LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22635/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, con sede in *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente-
contro
C.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola Pennella, con domicilio eletto in Roma, piazza Venezia, n. 11, presso lo studio dello stesso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 825/35/15 depositata il 6 marzo 2015.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 24 maggio 2021 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle entrate notificò a C.G., titolare dell’impresa individuale “Ristorante Pizzeria Green Park di C.G.” con sede in ***** (PV), un avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2008, con il quale accertò, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), maggiori ricavi per Euro 623.461,00, nonché minori componenti negativi per Euro 143.714,10, determinando i conseguenti maggior reddito d’impresa, ai fini dell’IRPEF (Euro 648.216,00 a fronte di una perdita dichiarata di Euro 118.959,00), maggior valore della produzione netta, ai fini dell’IRAP, e maggior volume d’affari, ai fini dell’IVA, oltre alla minore IVA detraibile.
2. L’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Pavia (hinc anche: “CTP”), che rigettò il ricorso del contribuente.
3. Avverso tale pronuncia, C.G. propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc anche: “CTR”), che lo accolse parzialmente “sia per quanto riguarda l’entità dei maggiori ricavi sia per quanto concerne l’entità dei costi ritenuti indeducibili, con l’effetto di determinare il reddito d’impresa 2008 in Euro 354.442,00”.
Quanto ai maggiori ricavi accertati, la CTR motivò che “(i)nvero proprio l’entità dei maggiori ricavi accertati in Euro 623.461,00 non convince questo giudice difettando quelle presunzioni gravi, precise e concordanti (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38), invocate dall’Ufficio che pure ha determinato il reddito d’impresa ritenendo inattendibili le scritture contabili D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d). Infatti le rilevazioni per la sola settimana dal 3 al 9 marzo 2008 non possono offrire una reale dimensione dei maggiori ricavi conseguibili essendo necessario compiere rilevazioni per ulteriori periodi in coincidenza con le varie stagioni dell’anno nelle quali si sviluppa l’attività banchettistica che per il contribuente sarebbe pari al 52,37% dei ricavi cioè Euro 1.214.716,00 mentre per l’Ufficio essa rappresenterebbe il solo 15%. Invero come è noto il processo tributario è pur sempre regolato dalla disciplina dell’onere della prova fissata dall’art. 2697 c.c., da applicarsi secondo i principi dispositivi e del libero convincimento (artt. 115 e 116 c.p.c.), in modo da consentire al giudice di pervenire comunque ad una decisione di merito. Il giudice cioè può trarre il proprio convincimento (art. 116 c.p.c.), dagli elementi di prova da qualunque delle parti siano stati forniti (cfr. Cassazione n. 4077/1996; n. 4118/1992 e n. 11420/1998). Nel caso in esame questo giudice ritiene corretta e fondata la determinazione dei maggiori ricavi per l’anno 2008 in Euro 374.077,00 cioè il 40% in meno di quanto accertato in via presuntiva dall’Ufficio”.
Quanto ai minori componenti negativi accertati, la CTR motivò che, “(p)er quanto riguarda i costi che l’Ufficio ritiene indeducibili questo giudice ne ritiene deducibili, perché inerenti ai sensi dell’art. 109 TUIR, l’importo di Euro 44.389,92” in quanto: a) “(c)onsiderato che l’edificio ad uso ristorante e pizzeria sito in ***** in ***** include anche un appartamento ove il titolare alloggia che può essere ritenuto un alloggio di servizio ricompreso nell’unica licenza edilizia n. ***** e senza ingresso autonomo: ne consegue che i costi deducibili riguardano l’unico immobile aziendale comprendendo ammortamenti, manutenzione, forza motrice, ecc. Quindi risultano deducibili i costi per Euro 1.606,75 più Euro 5.096,74 più Euro 1.083,33 più Euro 2.160,00 oltre ad Euro 248,08 e così in totale Euro 10.194,90”; b) “(r)isultano altresì deducibili costi per assicurazioni di Euro 3.758,00 di competenza dell’esercizio 2008, costi per spese di pubblicità di Euro 18.945,35 e di Euro 11.491,67 per omaggi e regalie commerciali e infine costi per locazione di 5 immobili siti in ***** – via ***** – per alloggio dipendenti”.
