Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23868 del 03/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1671-2016 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Della Giuliana 44, presso lo studio dell’avvocato Vittorio Nuzzaci, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gino Zambianco;

– ricorrente –

contro

BR.JU., T.S.G., elettivamente domiciliati in Roma, Via Tagliamento 55, presso lo studio dell’avvocato Nicola Di Pierro, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonché contro Z.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2555/2015 della Corte d’appello di Venezia, depositata il 03/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/01/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;

letta la requisitoria del P.M. in persona del Sostituto procuratore generale Dott. Capasso Lucio, che ha chiesto rimettersi il ricorso alla pubblica udienza ed in subordine il rigetto.

RILEVATO

che:

– il 7 luglio 2006 T.S., Z.M. e Br.Ju. presentarono ricorso ex art. 1170 c.c. proponendo azione di manutenzione per ottenere la demolizione di un terrapieno artificiale edificato a confine dal sig. B.A. e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi;

– con ordinanza interinale veniva disposta la rimozione del terrapieno con condanna alla rifusione delle spese di lite e contestualmente statuito il rigetto per difetto di legittimazione attiva delle medesime domande unitamente formulate dai signori T.S. e Z.M., precedenti proprietari che avevano ceduto l’immobile al Br. in data 3 marzo 2006;

– il soccombente B. proponeva reclamo che veniva parzialmente accolto;

– veniva proseguito il giudizio di merito possessorio e si concludeva con la condanna alla demolizione ed al ripristino a favore del signor Br.;

– avverso la decisione di primo grado il sig. B. proponeva gravame fondato sulla contestazione della legittimazione attiva del Br. che alla data della turbativa, estate 2005, non era nel possesso dell’immobile poiché promissario acquirente dell’immobile sulla base di un contratto preliminare sottoscritto il 30 giugno 2005;

– l’immobile oggetto del preliminare era all’epoca condotto in locazione dalla compagna convivente del Br., sig.ra C.A., il quale era, pertanto, al momento della molestia, detentore e non possessore dello stesso;

– la corte territoriale con la sentenza qui impugnata ha rigettato il gravame considerando che il ricorso possessorio è stato presentato congiuntamente dai promittenti venditori e dal promissario acquirente, avvalendosi quest’ultimo del titolo di acquisto e del possesso dei suoi danti causa ai sensi dell’art. 1146 c.c., comma 2, unendolo al proprio pure esistente al momento di instaurare il ricorso possessorio;

– la corte ha ritenuto inoltre irrilevante la circostanza che i signori T. e Z. non abbiano svolto attività nella fase del merito possessorio posto che essa non costituisce un giudizio diverso da quello avviato con il ricorso ex art. 703 e 704 c.p.c. che richieda un’autonoma costituzione;

– l’appellante aveva pure dedotta la tardività del ricorso proposto nel luglio 2006;

– il motivo di impugnazione è stato dichiarato infondato perché la corte distrettuale ha considerato provata la circostanza che il terrapieno era stato realizzato nell’agosto 2005 con la conseguenza che a luglio 2006 non era decorso il termine annuale per la proposizione dell’azione;

– infine, con l’appello si censurava anche la conclusione della CTU in merito alla natura del terrapieno: la corte territoriale ha respinto l’impugnazione e confermato da sentenza gravata;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da Alfred B. con ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., cui resistono con controricorso T.S. e Br.Ju., mentre non ha svolto attività difensiva l’intimata Z.M.;

– sia il ricorrente che i controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c..

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1146 c.c., comma 2, e art. 1170 c.c., comma 1, per avere riconosciuto la legittimazione al Br. che al momento della turbativa non era possessore ma mero detentore in forza della stipula del preliminare di vendita;

– secondo il ricorrente l’accessione nel possesso ai sensi dell’art. 1146 c.c., comma 2, poteva essere invocata dall’acquirente, successore a titolo particolare, sempre che egli sia già nel possesso al tempo della molestia e tuttavia non risulti possessore da oltre un anno come richiede l’art. 1170 c.c., comma 2, per poter esperire l’azione di manutenzione;

– con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1146 c.c., comma 2, per avere la corte territoriale ritenuto che il sig. Br. avesse esercitato la facoltà di avvalersi del titolo di acquisto e del possesso del suo dante causa;

– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere omesso la corte di pronunciarsi sulla dedotta non corretta applicazione dell’accessione del possesso;

– i tre motivi riguardando l’applicazione dell’art. 1146 c.c., comma 2, sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente;

