LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 721-2020 proposto da:
S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PAMPHILI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE GIURATRABOCCHETTA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 347/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 28/05/2019 R.G.N. 577/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.
RILEVATO
CHE:
1. con sentenza 28 maggio 2019, la Corte d’appello di Potenza rigettava l’appello proposto da L.S., cittadino *****, avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza (di reiezione del suo ricorso avverso il provvedimento della competente Commissione Territoriale, che gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria), pure revocandogli l’ammissione in via anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato;
2. preliminarmente ravvisata l’ammissibilità dell’appello in punto tempestività e ribaditi i suoi limiti devolutivi, la Corte territoriale riteneva, in difetto di specifica censura del richiedente, l’incontrovertibilità del giudizio di inattendibilità della sua vicenda personale (di abbandono della regione di Caramance del Senegal per timore dei ribelli, che lo avevano tenuto prigioniero per tre giorni nella foresta), espresso dal Tribunale, in giudicato ed in ogni caso, anche volendone accreditare la credibilità, l’inesistenza di una situazione di instabilità politico-sociale e di violenza indiscriminata sui civili (sulla base delle informazioni attinte dalle fonti internazionali aggiornate, puntualmente indicate), ai fini di riconoscimento della protezione sussidiaria e così pure di vulnerabilità, in funzione della protezione umanitaria subordinatamente richiesta, secondo la disciplina sostanziale anteriore al D.L. n. 113 del 2018, applicabile ratione temporis, per l’irretroattività della legge sostanziale, non derogata dal D.L. citato;
3. con atto notificato il 10 (13) dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con tre motivi; il Ministero dell’Interno, ritualmente intimato, non svolgeva difese.
CONSIDERATO
CHE:
1. il ricorso appare tempestivo per l’applicabilità della sospensione feriale, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, comma 14 (introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1 conv. con mod. in L. n. 46 del 2017), secondo la disciplina transitoria dell’art. 21, comma 1, D.L. cit.,” ai giudizi introdotti successivamente al 18 agosto 2017: con la conseguenza che, per la proposizione del ricorso per cassazione, come appunto quello di specie, avverso le sentenze di appello rese su ricorsi originariamente introdotti anteriormente a quella data, si applica la precedente disciplina, anche riguardo alla sospensione dei termini durante il periodo feriale (Cass. 21 giugno 2018, n. 16420; Cass. 5 settembre 2019, n. 22304; Cass. 27 novembre 2014, n. 30970; Cass. 13 marzo 2020, n. 7159);
2. il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c., per non avere la Corte territoriale ritenuto impugnato il capo dell’ordinanza del Tribunale relativo alla valutazione di inattendibilità del ricorrente, invece oggetto di espressa doglianza come risultante dalle parti dell’atto d’appello debitamente trascritte (primo motivo);
3. il motivo è inammissibile;
4. al di là della non corretta affermazione (al primo capoverso di pg. 9 della sentenza) di formazione di un giudicato sul giudizio di inattendibilità della vicenda personale narrata dal ricorrente in supposta assenza di impugnazione (potendo il giudicato interno formarsi solo su capi di sentenza autonomi, che cioè risolvano una questione controversa avente una propria individualità ed autonomia, così da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente, ma non sui meri passaggi motivazionali, ossia sulle premesse logico-giuridiche della statuizione adottata, nè sulle valutazioni di meri presupposti di fatto che, unitamente ad altri, concorrano a formare un capo unico della decisione: Cass. 18 settembre 2017, n. 21566; Cass. 4 ottobre 2018, n. 24358), il mezzo non esprime un interesse giuridicamente tutelabile, identificabile nella concreta utilità derivante dalla rimozione della parte della pronuncia censurata (Cass. s.u. 19 maggio 2008, n. 12637; Cass. 18 febbraio 2020, n. 3991), posto che la Corte territoriale ha comunque, volendo attribuire credito ai fatti narrati dal richiedente (secondo capoverso di pg. 9 della sentenza), argomentato anche sulla insussistenza dei requisiti delle misure di protezione richieste;