La CTR concluse quindi che “(p)er effetto di quanto precede i ricavi dell’esercizio 2008 ammontano ad Euro 2.689.255,00, i costi indetraibili Euro 99.324,18 e il reddito d’impresa accertato Euro 354.442,00”.
4. Avverso tale sentenza della CTR – depositata in segreteria il 6 marzo 2015 e non notificata – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 18/21 settembre 2015, a tre motivi.
5. C.G. resiste con controricorso, notificato il 12/13 ottobre 2015. Con lo stesso atto, C.G. ha altresì proposto ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
6. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni motivate, con le quali ha chiesto “l’accoglimento del secondo motivo, assorbiti i restanti”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 102 e 109, per avere la CTR ritenuto la deducibilità delle quote di ammortamento dei costi dell’appartamento destinato ad alloggio del contribuente nonché la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi a esso riferiti sulla sola base dell’unicità della licenza edilizia (rilasciata per l’appartamento e per l’immobile destinato a ristorante/pizzeria) e della mancanza di un ingresso autonomo.
2. Con il secondo motivo del ricorso principale, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, dell’art. 132 “disp. att. c.p.c.”, (recte: c.p.c.), comma 2, n. 4), e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per avere la CTR motivato in modo meramente apparente l’annullamento delle riprese a tassazione di “ritenute in garanzia” per Euro 2.160,00 e di “quote di ammortamento per la cabina elettrica” per Euro 248,08, atteso che, poiché per tali componenti negativi l’amministrazione finanziaria non aveva contestato “solo la non inerenza (…) per essere (…) relativi all’abitazione dell’imprenditore, ma in primis la mancanza di documentazione che ne attestasse la deducibilità”, “la motivazione (…) sull’unicità dell’immobile strumentale con riferimento ai due rilievi in oggetto, pertanto, non è assolutamente pertinente”.
3. Con il terzo motivo del ricorso principale, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132"disp. att. c.p.c.”, (recte: c.p.c.), comma 2, n. 4), e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per avere la CTR motivato in modo meramente apparente la deducibilità dei costi di Euro 3.758,00 (relativo a “costi assicurativi non documentati”), Euro 18.945,35 (relativo a spese di pubblicità), Euro 11.491,67 (relativo a omaggi e regalie) ed Euro 18.000,00 (relativo a costi per la locazione di cinque immobili in *****, via *****, per l’alloggio di dipendenti, di cui l’amministrazione finanziaria aveva “contestato l’inerenza perché tale affermazione del contribuente non era supportata da alcun elemento probatorio”), atteso che “(l)a motivazione della CTR è qui del tutto assente in quanto afferma che i detti costi “risultano altresì deducibili” (…) senza tuttavia indicare in modo alcuno le fonti del proprio convincimento”.
4. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e dell’art. 2697 c.c., sotto due profili.
Sotto il primo profilo, il ricorrente incidentale denuncia che la CTR avrebbe motivato in modo meramente apparente la conferma della ripresa a tassazione di maggiori ricavi per Euro 374.077,00 – con i conseguenti maggior reddito d’impresa, maggior valore della produzione netta e maggior volume d’affari – cioè nella misura del 60% dei maggiori ricavi accertati dall’Agenzia delle entrate.