– tutte e tre le doglianze sono infondate;

– premesso che la realizzazione del terrapieno a distanza non legale configura molestia nei confronti della quale è possibile agire con la tutela manutentiva, la prima censura pone la questione se il molestato e chi agisce in sede possessoria debbano essere il medesimo soggetto oppure no;

– ritiene il collegio che al dubbio sollevato dal ricorrente e che attiene alla legittimazione attiva alVesercizio dell’azione di manutenzione, debba darsi la seguente articolata risposta in adesione a quanto osservato in proposito dal P.G.;

– l’art. 1146 c.c. consente, infatti, di unire il possesso di soggetti diversi, nel comma 1 quello del “de cuius” con l’erede, successore a titolo universale, nel comma 2 quello del successore a titolo particolare, sia mortis causa che inter vivos con il rispettivo dante causa (cfr. Cass. 4525/1984);

– la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che mentre nel primo caso la successione opera automaticamente senza la necessità di fornire la prova dell’apprensione del bene (Cass. 6852/2001; id.15967/2011) essendo sufficiente la qualità di erede, nel caso del cumulo dei possessi per accessione l’acquirente a titolo particolare del bene debba fornire la prova del concreto esercizio del proprio possesso sul bene medesimo, risultando a tale fine inidonea la mera produzione in giudizio del titolo di acquisto, che vale soltanto a rafforzare “ad colorandam possessionem” la prova stessa (cfr. Cass. 5760/2004);

– ciò posto, nel caso di specie è stato accertato che all’epoca della realizzazione del terrapieno, agosto 2005, il sig. Br. era detentore dell’immobile occupandolo quale convivente della locataria C. e che, quindi, possessori seppure mediati erano i coniugi T. Z. con cui il Br. aveva stipulato in data 30 giugno 2005 il contratto preliminare di vendita; al contempo è accertato che egli era incontestatamente possessore nel luglio 2006 per avere stipulato il definitivo contratto di trasferimento dell’immobile continuando a viverci dopo il rogito e divenendone possessore per effetto della sopravvenuta titolarità;

– è altresì accertato che l’azione di manutenzione è stata proposta unitamente dai proprietari possessori T. e Z. al momento della molestia denunciata e dal Br. divenuto possessore al momento della proposizione della domanda possessoria;

– ebbene, ritiene il collegio che ai fini della legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di manutenzione la richiesta qualità di possessore del bene non è incompatibile con la possibilità che il soggetto che ha subito la molestia e quello che agisce processualmente per la tutela possessoria siano diversi, attesa la facoltà prevista dall’art. 1146 c.c., comma 2 di invocare in caso di successione a titolo particolare, inter vivos o mortis causa, il cumulo del possesso di chi esercitava il possesso al momento della turbativa con quello di chi lo esercita al momento del ricorso possessorio, sempre che ne sussista, come accertato nel caso di specie, il titolo e l’instaurazione della relazione di fatto con il bene;

– conseguentemente appare legittima la conclusione della corte veneziana di avere ravvisato nell’azione congiunta l’inequivoca volontà di unire i possessi ex art. 1146 c.c., comma 2, ai fini di goderne gli effetti in ordine alla sussistenza dei presupposti processuali e sostanziali dell’azione di manutenzione intrapresa (legittimazione attiva e possesso ultrannuale);

– né reputa il collegio può ritenersi necessario – con specifico riguardo alla questione dedotta nel secondo motivo di ricorso ai fini dell’applicazione dell’accessione dei possessi fra successori a titolo particolare, il ricorso a formule sacramentali, come già precisato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 14505/2018);

– in definitiva, appare corretta la motivazione della statuizione della corte territoriale in ordine alla ravvisata operatività dell’art. 1146 c.c., comma 2 atteso che la corte territoriale ha accertato la sussistenza sia titolo di proprietà dedotto dal Br., generatore dello jus possidendi, sia del materiale possesso inteso quale jus possessionis;

– non risulta, infatti, contestata dal ricorrente la relazione di fatto del Br. con il bene immobile al momento dell’instaurazione del ricorso possessorio, essendosi la contestazione concentrata sulla mancanza in capo ad esso del possesso ultrannuale (cfr. pag. 3 terzo capoverso del ricorso), contestazione superata dalle argomentazioni svolte circa la riconosciuta operatività della richiesta accessione dei possessi;

– pertanto, anche la terza censura è destinata al rigetto;

– avuto riguardo all’esito di tutti i motivi, il ricorso va quindi respinto e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti che liquida in Euro 1500 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

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