LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 926/2020 proposto da:
I.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO GIAMPA’;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 1067/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 21/05/2019 R.G.N. 1762/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.
RILEVATO
Che:
1. con sentenza 21 maggio 2019, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’appello proposto da I.M., cittadino ***** richiedente, in gradato ordine subordinato, la protezione internazionale e umanitaria, avverso l’ordinanza di primo grado, che ne aveva dichiarato inammissibile il ricorso per tardività;
2. preliminarmente ritenuta la tempestività del ricorso, essa escludeva la necessità della personale audizione del ricorrente, siccome era stato sentito dalla Commissione territoriale davanti alla quale aveva chiarito le ragioni del suo espatrio dall’Imo State, a sud della Nigeria, nel *****: essendogli stato consigliato di lasciare il Paese per ragioni di sicurezza, peraltro dopo che, durante il periodo del suo allontanamento con il padre in altro Stato della Nigeria, lo zio aveva acquisito tutte le terre di famiglia, impegnandosi, su richiesta del padre poi deceduto in circostanze misteriose, dopo averne vendute alcune, a dividere i beni rimasti, senza mai procedervi; tuttavia, la Corte calabrese non lo riteneva credibile, sulla base dei criteri prescritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5;
3. nel merito, in esito a puntuale disamina dei rispettivi requisiti, essa gli negava il riconoscimento dello status di rifugiato e così pure di protezione sussidiaria e umanitaria, in assenza delle condizioni, in particolare per l’inesistenza di una situazione di instabilità, tale da costituire un rischio per la vita, nella sua zona di provenienza (a sud del Paese), non interessata dai critici conflitti di origine religiosa legati alla formazione terroristica *****, invece esistenti nelle zone settentrionali della Nigeria, nè comportando un rischio specifico per il richiedente il conflitto tra le comunità locali del delta del Niger, e i relativi gruppi rappresentativi, con il Governo e le compagnie petrolifere;
4. con atto notificato il 21 dicembre 2019, il predetto ricorreva per cassazione con quattro motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
Che:
1. il ricorrente deduce, in via di pregiudizialità logico-giuridica, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e comma 11, artt. 10 e 16 Dir. 2013/32/UE (già Dir. 2005/85/UE), D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 27, per omessa audizione del richiedente, avendola la Corte territoriale ritenuta non necessaria per la chiara illustrazione delle ragioni del suo espatrio davanti alla commissione, salvo poi ritenere l’insufficienza degli elementi offerti per la verifica dei fatti narrati, in particolare riferimento alla sua vicenda personale, invece essenziale per la compiuta illustrazione della dinamica reale del contesto, come richiesto sia in primo che in secondo grado (terzo motivo);
2. esso è infondato;
3. la più recente e consolidata giurisprudenza Eurounitaria, reputa necessaria nella fase giurisdizionale un’audizione del richiedente, a meno che non ricorrano determinate condizioni cumulative” (CGUE, 19 marzo 2020, C-406/18, Moussa Sacko, p.ti 65 – 67), confermando l’aggettivo “completo” di cui all’art. 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 l’obbligo del giudice di esaminare sia gli elementi di cui l’autorità accertante abbia tenuto o avrebbe potuto tenere conto, sia di quelli intervenuti dopo l’adozione della decisione da parte della medesima; posto che tale disposizione deve essere interpretata in conformità con l’art. 47 della Carta, per cui l’esigenza di un esame completo ed ex nunc comporta che il giudice investito dell’impugnazione proceda all’audizione del richiedente, a meno che ritenga di poter effettuare l’esame sulla base dei soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale dinanzi a detta autorità (CGUE 26 luglio 2017, Sacko, C348/16, punti 31 e 44, richiamata da CGUE 25 luglio 2018, C-585/16, Aletho);
3.1. tale giurisprudenza è stata recepita da questa Corte, che ha affermato l’esigenza che il richiedente sia sentito su tutti i fatti da lui narrati, se ciò non avvenga innanzi alla Commissione, in sede giurisdizionale, a meno che gli elementi non siano privi di rilevanza o sufficientemente distinti da quelli già presi in considerazione dall’autorità accertante, secondo la espressa valutazione del giudice; posto che il diritto ad una tutela effettiva, sancito dall’art. 46 par. 1 della direttiva 2013/32, incide sul dovere di cooperazione del giudice e sulla necessità di disporre l’audizione del ricorrente, che è il momento centrale in cui tale dovere può esprimersi, sui nuovi temi introdotti in ricorso (che siano sufficientemente distinti e significativi), ove sugli stessi il richiedente non sia stato sentito dalla Commissione: sicchè, se i nuovi motivi o i nuovi elementi di fatto risultino sufficientemente circostanziati e rilevanti, il giudice non possa sottrarsi, se richiesto, all’audizione del richiedente, quale essenziale strumento per verificare, anche su tali questioni, che integrano il thema decidendum e sulle quali il richiedente non sia stato sentito dalla Commissione territoriale, coerenza e plausibilità del racconto, quali necessari presupposti per attivare, se del caso, il dovere di cooperazione istruttoria, non essendo idonea a garantire la tutela del contraddittorio la mera fissazione dell’udienza di comparizione (Cass. 23 ottobre 2019, n. 27073);