Sotto il secondo profilo, il ricorrente incidentale denuncia che la CTR avrebbe motivato in modo apparente “anche riguardo al parziale riconoscimento di componenti negativi di reddito, del valore della produzione e di indetraibilità dell’IVA corrisposta ai propri fornitori”. A tale proposito, lo stesso ricorrente incidentale indica le seguenti “contestazioni”, avanzate nel ricorso in appello e relative a: 1) “spese di pubblicità ritenute non inerenti dall’Ufficio impositore per Euro 49.795,32 (con IVA relativa di Euro 4.750,00)”; 2 “spese per gas e gasolio per riscaldamento recuperate a tassazione per Euro 5.066,14”; 3) “costi per spese per energia elettrica ritenuti indeducibli per Euro 8.832,30”; 4) “quote di ammortamento indeducibili per Euro 7.153,00 relative a lavori per la costruzione dell’immobile strumentale”; 5) “(q)uote d’ammortamento indeducibili per Euro 2.160,00 afferenti acconti corrisposti alla Snc F.lli T. e capitalizzati”; 6) “(q)uota d’ammortamento su interessi per finanziamento capitalizzati indeducibile per Euro 636,21”; 7) “(q)uote d’ammortamento indeducibili in parte per Euro 4.160,00 relative all’acquisto di un forno”; 8) “(q)uote d’ammortamento indeducibli in parte per Euro 1.881,00 relative all’acquisto di piante varie”; 9) “(q)uote d’ammortamento indeducibili in parte per Euro 2.028,98 relative a spese per allestimento parco e piantumazione capitalizzate”; 10) “(q)uote d’ammortamento non inerenti per Euro 1.083,33 relative a spese per mobili ed arredi”; 11) “(q)uote d’ammortamento indeducibili in parte per Euro 517,41 relative infissi ed opere a verde”; 12) “(a)cquisti non inerenti da “Altasfera – l’Alco Magazzini Spa” per l’importo imponibile di Euro 4.964,87 (iva relativa Euro 731,44)”; 13) “(c)osti di competenza dell’esercizio 2007, relativi a ritiro supplementare di rifiuti urbani, per Euro 400,00”; 14) “(s)pese telefoniche non inerenti relative ad utenza personale per Euro 986,28”; 15) “(q)uote d’ammortamento prestazioni di costruzione indeducibili per Euro 903,80”; 16) “(r)ecupero minor costo per beni ammortizzabili per Euro 1.727,07”; 17) “(p)erdita d’impresa accertata per l’esercizio precedente per Euro 506,00 non riconosciuta nel presente avviso di accertamento”. Il ricorrente incidentale conclude che “con riferimento a queste puntuali ed argomentate eccezioni e a tutte le altre eccezioni sollevate dalla difesa del ricorrente nel proprio atto di appello, con riferimento alla legittimità dei costi dedotti, il Collegio di secondo grado si è limitato ad accoglierne alcune e disconoscerne altre, senza chiarire nella maniera più assoluta il perché (i.e. ratio decidendi) di tale decisione”.
5. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto la CTR “non indica quali siano stati i fatti noti dai quali si desume quell’inferenza qualificata in termini di gravità, precisione e concordanza, il maggior reddito imponibile, valore della produzione e volume d’affari”, con la conseguenza che “l’accoglimento solo parziale dell’appello è dipeso dall’aver addossato al contribuente la prova invece incombente all’ufficio finanziario in ordine alla sussistenza di maggior reddito d’impresa, valore della produzione e di un maggior volume d’affari”.
5. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione dell’art. 112 cit. codice, per non avere la CTR pronunciato sul motivo di appello con il quale aveva lamentato che “sia nella relazione di verifica, sia nell’avviso di accertamento si fa riferimento all’utilizzo, ai fini della rettifica, delle risultanze di precedenti verifiche condotte presso aziende similari. Tuttavia non è dato conoscere quali sono queste verifiche né tantomeno quali sono le loro risultanze con grave violazione del diritto di difesa del contribuente”.
5. Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Tale motivo pone la questione della deducibilità delle quote di ammortamento dei costi di un bene costituito, secondo l’accertamento della CTR (censurabile in questa sede solo per vizio di motivazione), dall'”appartamento ove il titolare (dell’impresa: id est, il contribuente C.G.) alloggia”, “inclu(so)” nell'”edificio ad uso ristorante e pizzeria”, “ricompreso nell’unica licenza edilizia n. ***** e senza ingresso autonomo”, nonché della deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi riferiti a tale bene.
5.1. Quanto al primo aspetto, premesso che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, comma 1, prevede la deducibilità delle quote di ammortamento del costo dei beni materiali “strumentali per l’esercizio dell’impresa”, quanto ai beni immobili, la nozione di strumentalità è stabilita dallo stesso D.P.R. n. 917 del 1986, art. 43, comma 2, il quale comprende nella nozione sia gli immobili strumentali cosiddetti “per destinazione”, definiti come quelli “utilizzati esclusivamente per l’esercizio (..) dell’impresa commerciale da parte del possessore” (primo periodo), sia gli immobili strumentali cosiddetti “per natura”, definiti come quegli “immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (…) anche se non utilizzati e anche se dati in locazione o comodato (…)” (secondo periodo”).
