LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 649/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
Idea s.r.l. (già Idea s.p.a.) nonchè Progetti s.r.l., entrambe con gli avvocati Prof. Francesco D’Ayala Valva e Luca De Muri nel domicilio eletto presso il primo in Roma, al viale Parioli, n. 43;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il Veneto n. 1114/5/14 depositata in data 30/06/2014 e comunicata via PEC il 24 ottobre 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09 settembre 2020 dal Co: Marcello M. Fracanzani.
FATTI DI CAUSA
1. La società contribuente Idea s.r.l. partecipava al consolidato fiscale nazionale unitamente alla soc. Progetti s.r.l. che assumeva la veste di consolidante. All’esito di una verifica fiscale svolta dall’Agenzia delle Entrate di Treviso nel periodo 19 aprile – 18 maggio 2011 dalla contabilità di Idea s.r.l. emergevano irregolarità a fini Ires, Iva ed Irap segnatamente per accantonamento svalutazione crediti, interessi passivi indeducibili, compensi non deducibili e perdite su credito contabilizzate nell’atto di imposta 2008, mancate annotazioni nei registri Iva e doganali di beni spediti a propri fornitori extracomunitari, spese ed altri componenti negativi annotati per l’anno 2008, relativi ad operazioni con Paesi a fiscalità privilegiata. Il pvc consegnato in conclusione della verifica conteneva l’avviso della possibilità di adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 bis, facoltà di cui si avvaleva la consolidata Idea s.r.l., sottoscrivendo il pvc in data 16 giugno 2011 e chiedendo contestualmente il beneficio rateale.
Il successivo 1 agosto 2011 l’Ufficio notificava in mani del legale rappresentate di Idea s.r.l. l’atto di definizione Ires, nonchè l’atto di definizione Iva ed Irap, con il rituale avviso che la notifica di tale atto perfezionava la procedura, cristallizzando così il debito fiscale.
Il giorno dopo, 2 agosto 2011, nella sua qualità di consolidante, Progetti s.r.l. presentava in via telematica il modello Ipec, chiedendo lo scomputo delle perdite del maggior imponibile accertato. Lo stesso giorno, altresì, Idea s.r.l. inoltrava istanza di annullamento in autotutela della definizione a fini Ires. Conseguentemente, Idea s.r.l. ha iniziato a pagare il dovuto limitatamente ad Iva ed Irap, mentre nessun versamento è stato eseguito ai fini Ires, nè dalla consolidata, nè dalla consolidante.
L’Ufficio dava riscontro negativo all’istanza di autotutela, rappresentando che la richiesta di adesione al pvc del 18 maggio era stata presentata il 16 giugno e sulla situazione ivi contabilmente rappresentata, su tale domanda erano state svolte le verifiche di ammissibilità che aveva dato esito positivo, notificando la definizione il 1 agosto e cristallizzando in quella data i rapporti creditori debitori fra il Fisco ed il contribuente, sicchè ogni successivo invio di modello Ipec con esposizione di perdite di gruppo, ovvero ogni istanza di autotutela a fini Ires doveva qualificarsi come rappresentazione postuma e tardiva, non capace di incidere su di una procedura ormai definita nella sua quantificazione e non più impugnabile, cui faceva seguire cartella esattoriale ad entrambe le società per l’esazione del dovuto tanto a fini Ires che a fini Iva ed Irap.
2. Reagivano le contribuenti, impugnando tanto il diniego di autotutela quanto la cartella esattoriale, lamentando plurimi vizia nella forma e nella sostanza, segnatamente la carenza di legittimazione passiva di Progetti s.r.l. per i debiti Iva ed Irap, nonchè la carenza di presupposti oggettivi dell’esazione di Iva e Irap le cui rate risultavano regolarmente saldate secondo l’adesione perfezionata. Si costituiva l’Ufficio ribadendo le proprie tesi e contestando la propria legittimazione passiva in ordine alle doglianze proprie della cartella esattoriale, riferibili unicamente all’Agente per la riscossione, non evocato in giudizio.
Il primo grado esitava in rigetto, riformato tuttavia in appello, ove la CTR ha individuato nella comunicazione/notifica alla consolidante dell’accettazione dell’adesione il momento in cui la consolidate Progetti s.r.l. – fino ad allora estranea al procedimento di accertamento – potesse presentare il modello Ipec ed annullando gli atti impugnati.
