LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26581-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
IMPRESA VERDE MOLISE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TUPINI 113, presso lo studio dell’avvocato NICOLA CORSO, rappresentata e difesa dall’avvocato ASSUNTA PISTILLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 199/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del MOLISE, depositata il 17/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE La CTR del Molise, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l’appello proposto dall’ufficio, confermando la sentenza impugnata che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso a carico della società Impresa Verde Molise s.r.l. con il quale era stato rideterminato il classamento catastale di un immobile, disattendendo la proposta di rendita operata in base alla procedura DOCFA da parte della società. Secondo la CTR l’atto impugnato non era adeguatamente motivato, avendo l’accertamento fatto generico riferimento a precedenti stime. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, al quale ha resistito la parte intimata con controricorso, depositando altresì memoria.
L’Agenzia deduce la violazione del D.M. n. 701 del 1994, art. 1, e della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336. La CTR avrebbe errato nel ritenere carente la motivazione del provvedimento che, al contrario, conteneva gli elementi sufficienti alla contribuente per esercitare il diritto di difesa.
Il motivo è fondato.
Ed invero, questa Corte, con ordinanza n. 2709 del 6 febbraio 2014, ha ritenuto che l’atto con cui l’amministrazione disattende le indicazioni del contribuente circa il classamento di un fabbricato debba contenere una adeguata – anche solo sommaria – motivazione che delimiti l’oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria. Ciò è reso tanto più necessario in considerazione delle incertezze proprie del sistema catastale italiano che si riflettono sull’atto (classamento) con cui l’amministrazione colloca ogni singola unità immobiliare in una determinata categoria, in una determinata classe di merito e le attribuisce una “rendita”. Analogamente, si è espresso il principio per il quale in caso di mancato recepimento delle indicazioni del contribuente circa il classamento di un fabbricato l’atto deve contenere una adeguata – ancorchè sommaria – motivazione che delimiti l’oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria (Cass. n. 3394/2014).
Sul punto, si è poi aggiunto che in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito, con modificazioni, in L. 24 marzo 1993, n. 75, e dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (cosiddetta procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 23237/2014).
Si tratta di un orientamento ormai stratificato nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 12497/2016).
Ora, ritiene il Collegio che la sentenza, nel ritenere l’illegittimità dell’accertamento impugnato, ha violato i principi anzidetti, se è vero che l’accertamento spiccato nei confronti della contribuente ha riguardato la richiesta di modifica della precedente classe che la contribuente aveva giustificato nella procedura DOCFA sulla base di una riduzione degli ambienti che l’Ufficio ha considerato giungendo ad una diversa identificazione della classe (da classe 1 a classe 3) sulla base di valutazioni di natura tecnica che non richiedevano la modifica degli elementi di fatto indicati dalla società nella procedura DOCFA e che, pertanto, non richiedevano quell’ulteriore corredo motivazionale invece preteso da questa Corte per le ipotesi di rettificazione operata su iniziativa dell’ufficio.
Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti anche in memoria dalla controricorrente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Molise anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Molise anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021