Tanto esposto, va rammentato che, con riguardo a quest’ultima Disp. del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 43, (già art. 40), comma 2, secondo periodo, questa Corte ha precisato che essa non va intesa “come una sorta di riconoscimento della strumentalità del bene a prescindere dalle caratteristiche del medesimo in rapporto con l’attività dell’azienda”, giacché, anche nella fattispecie da essa prevista, “occorre la prova della funzione strumentale del bene in relazione all’attività dell’azienda, e, solo nei casi in cui risulti altresì provata (e non solo affermata) l’insuscettibilità (senza radicali trasformazioni) di una destinazione del bene diversa (da quella accertata in rapporto strumentale con l’attività aziendale), è prevista la possibilità di prescindere (ai fini della ritenuta strumentalità del bene) dall’utilizzo diretto dello stesso da parte dell’azienda, ferma in ogni caso restando l’imprescindibilità dell’accertamento della strumenta(lità), sia pure astratta, del bene, non oggettivamente considerato, bensì in rapporto all’attività aziendale”; con la conseguenza che, nel caso dei beni strumentali cosiddetti “per natura”, si deve parlare “non di una strumentalità “oggettiva”, bensì di una strumentalità “astratta””, nel senso che si deve comunque accertare “il rapporto strumentale tra bene e attività aziendale”, mentre, a condizione che ricorra il presupposto dell’insuscettibilità di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, si può in concreto prescindere dall’utilizzo diretto per l’esercizio dell’impresa (Cass., 04/06/2007, n. 12999, 04/03/2015, n. 4306).
Da tali premesse discende pianamente che si deve escludere che il bene costituito dall'”appartamento ove il titolare (dell’impresa) alloggia” possa rientrare tra i beni immobili strumentali sia “per destinazione”, non essendo esso evidentemente “utilizzat(o) esclusivamente per l’esercizio (…) dell’impresa commerciale”, sia “per natura”, atteso che le caratteristiche di abitazione privata dell’imprenditore precludono la possibilità di ravvisare qualsiasi rapporto di strumentalità dell’immobile con l’attività aziendale di ristorazione e a nulla rilevando, a tale fine, il fatto che l’appartamento fosse “inclu(so)” nell'”edificio ad uso ristorante e pizzeria”, “ricompreso nell’unica licenza edilizia n. ***** e senza ingresso autonomo”.
Da ciò consegue l’error in iudicando commesso dalla CTR col ritenere la deducibilità delle quote di ammortamento dei costi di un bene immobile privo della necessaria caratteristica della strumentalità per l’esercizio dell’impresa.
5.2. Quanto al secondo aspetto della deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi riferiti al suddetto appartamento, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “(i)n tema di determinazione del reddito d’impresa, l’inerenza delle singole spese e dei costi affrontati, indispensabile per ottenerne la deduzione ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 (già art. 75), va definita come una relazione tra due concetti (la spesa, o il costo, e l’impresa), sicché il costo o la spesa assume rilevanza ai fini della qualificazione della base imponibile non tanto per la sua esplicita e diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù di una sua correlazione con una attività potenzialmente idonea a produrre utili” (Cass., 21/11/2018, n. 30030). Più sinteticamente, Cass., 19/09/2019, n. 23355, ha affermato che “(I)”inerenza” (…) non integra un nesso tra costo e ricavo, ma si sostanzia nella correlazione tra costo e attività d’impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile”.
Orbene, nel caso di spese e altri componenti negativi riferiti a un appartamento destinato ad abitazione dell’imprenditore risulta evidente il difetto di qualsiasi correlazione con l’attività d’impresa e, quindi, dell’inerenza dei detti componenti. Ne discende l’errore commesso dalla CTR col ritenere, ciò nonostante, la deducibilità degli stessi.
6. L’esame del secondo motivo del ricorso principale è assorbito dall’accoglimento del primo motivo dello stesso ricorso.
7. Il terzo motivo del ricorso principale è fondato.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; successivamente, nello stesso senso, Cass., 23/05/2019, n. 13977, 04/09/2020, n. 18393).
Il capo della sentenza impugnato con il motivo in esame rientra in modo paradigmatico in tale grave anomalia argomentativa – concretizzando un caso di motivazione apparente, chiaramente al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054) – atteso che, come si è visto nella parte in fatto, la “motivazione” di esso si esaurisce nell’enunciazione del mero “giudizio finale statico” che i costi di Euro 3.758,00 (relativo a premi assicurativi), Euro 18.945,35 (relativo a spese di pubblicità), Euro 11.491,67 (relativo a omaggi e regalie) ed Euro 18.000,00 (relativo alla locazione di cinque immobili) “(r)isultano altresì deducibili”, senza indicare in alcun modo il ragionamento, conoscitivo e valutativo, seguito per pervenire a tale convincimento.
