Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.142 del 08/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 162-2020 proposto da:

A.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato TERESA VASSALLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3246/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/08/2019, R.G.N. 267/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/09/2020 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.

RILEVATO

CHE:

– A.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia depositata il primo agosto 2019, di reiezione dell’appello dal medesimo proposto avverso l’ordinanza ex art. 702 bis. c.p.c. del Tribunale che aveva respinto la sua domanda per il riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria;

– dall’esame della decisione impugnata emerge che a sostegno della domanda il richiedente aveva allegato che era originario del *****, che aveva avuto rilevanti dissidi di carattere ereditario con il proprio zio, fratello del padre, con cui conviveva, e che aveva lasciato il Paese di origine a seguito della aggressione perpetrata nei suoi confronti da persone che asseriva mandate dallo zio in correlazione con l’aver abbracciato la religione *****;

– il Tribunale ha disatteso l’istanza evidenziando che non sussistevano le condizioni per il riconoscimento delle protezioni internazionale e umanitaria richieste e la Corte ha condiviso le argomentazioni espresse;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– il Ministero dell’Interno ha presentato memoria al fine della eventuale partecipazione all’udienza ex art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo la parte ricorrente deduce genericamente il “difetto di istruttoria e la mancata valutazione complessiva degli elementi che erano a disposizione del giudice di prime cure” in ordine alla valutazione delle dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione;

– con il secondo motivo si allega il “difetto di motivazione sul punto di valutazione della credibilità presupposto fondamentale per la protezione internazionale”;

– con il terzo motivo si deduce la “violazione di legge errata interpretazione di legge sul punto del presupposto per la concessione della protezione residuale in termini di valutazione della vulnerabilità”;

– va preliminarmente rilevato come i tre motivi siano formulati in modo inammissibile sotto il profilo del rispetto dei canoni di cui all’art. 366 c.p.c.;

– tale ultima norma, infatti, nell’interpretazione di legittimità, (cfr., ex plurimis, Cass. n. 17724 del 18/08/2020) declina il principio di specificità di cui al comma 1, n. 4, nel richiedere per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonchè l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia;

– nessuna rubrica risulta indicata nei motivi proposti tanto che appare di difficile intellegibilità la disposizione cui essi siano rispettivamente ancorati;

– questo porta all’inammissibilità del ricorso in quanto privo dei requisiti minimi di forma e contenuto propri del ricorso per cassazione, non essendo articolato in motivi;

– è jus receptum che, essendo il giudizio di cassazione un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, i singoli motivi assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore;

– ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formula sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi (Cass. SU 24 luglio 2013, n. 17931; Cass. 20 ottobre 2014, n. 22141; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202);

– nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021

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