LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8171/2014 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
HOUSEHOLD COM PRESSORS HOLDING SPA, in Amministrazione Straordinaria (C.F.), già APPLIANCES COMPONENTS COMPANIES SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Friuli
– Venezia Giulia, n. 83/09/13, depositata il 5 novembre 2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 marzo 2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.
RILEVATO
CHE:
La società contribuente HOUSEHOLD COMPRESSORS HOLDING SPA (HCH), già APPLIANCES COMPONENTS COMPANIES SPA (ACC), ha impugnato alcuni avvisi di accertamento, relativi al periodo di imposta dell’esercizio 2004, con cui venivano riprese a tassazione IRES, IRAP e IVA. Le riprese facevano seguito a un PVC in data *****, con il quale si contestava l’indebita fruizione dell’affrancamento gratuito (senza applicazione dell’imposta sostitutiva) del riallineamento dei valori fiscali ai valori di bilancio derivanti dall’operazione di fusione per incorporazione della società Sole SPA, avente ad oggetto la produzione e commercializzazione di motori elettrici per elettrodomestici. L’Ufficio contestava l’erroneo avvalimento da parte della contribuente del regime dell’affrancamento gratuito, a termini del D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, art. 6, commi 2 – 4, pro tempore vigente in relazione a una precedente fusione avvenuta nel 2003, in cui il disavanzo da annullamento era stato allocato su asset della partecipata Sole SPA, nonchè contestava la mancata documentazione degli incrementi e decrementi del costo della partecipazione in capo ai precedenti possessori. L’Ufficio contestava, inoltre, che la società contribuente avesse acquistato indebitamente alcuni beni in sospensione di imposta D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 8, comma 2, non essendo gli acquisti coperti da dichiarazione di intento per il periodo in oggetto.
La CTP di Trieste ha accolto il ricorso e la CTR del Friuli Venezia Giulia, con sentenza in data 5 novembre 2013, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. La CTR ha rilevato – in relazione alla precedente fusione per incorporazione dell’esercizio 2003, dalla quale era già emerso un primo disavanzo da annullamento allocato sugli attivi della società obiettivo Sole SPA – che la contribuente ha validamente presentato una dichiarazione integrativa in rettifica nel 2006, non essendo applicabile a detta dichiarazione la decadenza di cui al D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis. Ha, inoltre, ritenuto la CTR che la società contribuente ha assolto all’onere di provare che i componenti positivi di reddito fossero stati precedentemente utilizzati dai precedenti soggetti che li detenevano. Quanto all’IVA, la CTR ha rilevato che – benchè la dichiarazione di intento coprisse il periodo di imposta sino al 15 dicembre 2004 e benchè si trattasse di merce consegnata in data *****, deve aversi riguardo alla data di consegna al vettore, coincidente con l’ultima data di validità della dichiarazione, non avendo al riguardo rilevanza la clausola CIF (franco destino), la quale attiene ai costi per il trasporto e all’assicurazione delle merci.
Propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi; la contribuente intimata, in Amministrazione Straordinaria, non si è costituita in giudizio.
CONSIDERATO
CHE:
1.1 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8-bis, e del D.Lgs. 8 ottobre 1007, n. 358, art. 6, nella parte in cui la CTR ha ritenuto correttamente indicato nella dichiarazione fiscale l’importo relativo all’affrancamento gratuito di cui al D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, comma 2, in relazione alla prima fusione dell’esercizio 2003, per effetto della presentazione della dichiarazione integrativa nell’anno 2006, ottenendo così il conseguente beneficio fiscale. Deduce il ricorrente che la presentazione della dichiarazione nel 2006 rispetto alla dichiarazione originaria (anno di imposta 2003), non ha rilievo, essendo stata presentata oltre il termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, nonchè a verifica iniziata. Deduce, inoltre, il ricorrente che la dichiarazione non costituisce dichiarazione di scienza ma dichiarazione di volontà, in quanto il contribuente dichiara di aderire a un determinato regime impositivo, osservando come il D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, comma 4, prevede che il regime di affrancamento gratuito debba essere richiesto con la dichiarazione del periodo di imposta in cui ha effetto la fusione.