8. Esaurito l’esame del ricorso principale, si deve passare allo scrutinio del ricorso incidentale, a cominciare dal suo primo motivo.
8.1. Il primo profilo di tale motivo è fondato.
Come si è visto esaminando il terzo motivo del ricorso principale, questa Corte ha chiarito che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016; Cass., n. 13977 del 2019, n. 18393 del 2020).
Anche il capo della sentenza impugnato con il profilo in esame rientra in modo paradigmatico in tale grave anomalia argomentativa, concretizzando un caso di motivazione apparente, chiaramente al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., n. 8053 e n. 8054 del 2014).
Come si è visto nella parte in fatto, dopo avere affermato che “l’entità dei maggiori ricavi accertati in Euro 623.461,00 non convince questo giudice” per la mancanza di presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza – in quanto “le rilevazioni per la sola settimana dal 3 al 9 marzo 2008 non possono offrire una reale dimensione dei maggiori ricavi conseguibili essendo necessario compiere rilevazioni per ulteriori periodi in coincidenza con le varie stagioni dell’anno nelle quali si sviluppa l’attività banchettistica che per il contribuente sarebbe pari al 52,37% dei ricavi cioè Euro 1.214.716,00 mentre per l’Ufficio essa rappresenterebbe il solo 15%” – e dopo avere richiamato il principio dell’onere della prova, di cui all’art. 2697 c.c., valevole anche nel processo tributario e “da applicarsi secondo i principi dispositivi e del libero convincimento (artt. 115 e 116 c.p.c.)”, la CTR afferma conclusivamente che “(n)el caso in esame questo giudice ritiene corretta e fondata la determinazione dei maggiori ricavi per l’anno 2008 in Euro 374.077,00 cioè 1140% in meno di quanto accertato in via presuntiva dall’Ufficio”.
Tale motivazione e, in particolare, quest’ultima, anapodittca, affermazione, non estrinsecano il ragionamento che ha indotto la CTR a ritenere – per di più, dopo quanto da essa detto in ordine all’inadeguatezza delle “rilevazioni per la sola settimana dal 3 al 9 marzo 2008” – che l’amministrazione finanziaria avesse fornito la prova dell’esistenza di ricavi non dichiarati, segnatamente, nella specifica misura del 60% di quelli determinati dalla stessa amministrazione nell’avviso di accertamento impugnato.
8.2. Il secondo profilo del motivo è inammissibile per tre concorrenti ragioni.
Anzitutto, esso denuncia il carattere apparente della motivazione della sentenza impugnata in ordine a “contestazioni” sia rigettate sia accolte dalla CTR (“il Collegio di secondo grado si è limitato ad accoglierne alcune e disconoscerne altre”), senza specificare quali fossero le “contestazioni” ritenute rigettate e quali quelle ritenute accolte, rispetto alle quali ultime, difettando la soccombenza, mancherebbe anche l’interesse a impugnare la sentenza con il ricorso per cassazione.
In secondo luogo, premesso che molte delle diciassette questioni indicate nel motivo di ricorso risultano estranee alla sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe dovuto denunciare non il vizio di motivazione apparente, bensì la violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la CTR pronunciato sulle “contestazioni” formulate relativamente alle stesse questioni.
In terzo luogo, il motivo è privo di autosufficienza, atteso che, considerato che, come si è appena detto, molte delle diciassette questioni indicate nel motivo risultano estranee alla sentenza impugnata, il ricorrente, a norma dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), avrebbe dovuto almeno indicare di averle prospettate non solo nel ricorso in appello ma anche nel ricorso introduttivo del giudizio e, comunque, a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), avrebbe dovuto allegare al ricorso per cassazione sia il ricorso introduttivo del giudizio sia il ricorso in appello, oneri che non ha adempiuto.
9. L’esame del secondo e del terzo motivo del ricorso incidentale è assorbito dall’accoglimento del primo profilo del primo motivo dello stesso ricorso.
10. In conclusione, il primo e il terzo motivo del ricorso principale devono essere accolti, assorbito il secondo e il primo motivo del ricorso incidentale deve essere accolto nei limiti di cui in motivazione, assorbiti il secondo e il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, affinché provveda anche a regolare le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale nei limiti di cui in motivazione, assorbiti il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2021