LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6050-2016 proposto da:
A.C., R.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE B BUOZZI 19 0 VLE S TERESA 23, presso lo studio dell’avvocato PAOLO GRIMALDI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIANCARLO GRECO;
– ricorrenti –
contro
AUSL 1 AGRIGENTO IN PERSONA DEL SUO DIRETTORE GENERALE LEGALE RAPP.TE PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO, 78, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO IELO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLA PERITORE;
– controricorrente –
contro
R.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1946/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 29/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO LUCIO, che rimette il ricorso alla pubblica udienza per la particolarità dei temi involti al primo motivo; in subordine:
dispone la riunione dei ricorsi ove proposto ricorso per cassazione avverso l’altra sentenza della Corte distrettuale; in via gradata rigetto del ricorso.
RITENUTO
che la vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, può sintetizzarsi nei termini seguenti:
– il Tribunale di Palermo, accolta la domanda avanzata da R.P. e A.C. nei confronti dell’A.U.S.L. 1 di Agrigento e del terzo chiamato, rimasto contumace, R.M., dichiarò che l’ A. era divenuta esclusiva proprietaria d’un immobile per usucapione;
– la Corte d’appello di Palermo, con la sentenza di cui in epigrafe, accolta l’impugnazione della A.U.S.L., rigettò la domanda e dichiarò che l’appellante era l’esclusiva proprietaria del bene;
– A.C. propone ricorso sulla base di sette motivi di censura, ulteriormente illustrati da memoria; l’A.U.S.L., oggi A.S.P. di Agrigento, resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria;
ritenuto che la ricorrente con la memoria ha dedotto che la causa speculare nella quale I’A.U.S.L. aveva citato in giudizio l’ A. e i R., perché fosse accertata la sua qualità di proprietaria del medesimo immobile e nella quale l’ A., in riconvenzionale, aveva chiesto accertarsi il di lei acquisto per usucapione, definita in primo grado con il rigetto della domanda attorea – decisione questa confermata in appello – era stata definita con l’ordinanza n. 26716/2020 del 24/11/2020 di questa Corte, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso dell’A.S.P. di Agrigento.
CONSIDERATO
che non è dubbio che le due cause, sia pure a parti invertite, concernono il medesimo oggetto, causa petendi, petitum e coinvolgono i medesimi soggetti;
che nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno e’, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile di ufficio anche quando il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, e, nel caso in cui consegua ad una sentenza della Corte di cassazione, la cognizione di quest’ultima può avvenire pure mediante quell’attività di istituto (relazioni, massime ufficiali) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, in tal senso deponendo il duplice dovere incombente sulla Corte di prevenire il contrasto tra giudicati, in coerenza con il divieto del “ne bis in idem”, e di conoscere i propri precedenti, nell’adempimento del dovere istituzionale derivante dall’esercizio della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario (Sez. 5, n. 30780, 30/12/2011, Rv. 621060; conf., ex multis. Cass. nn. 24740/2015 e 18634/2017);
che la pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione che rigetti o dichiari inammissibile il ricorso avverso la pronuncia che ha definito il giudizio presupposto determina “ipso facto” il passaggio in giudicato di tale pronuncia, senza che rilevi la pendenza del termine per impugnare la sentenza della Corte Suprema per revocazione, come previsto dall’art. 391 bis c.p.c., comma 5, norma tutt’ora vigente, non essendo stata modificata sul punto né dal D.Lgs. n. 40 del 2006, né dal D.L. n. 168 del 2016 e dalla relativa Legge di conversione n. 197 del 2016 (Sez. 6, n. 11737, 3/5/2019, Rv. 653510; ma già. Ex multis, Cass. nn. 63/2017 e 21863/2012);
che un tale principio, di chiara lettura normativa, ha lo scopo, come già ha condivisamente spiegato questa Corte, di porre un ostacolo a ricorsi meramente dilatori e strumentali, diretti ad impedire il formarsi del giudicato, costituendo, quindi, norma speciale e derogatoria dell’art. 324 c.p.c., che regola autonomamente gli effetti della revocazione diretta contro la sentenza della Corte di cassazione (Sez. 3, n. 3083, 3/4/1996, Rv. 496772; conf. Cass. n. 7116/1997);
considerato che, pertanto, il vaglio dei motivi di ricorso risulta precluso dal sopravvenuto giudicato, che, procurando l’improcedibilità, impone la cassazione senza rinvio della sentenza d’appello impugnata;
considerato che la complessità della vicenda, testimoniata dalle contrastanti statuizioni giudiziali, costituisce grave ragioni per disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità.
PQM
decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa per intero fra le parti le spese giudiziali dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021