Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.189 del 11/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1831/2020 proposto da:

S.R., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, anche per la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE presso la PREFETTURA UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI CROTONE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1634/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 14/08/2019; R.G.N. 2174/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, ha depositato conclusioni scritte.

RILEVATO

Che:

1. con sentenza 14 agosto 2019, la Corte d’appello di Catanzaro rigettava l’appello proposto da S.R., cittadino *****, avverso l’ordinanza di primo grado, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. preliminarmente esclusa la necessità della personale audizione del ricorrente, sentito dalla Commissione territoriale davanti alla quale aveva chiarito le ragioni dell’abbandono del proprio Paese (per timore di essere ucciso dallo zio, che, d’intesa con i rappresentanti del *****, voleva salire al trono al posto di suo padre), essa non ne riteneva credibili le dichiarazioni, contraddittorie e non riscontrate;

3. nel merito, la Corte calabrese, in esito a puntuale disamina dei rispettivi requisiti, negava la ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato e così pure di protezione sussidiaria e umanitaria, avuto anche riguardo alle illustrate condizioni generali della Nigeria e all’inesistenza di una concreta situazione personale del richiedente di grave danno o di vulnerabilità;

4. con atto notificato il 10 dicembre 2019, egli ricorreva per cassazione con tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva;

5. il P.G. rassegnava conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10 e 27, per erronea esclusione della credibilità del richiedente, che aveva invece riccamente circostanziato la vicenda personale occorsagli: di fuga dalla Nigeria per mettersi in salvo dal gruppo terroristico religioso *****, sulle sue tracce per eliminarlo, essendo scampato all’attacco armato violento in occasione dell’intronizzazione, essendo di famiglia reale e a causa degli accordi dello zio con il partito musulmano ***** per succedere nel trono del regno di Uzaire al padre in luogo del fratello designato, padre del richiedente medesimo, ucciso insieme con la madre in tale contesto, nel quale egli stesso era rimasto ferito, essendo poi curato clandestinamente per non essere individuato; egli lamenta l’assenza di alcun riferimento della Corte territoriale alle circostanze puntualmente allegate (sempre mantenute ferme in tutti gli atti del procedimento), come pure di uno specifico nè aggiornato esame delle fonti informative, in relazione agli attacchi terroristici di *****, neppure essa avendo osservato il proprio obbligo di cooperazione istruttoria (primo motivo); violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 8, art. 14, comma 1, lett. b), c), per l’illegittima negazione della protezione sussidiaria, in difetto di un adeguato accertamento della condizione personale del richiedente, di perseguitato anche per ragioni religiose (essendo di fede cristiana) dal gruppo terroristico musulmano ***** e del contesto di totale assenza di sicurezza ed anzi di pericolo, per effetto dei conflitti religiosi (soprattutto nelle zone a nord della Nigeria), documentati dai reports allegati (secondo motivo);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

3. la valutazione di credibilità del richiedente deve essere sempre frutto di una valutazione complessiva di tutti gli elementi e non può essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando invece venga trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass. 8 giugno 2020, n. 10908); sicchè, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, il giudice deve osservare l’obbligo di compiere le valutazioni di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente, non già in base alla propria opinione, ma secondo la procedimentalizzazione legale della decisione sulla base dei criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. 11 marzo 2020, n. 6897; Cass. 6 luglio 2020, n. 13944; Cass. 9 luglio 2020, n. 14674);

3.1. nel giudizio di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’allegazione dal richiedente di una situazione generale determinante l’esposizione effettiva al pericolo per la propria vita o per la propria incolumità psico-fisica, dovuto alla mera condizione del rientro impone l’accertamento all’attualità della situazione oggettiva del paese d’origine e, in particolare, dell’area di provenienza del cittadino straniero: esso integra un accertamento autonomo che riguarda la verifica dell’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata dettata da conflitto armato interno od esterno, senza la necessità che egli fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale, in conformità alle indicazioni della Corte di Giustizia UE (sentenza 17 febbraio 2009 in C-465-07 cd. sentenza Elgafaji). Esso comporta una diversa modulazione dell’onere di allegazione rispetto a quello relativo alle protezioni cd. individualizzanti, potendosi limitare alla indicazione di una situazione generale di violenza indiscriminata dettata da conflitto esterno od instabilità interna, percepito come idoneo a porre in pericolo la vita o l’incolumità psico fisica del richiedente, per il solo fatto di rientrare come civile nel paese di origine (Cass. 30 luglio 2015, n. 15202; Cass. 8 luglio 2020, n. 14350): con un grado di specificità inferiore a quello che caratterizza le protezioni cd. individualizzanti, per contro espandendosi il dovere istruttorio officioso del giudice, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 (Cass. 15 settembre 2020, n. 19224), non potendo certamente il giudice del merito limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 20 maggio 2020, n. 9230);

3.2. nel caso di specie, la Corte territoriale ha violato i criteri di verifica della credibilità del richiedente, sulla base di una parziale e laconica ricostruzione del fatto (al secondo capoverso di pg. 6 della sentenza) a fronte del circostanziato racconto del predetto in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale (riportato dall’ultimo capoverso di pg. 3 al primo di pg. 4 del ricorso), operando un’apodittica valutazione di contraddittorietà e scarsa attendibilità neppure spiegata (al terzo capoverso di pg. 6 della sentenza).

3.3. nè la Corte calabrese ha accertato l’effettiva situazione di conflittualità religiosa interna della Nigeria, limitandosi ad una sua generica rappresentazione (come illustrata dal primo all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza), sulla base di fonti neppure specificamente focalizzate su di essa, nonostante proprio in ordine ad essa questa Corte abbia ritenuto dovere del giudice verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal richiedente, e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese, sulla scorta di un accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass. 28 giugno 2018, n. 17075), secondo un consolidato indirizzo per il quale le fonti di informazioni devono essere attendibili, puntualmente indicate e aggiornate a tale momento (Cass. 28 giugno 2018, n. 17075; Cass. 12 novembre 2018, n. 28990; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 12 maggio 2020, n. 8819);

d’altro canto, la censura ha indicato in modo specifico gli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito ha deciso sulla base di informazioni non più attuali, pure contenendo precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte (in particolare, sulla libertà religiosa in Nigeria del Dipartimento di Stato USA 15 agosto 2017, riportato a pg. 4 dell’atto di appello, nella trascrizione a pgg. 10 e 11 del ricorso), in modo da consentire alla Corte di cassazione l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728);

4. il ricorrente deduce poi violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per la mancata considerazione dei seri motivi umanitari per la concessione della relativa protezione, quale misura residuale di applicazione non tipizzata, alla luce della suindicata vicenda personale, integrante una concreta condizione di vulnerabilità, integrante una grave lesione dei diritti umani fondamentali (terzo motivo);

5. esso è assorbito;

6. pertanto i due primi motivi di ricorso devono essere accolti, con assorbimento del terzo, cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Catanzaro in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021

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