1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo del giudizio e, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6. Sotto il primo profilo il ricorrente censura la sentenza impugnata che, pur avendo affermato in astratto la rilevanza di minusvalenze a riduzione dell’ammontare affrancabile, ha escluso tale circostanza in concreto, omettendo di valutare la circostanza che la documentazione prodotta da parte contribuente era largamente incompleta. Sotto questo profilo, parte ricorrente prende a riferimento la valutazione operata dalla CTR in relazione alla partecipazione posseduta dalla società Sirefid. Sotto il secondo profilo, il ricorrente deduce che il contribuente avrebbe l’onere di dimostrare che tutte le operazioni sarebbero state assoggettate a tassazione, quantificando tutti gli incrementi e i decrementi del costo della partecipazione rilevanti per i precedenti possessori, al fine di provare che, prima della fusione, tutte le precedenti cessioni abbiano generato operazioni già assoggettate a tassazione, ovvero abbiano generato minusvalenze patrimoniali in grado di ridurre la quota di disavanzo da annullamento allocata sulla partecipazione.
1.3 – Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 settembre 1972, n. 633, art. 6, comma 1, e art. 8, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’operazione in oggetto rientri nell’operatività della dichiarazione di intento ai fini del regime di sospensione IVA, benchè la merce, pur consegnata al vettore entro il termine di scadenza della dichiarazione di intento, sarebbe stata consegnata alla contribuente successivamente a tale data. Evidenzia il ricorrente che il momento impositivo dovrebbe farsi coincidere con la consegna della merce presso il magazzino della contribuente, sul presupposto che l’importazione sarebbe regolata in questo caso dalla clausola “franco destino”, con consegna in data ***** e fatturazione ancora successiva.
2 – Il primo motivo è fondato.
2.1 – Questa Corte ha già affermato il principio – a cui il collegio intende dare continuità – secondo cui la norma di cui al D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, commi 1 e 2, che consente l’affrancamento dal pagamento dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze derivanti da operazioni straordinarie, prevede “un obbligo procedurale a carico dei soggetti che intendono avvalersi dell’affrancamento del disavanzo (…) di manifestare tale volontà con la dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui ha effetto la fusione o la scissione” (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2019, n. 1099). Ciò discende sia dal fatto che gli effetti dell’affrancamento gratuito (senza versamento dell’imposta sostitutiva) sono previsti da un particolare regime normativo, sia dalla natura della dichiarazione con cui il contribuente dichiara di avvalersi di tale regime normativo, equiparabile a una dichiarazione di volontà, opzione che, una volta espressa, ovvero non esercitata, non è più revocabile (Cass., Sez. V, 8 giugno 2018, n. 14947). La natura di dichiarazione di volontà emerge dal disposto del D.Lgs. cit., art. 6, comma 4, ove dispone che “I soggetti che intendono avvalersi delle Disp. dei commi 1 e 2, devono chiederne l’applicazione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui ha effetto la fusione o la scissione. Restano ferme, in caso contrario, le disposizioni in materia di fusioni e di scissioni di società attualmente vigenti”, dalla cui norma risulta la natura opzionale attribuita alla scelta del contribuente che intenda sottrarsi alle disposizioni ordinarie pro tempore vigenti in materia di fusione.
2.2 – Il principio è, del resto, conforme a quello affermato da una costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in caso di dichiarazione di volontà (e non di scienza) vi è eccezione al principio della generale emendabilità delle dichiarazioni affette da errore quali le dichiarazioni dei redditi (Cass., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 7294; Cass., Sez. V, 29 novembre 2019, n. 31237), come in caso di opzione dell’utilizzo o meno delle perdite di esercizio verificatesi negli anni pregressi (Cass., Sez. V, 21 febbraio 2019, n. 5105; Cass., Sez. V, 25 giugno 2019, n. 16977; Cass., Sez. V, 18 gennaio 2019, n. 1325). Questo principio viene applicato anche in caso di omissione nella relativa dichiarazione di volontà, nei quali casi la dichiarazione non è più emendabile salvo che, nel rispetto delle regole di distribuzione della prova il contribuente dimostri l’essenzialità e obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi dell’art. 1427 c.c. e ss., (Cass., Sez. V, 23 novembre 2018, n. 30404; Cass., Sez. V, 12 gennaio 2018, n. 610; Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2018, n. 25596).
