Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.194 del 11/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1865/2020 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 6135/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/10/2019 R.G.N. 2901/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

RILEVATO

Che:

1. con sentenza pubblicata in data 14.10.2019, la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado di rigetto della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria avanzata da F.S., cittadino del *****, il quale aveva motivato l’allontanamento dal Paese di origine con l’aggressione subita da parte di rappresentanti studenteschi della *****, per via della sua militanza nella *****; in seguito a tale aggressione era rimasto gravemente ferito con arma da taglio, come certificato anche in Italia.

1.1. ha ritenuto la Corte di appello che la domanda di protezione umanitaria, l’unica ancora in controversia, fondata dal ricorrente sull’essere il Paese di origine caratterizzato dal continui attacchi provenienti dalle fazioni estremiste e da una situazione, del tutto critica in ordine alla tutela dei diritti umani, non era da cogliere posto che la vicenda riferita si collocava nell’ambito di episodi circoscritti all’ambiente studentesco, di competenza dell’autorità di sorveglianza e di polizia di quel Paese, episodi peraltro limitati alla scuola o al college universitario frequentato dal F.; neppure era rilevante il riferimento alla condanna a morte decretata dalle autorità, alle quali il richiedente aveva fatto riferimento, per vicende non riferite come relative al clan, partito o movimento politico al quale apparteneva il F..

2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso F.S. sulla base di due motivi;

3. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, “non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi. Omessa applicazione dell’art. 10 Cost.”;

2. con il secondo motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti concernente la condizione di pericolosità e le situazioni di violenza generalizzata esistenti in Bangladesh e l’omessa consultazione e valutazione di fonti informative;

3. i motivi sono illustrati congiuntamente e censurano, in sintesi, il fatto che il rigetto della protezione umanitaria fosse stato fondato sul solo racconto del richiedente omettendosi ogni verifica circa la sussistenza in Bangladesh di una situazione di grave violazione di diritti umani;

4. essi sono fondati alla luce del principio ripetutamente affermato da questa Corte che ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, impone al giudice la valutazione delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, da effettuare su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria (Cass. n. 8020/2020, n. 10922/2019);

4.1. alla luce di tale principio era necessario che la Corte di merito approfondisse sulla base di fonti qualificate la situazione oggettiva del paese di origine del richiedente, al fine di verificare i presupposti della protezione umanitaria;

4.2. nel caso di specie tale accertamento è del tutto mancato per cui si impone la cassazione con rinvio;

5. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, alla quale demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021

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