Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.211 del 11/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33925-2018 proposto da:

ECOGAS SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE CICALA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3747/16/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 18/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La CTR della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l’impugnazione proposta dalla società Ecogas s.r.l. contro l’Agenzia delle entrate, confermando la sentenza di primo grado che aveva ritenuto la legittimità della cartella di pagamento emessa per la ripresa di IVA relativa all’anno 2011, ritenendo che il credito IVA disconosciuto dall’Ufficio non poteva essere reclamato in quanto non inserito nella dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto era sorto, tanto risultando chiaro dalla sentenza delle S.U. di questa Corte n. 17757/2016.

La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha dedotto, con il primo motivo, la violazione dell’art. 18 dir.CE n. 77/388/CE e del principio di neutralità dell’IVA. La CTR avrebbe errato nel non considerare l’esistenza del credito IVA, pienamente dimostrato, invece appuntando la decisione su aspetti di natura formale incompatibili con i principi anzidetti.

Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione di legge e l’omessa valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La CTR avrebbe fatto scorretta applicazione dei principi fissati dalle S.U. di questa Corte con le sentenze nn. 17757 e 17758 del 2016, dalle quale emergerebbe il diritto del contribuente di fare valere, nel giudizio di impugnazione di cartella emessa dall’Ufficio sulla base di un disconoscimento di un credito IVA, il credito stesso ove dimostrato nei suoi presupposti.

I due motivi di ricorso, che meritano un esame congiunto, sono infondati.

Ed invero, la questione sottesa al procedimento qui in esame è stata di recente decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte – sent. n. 17757/2016, depositata l’8.9.2016, affermandosi il seguente principio di diritto “La neutralità dell’imposizione armonizzata sui valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dai contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili”.

Tuttavia si è precisato che il riconoscimento dell’eccedenza d’imposta nei casi, come quello in esame, di cosiddetti “salti dichiarativi” è consentito, in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, soltanto se la stessa risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto (Cass., Sez. U., n. 17757 e n. 17758 del 2016, Cass. n. 4392 del 2018; più specificamente, sul termine biennale di decadenza per il riconoscimento del diritto di detrazione, Cass. n. 14767 del 2015 nonchè Cass. n. 5401 del 2017, par. 3.2.3) – cfr. Cass. n. 19429/2019 -.

In definitiva, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la dichiarazione” – cfr. Cass. n. 4398/2020, Cass. n. 3417/2019, Cass. n. 15459/2019-.

A tali principi si è pienamente uniformato il giudice di appello escludendo il riconoscimento del credito IVA in assenza del presupposto della sua tempestiva indicazione nella dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto. Condizione ritenuta insussistente dalla CTR e nemmeno contestata dalla società ricorrente.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso rispettivamente proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso rispettivamente proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021

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