2.3 – La CTR, nel dare rilievo alla dichiarazione integrativa del 2003, proposta in data ***** (peraltro, tre giorni prima della redazione del PVC), al fine di considerare validamente esercitata l’opzione per il regime di cui al D.Lgs. n. 358 del 1997, art. 6, commi 1 e 2, di cui al medesimo art., comma 4, in relazione alla fusione avvenuta nel 2003, non ha fatto buon uso dei suddetti principi, non potendosi dare rilievo alla suddetta dichiarazione integrativa. La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio alla CTR.
3 – Il secondo motivo, rispetto al quale vanno valutati congiuntamente entrambi i profili denunciati, è fondato nei termini che seguono.
3.1 – La CTR, come rileva il ricorrente, dopo avere dato atto di carenze documentali, in particolare in relazione alla posizione di Sirefid (“carenza degli elementi richiesti per la valida formalizzazione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio”), ha affermato che l’assenza di documentazione non possa comportare di per sè l’esclusione dell’affrancabilità gratuita in relazione ai maggiori valori iscritti per effetto dell’imputazione del disavanzo da annullamento (“non è però possibile (…) ritenere a contrariis che l’assenza (…) di anche una sola documentazione (…) debba venire meccanicisticamente a comportare l’esclusione totale e assoluta (…) del disavanzo di annullamento affrancabile in esenzione di imposta”), giungendo all’accertamento che la contribuente ha dato dimostrazione che le componenti positive di reddito utilizzate erano state realizzate dai soggetti che detenevano la partecipazione.
3.2 – Così operando, la CTR ha violato il disposto del D.Lgs. cit., art. 6, commi 2 e 3, che consente l’affrancamento gratuito dei maggiori valori iscritti, sui quali il disavanzo da annullamento è stato allocato, nel caso in cui tali valori abbiano generato plusvalenze (diminuite delle eventuali minusvalenze) che abbiano concorso alla formazione del reddito di chi ha posseduto la partecipazione in epoca anteriore all’annullamento delle quote o azioni. La disposizione del medesimo art., art. 6, comma 3, mira, con tutta evidenza, ad evitare in via eccezionale il fenomeno della doppia imposizione, ancorchè meramente economica, che si verificherebbe nel caso in cui i maggiori valori oggetto di affrancamento, fossero già stati indicati dai precedenti possessori, contribuendone a formare l’imponibile. E’ in questo caso che può ritenersi escluso un nuovo assoggettamento a tassazione dei medesimi maggiori attivi, così riconoscendosi al conferitario l’avvenuto assolvimento delle imposte da parte dei precedenti possessori.
Deve, pertanto, ritenersi che sia onere della contribuente, ove intenda usufruire del particolare regime dell’affrancamento gratuito da annullamento allocato sui valori della partecipata, dare prova di tutte le operazioni eseguite in precedenza (e non solo di alcune), al fine di provare che i componenti positivi di reddito relativi alle quote annullate siano già stati assoggettati a tassazione da parte dei precedenti possessori. La sentenza impugnata non si è attenuta ai suindicati principi e va cassata.
4 – Il terzo motivo è infondato.
4.1 – La dichiarazione di intento regge il regime di sospensione IVA, sul presupposto della sussistenza sia della condizione soggettiva del contribuente, sia di quella oggettiva della esistenza del plafond, per il solo fatto che il contribuente dichiari di versare nelle condizioni previste dalla legge, essendo inibita l’applicazione del regime sospensivo unicamente in caso di assenza dei requisiti sostanziali per la sua fruizione (Cass., Sez. V, 5 novembre 2020, n. 24706; Cass., Sez. V, 5 aprile 2019, n. 9586; Cass., Sez. V, 10 ottobre 2019, n. 25485).