Ricorre per cassazione l’Ufficio, affidandosi a tre motivi, cui replicano con tempestivo controricorso le due società, interponendo altresì ricorso incidentale autonomo sui profili pregiudiziali di illegittimità del provvedimento impositivo, da ritenersi implicitamente rigettati dalla gravata sentenza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Vengono proposti tre motivi di ricorso 1. Con il primo motivo si profila doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 2 e 5 bis, nella sostanza lamentando che la gravata sentenza non abbia preso atto della definitività della procedura di adesione, non più modificabile nè impugnabile dopo il suo perfezionamento che avviene con la notifica dell’accettazione dell’Ufficio dell’istanza di adesione proposta dalla parte contribuente. Lamenta il carattere surrettizio dell’impugnazione di ruolo e cartella, tesi ad aggirare l’inopponibilità dell’accertamento condiviso.
Sul profilo dell’intangibilità dell’adesione, questa Suprema Corte si è pronunciata in più occasioni, ricordando anche di recente che “in materia tributaria, la definizione dell’accertamento con adesione su istanza del contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997 determina la intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, sicchè risulta normativamente esclusa per il contribuente la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato. (Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che, in un giudizio avente ad oggetto ricorso avverso una cartella di pagamento scaturente da verbale di accertamento con adesione proposto da socio accomandante di una s.a.s., aveva omesso di valutare la rilevanza dell’intervenuta adesione all’accertamento da parte del socio ricorrente)” (così Cass. VI – 5, n. 20577/2019).
1.1 Ancora più specificamente è stato ritenuto che in tema di imposte sui redditi, poichè avverso l’accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d’impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto costituirebbero una surrettizia forma d’impugnazione dell’accertamento in questione che, invece, in conformità alla “ratio” dell’istituto, deve ritenersi intangibile. (così Cass. V, 20732/2010). Ne consegue che ogni istanza di rimodulazione del dovuto o di rappresentazione di voci da scomputare o – comunque – da riconsiderare, non può essere ammessa dopo il perfezionamento della procedura di adesione che si cristallizza – come ricordato anche sopra – con la notifica all’istante dell’accettazione dell’Ufficio, nel caso in esame avvenuta il 1 agosto 2011. Pertanto la procedura vincola anche la consolidante soc. Progetti s.r.l. che non può più inserire alcuno scomputo nella procedura ormai definita. Ed infatti, occorre ricordare che alla proposta di adesione segue la valutazione dell’Ufficio e l’eventuale assenso, proprio sui termini della proposta. Era dunque in sede di proposta di adesione che dovevano essere rappresentati dalla consolidante o dalla consolidata le perdite che si intendevano portare a detrazione.
Il motivo è quindi fondato ed assorbente.
2. Con il secondo motivo si propone ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 5 bis e 9 bis e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40 bis, nella sostanza criticando la gravata sentenza laddove ha ritenuto tempestivamente presentato il modello Ipec da parte della consolidante, individuando il dies a quo nella consegna dell’accettazione dell’Ufficio sulla domanda presentata dalla consolidata soc. Idea s.r.l., avvenuta a mani del sig. D.M., legale rappresentante anche della consolidante soc. Progetti s.r.l. in liquidazione.
Il motivo, dichiaratamente posto in via subordinata al precedente nel resta assorbito dall’accoglimento per le ragioni ivi esposte.
3. Con il terzo motivo, si propone altra censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 5 e 10 e art. 6, comma 2, laddove la CTR afferma che l’Ufficio avrebbe violato i doveri di leale collaborazione, mancando di informare i contribuenti circa la novellata procedura di consolidamento fiscale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40 bis.
Il motivo posto dichiaratamente in forma subordinata resta assorbito dall’accoglimento del primo.
4. Fondato il ricorso principale, occorre esaminare il ricorso incidentale, affidato a cinque motivi.
Esso risulta inammissibile perchè si tratta di parte vittoriosa in appello che propone questioni non esaminate o di chiarate assorbite (cfr. sentenza impugnata, penultima pagina, penultimo capoverso) dalla CTR (in questo senso, cfr. Cass. V, n. 23548/2012).
In definitiva, il ricorso è fondato nei limiti del primo motivo, assorbiti i rimanenti, mentre il ricorso incidentale dev’essere dichiarato inammissibile.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i rimanenti, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per il Veneto – Venezia, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente grado di giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021