5. il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione degli artt. 112,277 e 359 c.p.c., per omessa statuizione sull’intera domanda di protezione sussidiaria, formulata non soltanto ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale), su cui si è esclusivamente pronunciata la Corte territoriale, ma anche delle lettere a) (condanna a morte o esecuzione della pena di morte) e b) dell’articolo citato (tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine), previo l’esercizio, in funzione di cooperazione istruttoria, dei poteri istruttori officiosi per la verifica delle azioni tipiche dei ribelli della Camance, quali soggetti non statuali rispetto ai quali il Senegal non fornisce protezione adeguata (secondo motivo);
6. il motivo è infondato;
7. le due fattispecie normative previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) richiedono per la loro integrazione, diversamente da quanto disposto dalla successiva lett. c), che i rischi ai quali sarebbe esposto il richiedente in caso di rientro in patria siano “effettivi” (come richiesto dall’art. 2, comma 1, lett. g) dello stesso decreto), ossia individuali o almeno individualizzanti e non già configurabili in via meramente ipotetica o di supposizione (Cass. 19 giugno 2020, n. 11936);
7.1. al di là di un richiamo assolutamente generico ed astratto a tutte le ipotesi del D.Lgs. n. 257 del 2001, art. 14 nella formulazione della domanda, in via gradata, in primo grado (nei limiti delle conclusioni riportate al secondo capoverso di pg. 13 del ricorso) e reiterata nell’atto di appello (nei limiti riportati all’ultimo capoverso di pg. 13 del ricorso) e di quanto per la prima volta inammissibilmente dedotto, in difetto di alcun riferimento nè tanto meno trascrizione che ciò sia avvenuto nei precedenti gradi di merito, nell’odierno giudizio di legittimità (al primo periodo di pg. 16 del ricorso), l’allegazione del richiedente si è incentrata sull’ipotesi esclusiva di grave danno, consistente nella minaccia grave e individuale alla vita o persona propria derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)), in riferimento alla presenza di ribelli nella regione del Caramance qualificabile o meno come guerra civile: chiaramente evincibile dal tenore del primo motivo di appello (succintamente ma adeguatamente riportato al primo capoverso di pg. 6 della sentenza), alla luce delle trascritte dichiarazioni del predetto (da pg. 6 a pg. 8 della sentenza), con devoluzione pertanto della questione, esaustivamente esaminata dalla Corte territoriale, dell’attualità (esclusa) di un conflitto interno armato nella regione di Caramance del Senegal (dal terzo capoverso di pg. 9 all’ultimo di pg. 10 della sentenza);
7.2. a voler pure ritenere che lo straniero abbia davvero (e non solo formalmente) proposto una domanda di protezione sussidiaria anche ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non sussiste omessa pronuncia per il suo implicito rigetto (Cass. 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass. 13 agosto 2018, n. 20718), in assenza totale di allegazione dell’effettività dei rischi ai quali il richiedente sarebbe esposto in caso di rientro in patria, siccome individuali o almeno individualizzanti e non configurabili in via meramente ipotetica o di supposizione;
8. il ricorrente deduce infine violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 5 CEDU, artt. 2, 3, 10, 13 e 32 Cost., D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,27 e 32 per l’erroneo rigetto della subordinata domanda di protezione umanitaria e inosservanza del principio di non respingimento, senza neppure considerazione della vulnerabilità sanitaria del richiedente, nè della sua giovane età (terzo motivo);
9. il motivo è inammissibile;
10. esso consiste in una mera contestazione dell’accertamento in fatto e della valutazione probatoria operati dalla Corte territoriale con adeguata argomentazione (per le ragioni esposte dal penultimo capoverso di pg. 12 all’ultimo di pg. 16 della sentenza), insindacabile in sede di legittimità (Cass. 10 maggio 2011, n. 10177; Cass. 21 novembre 2018, n. 30105); pure con profili (in ordine alla vulnerabilità sanitaria, implicante un accertamento in fatto) di novità, non specificamente trattata dalla sentenza impugnata, nè indicata dal ricorrente come posta nel giudizio di merito e non esaminata, pertanto inammissibile (Cass. 22 dicembre 2005, n. 28480; Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804);
11. pertanto il ricorso deve essere rigettato, senza alcun provvedimento in ordine alle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto alcuna difesa e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535); assorbita ogni richiesta di illegittimità della revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (per il quale neppure questa Corte è competente, tale essendo, nei processi civili in relazione al giudizio di cassazione, il giudice del rinvio ovvero, per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio, il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato: Cass. s.u. 20 febbraio 2020, n. 4315).
PQM
La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2021