4.2 – Parimenti, ai fini del verificarsi del fatto generatore del momento impositivo – in caso di cessione di beni mobili – deve attribuirsi rilievo al momento della consegna o spedizione dei beni a termini del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 1, considerandosi a tale data l’imposta esigibile (D.P.R. cit., art. 6, comma 5; Dir. n. 77/388/CEE, art. 10, par. 2, conf. Dir. n. 2006/112/CE, art. 63: Cass., Sez. V, 22 maggio 2015, n. 10606; Cass., Sez. V, 16 dicembre 2011, n. 27141), data alla quale sorge contestualmente il diritto alla detrazione (sesta Dir., art. 17, comma 1, Dir. n. 2006/112/CE, art. 167: Corte di Giustizia UE, 12 novembre 2020, ITH, C734/19, punto 31; Corte di Giustizia UE, 28 febbraio 2018, Imofloresmira, C-672/16, punto 35).
4.3 – Nella specie, risulta che alla data in cui la contribuente usufruiva della dichiarazione di intento (15 dicembre 2004), la merce era stata presa in consegna da parte del vettore, circostanza in relazione alla quale la CTR ha ritenuto, da un lato, verificatosi il momento traslativo della proprietà e, dall’altro, ha considerato irrilevante l’avvenuto ricevimento fisico della merce a destino presso i magazzini della contribuente, ancorchè si fosse in presenza di una clausola CIF o “franco destino” (prezzo comprensivo del costo della merce, del costo per l’assicurazione e del costo per il trasporto, come accertato dalla CTR). Così operando, la CTR non si è discostata dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la clausola in oggetto (clausola Incoterm CIF), non sposta la data di conclusione del contratto, nè quella di trasferimento della proprietà del bene, dalla data di consegna al vettore alla (diversa) data di consegna della merce presso il destinatario finale. In caso di presenza di clausola CIF “la proprietà del carico si trasferisce al destinatario nel momento della consegna al vettore (Cass. civ. III, 28/03/2008, n. 8063) (…) la prefata clausola CIF non integra una fattispecie incidente sul momento determinativo del trasferimento della proprietà e non comporta lo spostamento convenzionale del luogo di consegna (cfr. Cass. S. U. 20/06/2007, n. 14299) (…) Anche altri elementi inducono a ritenere perfezionato il contratto e trasferita la proprietà (al momento della spedizione): la prefata clausola di spedizione CIF ha per beneficiario il destinatario come proprietario su cui grava il rischio della perdita della merce, donde la legittimazione a ricevere l’indennizzo assicurativo, soggetto che, nel caso all’esame, è la società contribuente; la spedizione libera il venditore nel momento di consegna allo spedizioniere, donde anche per questa via appare assolta l’obbligazione accessoria del consegnare, nulla più restando a carico del venditore; la fatturazione (…) segue la stipula del contratto cioè la compravendita (consensuale) con relativo trasferimento della proprietà” (Cass., Sez. V, 30 gennaio 2019, n. 2619).
4.4 – La clausola CIF, o “franco destino”, non comporta, pertanto, mutamento delle regole generali della conclusione del contratto di vendita internazionale che, in termini analoghi alle regole di diritto comune interno (che prevede, secondo l’art. 1378 c.c., il trasferimento del bene all’atto della consegna al vettore), coincide con il luogo della consegna della merce al vettore, incidendo tale clausola sul connesso contratto di trasporto e sulla conseguente assunzione da parte del venditore del costo del trasporto e degli oneri connessi, ma non anche sul luogo di consegna, salvo che venga accertata una specifica deroga convenzionale (Cass., Sez. V, 2 ottobre 2020, n. 21125; conf., quanto al parallelo tema della giurisdizione in tema di vendita internazionale di cose mobili: Cass., Sez. U., 28 giugno 2019, n. 17566; Cass., Sez. U., 13 dicembre 2018, n. 32362; Cass., Sez. III, 20 luglio 2011, n. 15905; Cass., Sez. U., 14 maggio 2007, n. 10941; C:ass., Sez. U., 14 giugno 2007, n. 13891; Cass. Sez. U., 27 settembre 2006, n. 20887).
4.5 – In conclusione, la sottoscrizione della clausola CIF incide unicamente sui profili del passaggio dei rischi e dei costi del contratto di trasporto, ma non sulle regole attinenti al perfezionamento della cessione, anche ai fini IVA.
La sentenza impugnata non si è sottratta all’applicazione dei suddetti principi.
5 – La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai primi due motivi, con rinvio alla CTR a quo, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo e il secondo motivo, rigetta il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, anche per la regolazione e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021