Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.197 del 11/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2105/2020 proposto da:

K.K., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO OPPEDISANO;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 28/11/2019 R.G.N. 533/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

RILEVATO

Che:

1. con decreto in data 28.11.2019 la Corte di appello di Reggio Calabria ha respinto il reclamo proposto da K.K., quale genitore dei minori K.M. (nata nel *****) e K.N. (nata nel *****), avverso il decreto con il quale il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria aveva rigettato l’istanza dalla stessa avanzata per il conseguimento di autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31;

2. la conferma della statuizione di rigetto è stata motivata con la considerazione che non erano stati dedotti nè dimostrati i gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico delle minori, tali da far apprezzare in termini concreti il danno conseguente all’allontanamento dei genitori o ad un ritorno in patria dell’intero nucleo familiare; la reclamante si era infatti limitata alla prospettazione di un generico disagio cui le minori, ben radicate in territorio italiano, sarebbero esposte in caso di distacco o di allontanamento dal luogo dei propri interessi, ma non aveva offerto elementi ulteriori idonei a sollecitare un’ulteriore istruttoria; questa, al contrario, aveva evidenziato un precario contesto socio ambientale di riferimento delle minori e l’inidoneità all’esercizio del ruolo genitoriale sia della richiedente a carico della quale erano risultati “pregiudizi di polizia” per ricettazione sia del coniuge convivente a carico del quale erano emersi “pregiudizi di polizia” per falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati, falsità materiale commessa da privato, possesso e fabbricazione di documenti falsi, guida senza patente, frequentazioni con connazionali dediti al furto e all’associazione a delinquere; la reclamante, titolare di precedente permesso a permanere in Italia non si era, del resto, attivata per “sanare” la sua posizione o regolarizzare la sua situazione sotto il profilo lavorativo;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso K.K. sulla base di un unico articolato motivo; l’intimato PG presso il la Corte di appello di Reggio Calabria non è intervenuto.

CONSIDERATO

Che:

1. con l’unico motivo parte ricorrente deduce: violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, nonchè contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per la controversia; censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto la concessione dell’autorizzazione ex art. 31 D.Lgs. cit., condizionata al ricorrere di situazioni di estremo a eccezionale pericolo per la salute psicofisica del minore; violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in combinato disposto con gli artt. 1, 2, 6, 7, 8, 9, 27, 28, 29 e 30 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, dell’art. 16.3. della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e dell’art. 30 Cost.; censura la decisione per avere negato tutela all’esigenza di unità familiare intesa come diritto primario sia nel diritto interno che negli strumenti internazionali;

1.1. richiamati i principi scaturenti dalla Costituzione e dalle fonti internazionali in tema di tutela del minore sotto il profilo del diritto dello stesso ad un armonico sviluppo psicofisico e ad essere educato da entrambi i genitori, censura, in sintesi, la decisione per non avere effettuato la adeguata ponderazione degli interessi coinvolti per non avere verificato in proiezione futura e non, quindi, con riguardo all’attualità il grave danno psico-fisico derivante dal diniego dell’autorizzazione alla permanenza e per avere configurato quale effetto automatico dei “pregiudizi di polizia” a carico dei genitori il diniego all’autorizzazione;

2. il motivo è fondato;

2.1. secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, in tema di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia del genitore del minore, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, non può essere interpretato in senso restrittivo, tutelando esso il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto, sicchè la norma non pretende la ricorrenza di situazioni eccezionali o necessariamente collegate alla sua salute, ma comprende qualsiasi danno grave che potrebbe subire il minore, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle sue condizioni di vita con incidenza sulla sua personalità, cui egli sarebbe esposto a causa dell’allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall’ambiente in cui è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione; ne consegue che le situazioni che possono integrare i “gravi motivi” di cui al citato art. 31, non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione all’età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l’aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo è, invece, crescente con l’aumentare dell’età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita (Cass. 20762/2020, 4197/2018, n. 17739/2015); in questa prospettiva è stato precisato che la condizione di vulnerabilità del minore deve essere ritenuta prevalente, sino a prova contraria, rispetto alle norme regolanti il diritto di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, dovendosi dare primario rilievo al danno che deriverebbe loro per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con il quale il minore stesso non abbia alcun concreto rapporto (Cass. n. 18188/2020);

2.2. la sussistenza di comportamenti del familiare incompatibili con il suo soggiorno nel territorio nazionale deve essere valutata in concreto attraverso un esame complessivo della sua condotta, al fine di stabilire, all’esito di un attento bilanciamento, se le esigenze statuali inerenti alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale debbano prevalere su quelle derivanti da gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, cui il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, conferisce protezione in via primaria (Cass. n. 1563/2020, n. 14238/2018), fermo restando che la norma d’indirizzo generale di cui all’art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (ratificata dalla L. n. 176 del 1991 e richiamata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 28) in tema di immigrazione e di diritto all’unità familiare, secondo cui “l’interesse del fanciullo deve essere una considerazione preminente”, prescrive che gli Stati vigilino affinchè il minore non sia separato dai genitori, facendo salva, tuttavia, l’ipotesi in cui la separazione sia il risultato di provvedimenti legittimamente adottati da uno Stato-parte, sicchè, ove lo straniero sia colpito da un provvedimento di espulsione, le esigenze di legalità e sicurezza sottese a tale provvedimento non sono di per sè recessive rispetto all’interesse, pur preminente, del fanciullo (Cass. 26831/2019);

2.3. il diniego di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto (Cass. Sez. Un. 15750/2019);

2.4. la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati in quanto ha mostrato di ritenere giustificato il diniego di autorizzazione alla permanenza nel territorio italiano sulla base, in concreto, della sola esistenza di “pregiudizi di polizia” a carico di K.K., espressione che non identifica un chiaro titolo di responsabilità della odierna ricorrente per i fatti indicati e che non appare idonea a sorreggere l’assunto della minaccia per l’ordine pubblico rispetto alla quale l’interesse delle minori, “perfettamente integrate nell’ambiente familiare e sociale di riferimento” assume valenza recessiva;

3. a tanto consegue la cassazione con rinvio del decreto impugnato per un riesame della vicenda alla luce dei principi richiamati;

4. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese di lite del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria in diversa composizione alla quale demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021

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