3.2. nel caso di specie, la Corte territoriale ha escluso la necessità di (ri)sentire il richiedente, avendo egli chiaramente illustrato le ragioni del suo espatrio davanti alla commissione (all’ultimo capoverso di pg. 4 della sentenza), ritenendone le dichiarazioni tuttavia carenti di veridicità, ai sensi dell’art. 3, comma 5, lett. b) D.Lgs., per insufficienza degli elementi offerti per la verifica dei fatti narrati, in particolare riferimento alla sua vicenda personale (dal terzo al sesto alinea di pg. 7 della sentenza), comunque riguardante fatto “di natura privatista… avendo dato atto… esclusivamente del paventato rischio di essere ucciso da una maledizione e di una contesa relativa alla proprietà dei terreni di famiglia” (così al primo capoverso di pg. 7 della sentenza): senza con ciò violare le norme denunciate, per il difetto di adeguata specificazione dei fatti asseritamente rilevanti (minacce di morte, mediante sortilegi, comportante la soggezione psicologica del richiedente, indotto a ritrattare le proprie pretese ereditarie: così al terzo capoverso di pg. 26 del ricorso), verificabili attingendo “ai report che riferiscono sul punto” (ivi), senza neppure puntuale indicazione di tali fonti (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728), nè risultando la denuncia del fatto lamentato alle autorità di polizia;
4. il ricorrente deduce poi violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 c.p.c., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14,17, nullità della sentenza e vizio motivo, per omessa pronuncia, difetto di istruttoria e falsa motivazione in ordine all’attuale condizione della Nigeria e della effettiva zona di provenienza del richiedente, per omesso esercizio dei poteri officiosi giudiziali e in assenza di fonti aggiornate (primo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14,17, per illegittima reiezione della domanda di protezione internazionale per violenza generalizzata a norma del D.lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in conseguenza del suddetto mancato aggiornamento delle fonti nell’omesso esercizio dei poteri officiosi giudiziali (secondo motivo);
5. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;
6. nel giudizio di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’allegazione dal richiedente di una situazione generale determinante l’esposizione effettiva al pericolo per la propria vita o per la propria incolumità psico-fisica, dovuto alla mera condizione del rientro, impone l’accertamento all’attualità della situazione oggettiva del paese d’origine e, in particolare, dell’area di provenienza del cittadino straniero, disancorata dalla rappresentazione della vicenda individuale di esposizione al rischio persecutorio o a quello previsto dell’art. 14, lett. a) e b): si tratta, infatti, di un accertamento autonomo che riguarda la verifica dell’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata dettata da conflitto armato interno od esterno, senza la necessità che egli fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale, in conformità alle indicazioni della Corte di Giustizia UE (sentenza 17 febbraio 2009 in C-465-07 cd. sentenza Elgafaji). E pertanto l’onere di allegazione ha caratteristiche diverse da quello relativo alle protezioni cd. individualizzanti, potendosi limitare alla indicazione di una situazione generale di violenza indiscriminata dettata da conflitto esterno od instabilità interna, percepito come idoneo a porre in pericolo la vita o l’incolumità psico fisica del richiedente, per il solo fatto di rientrare come civile nel paese di origine (Cass. 30 luglio 2015, n. 15202; Cass. 8 luglio 2020, n. 14350): con un grado di specificità inferiore a quello che caratterizza le protezioni cd. individualizzanti, per contro espandendosi il dovere istruttorio officioso del giudice, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 (Cass. 15 settembre 2020, n. 19224), non potendo certamente il giudice del merito limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 20 maggio 2020, n. 9230);
6.1. le censure, lamentando il mancato accertamento dell’effettiva situazione di conflittualità interna della Nigeria, in riferimento alla violenza indiscriminata del conflitto armato tra le comunità locali del delta del Niger (zona in cui si trova l’Imo State, di provenienza del richiedente), hanno specificamente indicato gli elementi di fatto idonei a dimostrare come il giudice di merito abbia deciso in esito ad una generica rappresentazione (da pg. 8 a pg. 12 della sentenza), sulla base di informazioni non più attuali (così disattendendo un consolidato indirizzo per il quale le fonti di informazioni devono essere attendibili, puntualmente indicate e aggiornate al momento della decisione: Cass. 28 giugno 2018, n. 17075; Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 12 maggio 2020, n. 8819), con precisi richiami anche testuali alle fonti alternative o successive proposte (in particolare al secondo capoverso di pg. 5 e da pg. 20 a pg. 22 del ricorso), in modo da consentire alla Corte di cassazione l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728);
7. il ricorrente deduce infine violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 2, 8 CEDU, artt. 2, 10 Cost., art. 112 c.p.c., art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., per illegittima reiezione della domanda di protezione umanitaria, per la condizione di vulnerabilità in caso di rientro in Nigeria per la situazione di violenza generalizzata e le patite minacce di morte;
8. esso è assorbito;
9. pertanto i primi due motivi di ricorso devono essere accolti, con rigetto del terzo e assorbimento del quarto, cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso; rigettato il terzo e assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021