Ufficio che abbia ricevuto gli atti, ove si ritenga a sua volta incompetente, a sollevare conflitto di competenza e chiedere il regolamento d’ufficio (cfr. Cass. n. 12453 del 2017; Cass. n. 8875 del 2013; Cass. n. 2877 del 2011; Cass. n. 2877 del 2005; Cass. n. 2765 del 2002; Cass., SU, n. 7194 del 1999).

2. Tanto premesso, nella specie deve affermarsi la competenza del giudice tutelare presso il Tribunale di Teramo.

2.1. Invero, ai sensi dell’art. 19 c.p., comma 1, n. 3, e dell’art. 32 c.p., chi sia condannato all’ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato d’interdizione legale; l’art. 19 c.p., comma 3, dispone, poi, che a questa si applicano le norme in tema di interdizione giudiziale previste dalla legge civile, vale a dire gli artt. 424 c.c. e ss.; inoltre, l’art. 662 c.p.p., stabilisce che, nel caso previsto dal citato art. 32 c.p., “il Pubblico Ministero trasmette l’estratto della sentenza al giudice civile competente”.

2.1.1. Sotto questo profilo, l’art. 424 c.c., comma 1, prevede che le disposizioni sulla tutela dei minori – ovvero, gli artt. 343 c.c. e ss. – si applichino anche alla tutela degli interdetti, mentre, giusta l’art. 343 c.c., la tutela si apre presso il tribunale del circondario dove è la “sede principale degli affari e interessi” del soggetto tutelato – che costituisce la nozione di domicilio – stabilendosi inoltre che, se il tutore è domiciliato o se trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi trasferita, con decreto del tribunale.

2.1.2. Infine, l’art. 45 c.c., comma 3, dispone che “l’interdetto ha il domicilio del tutore”. Peraltro, quando il tutore non è stato ancora nominato, si pone il problema della individuazione del giudice competente tenuto conto della sede principale degli affari e interessi del detenuto.

2.2. Ciò posto, il giudice tutelare, competente per l’interdetto condannato a pena detentiva, potrebbe essere alternativamente, in astratto, determinato: a) nel luogo dell’ultima residenza anagrafica (o, se sussista la prova della diversa sede, dell’ultimo domicilio); b) nel luogo in cui è sito il carcere ove il reo sia internato in esecuzione della condanna comportante la pena accessoria.

2.2.1. Sulla base di tale disciplina la prima soluzione appare quella corretta.

2.2.2. Il collegio reputa convincente, invero, l’orientamento, ormai consolidatosi (cfr. Cass. n. 17540 del 2020; Cass. n. 2075 del 2020; Cass. n. 324 del 2020; Cass. n. 28997 del 2017; Cass. n. 12453 del 2017; Cass. n. 1631 del 2016; Cass. n. 6422 del 2016, non massimata; Cass. n. 20471 del 2015; Cass. n. 15776 del 2014, non massimata; Cass. n. 109 del 2014; Cass. n. 10373 del 2013; Cass. n. 8875 del 2013; Cass. n. 588 del 2008; Cass. n. 17235 del 2006), secondo cui, ai fini dell’attribuzione della competenza sulla tutela dell’interdetto legale al tribunale del luogo in cui è la sede principale degli affari ed interessi, rileva in concreto il criterio della residenza anagrafica, quale dato presuntivo della collocazione geografica di quei rapporti ed interessi: criterio superabile, come è proprio delle presunzioni, in presenza di prova contraria. Ciò perchè “il giudice competente per la apertura della tutela dell’interdetto è indicato dalla legge nel giudice tutelare presso il tribunale del circondario ove è la sede principale degli alla ri e interessi dell’interdetto (artt. 343 e 424 c.c.” e “tale definizione normativa, che richiama la nozione di domicilio (art. 43 c.c., comma 1), deve tuttavia, nel caso in cui la persona della cui tutela si tratta si trovi in stato di detenzione in esecuzione di sentenza definitiva, intendersi riferita al luogo di ultima dimora abituale (ossia di residenza: art. 43 c.c., comma 3) prima dell’inizio dello stato detentivo, inapplicabile apparendo il criterio del domicilio che presuppone l’elemento soggettivo del volontario stabilimento”.

2.2.3. Il descritto orientamento si fonda, oltre che sugli indici normativi menzionati, sull’argomento teleologico, secondo cui si soddisfa così l’esigenza “d’individuare un criterio di radicamento della competenza dotato d’intrinseca stabilità, sufficientemente predeterminabile e non soggetto a mutamenti frequenti quali quelli derivanti dalle decisioni di natura pubblicistica, prevalentemente svincolate dalle esigenze o dalla volontà del detenuto, relative ai mutamenti di ubicazione della casa circondariale ove scontare la pena”. Si deve, infatti, considerare che, pur essendo fattuali le nozioni di domicilio e di residenza, la ricerca è agevolata dal ricorso alla cd. residenza amministrativa anagrafica (ed alla disciplina sul trasferimento di residenza ex. art. 44 c.c.), che ha rilievo preminente ed è idonea a fondare la presunzione semplice di coincidenza con il vero luogo di dimora abituale, pur superabile con ogni mezzo di prova contraria.

2.2.4. Trattandosi, con riguardo alla competenza giurisdizionale sulla tutela dell’incapace, di questione afferente il processo civile, trova applicazione l’art. 5 c.p.c., secondo cui il momento determinante della competenza ha riguardo alla legge vigente ed allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, restando irrilevanti i successivi mutamenti. In tal modo, la competenza viene individuata in modo sicuro e non soggetto a modifiche, neppure in presenza di successivi provvedimenti organizzativi delle modalità di espiazione della pena detentiva da parte del reo.

2.2.5. In definiva, il sistema normativo vigente conduce a ribadire il principio di diritto secondo cui la competenza del giudice tutelare nei confronti del condannato in stato di interdizione legale – da individuare al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna e destinato a non subire mutamenti in coincidenza di trasferimenti restrittivi del reo, secondo l’art. 5 c.p.c. – si determina sulla base dell’ultima residenza anagrafica anteriore all’instaurazione dello stato detentivo, salvo che risulti provato, in contrario alla presunzione di coincidenza con detta residenza, un diverso domicilio, quale centro dei suoi affari ed interessi, non identificabile, però, in sè, nel luogo in cui è stata eseguita la pena detentiva, che non viene dal medesimo prescelto.

2.3. Nella specie, deve ritenersi competente, dunque, il Tribunale di Teramo, dove, come risulta dal provvedimento che solleva il conflitto di competenza, S.G. aveva la sua residenza e dimora effettiva prima di essere ristretto in carcere, nè vi è alcuna evidenza di un suo diverso domicilio.

PQM

La Corte dichiara la competenza del Giudice Tutelare presso il Tribunale di Teramo.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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