LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –
Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4686-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
IMMOBILIARE RES SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentata e difesa dall’avvocato RIZZARDO DEL GIUDICE;
– controricorrente –
e contro
CANTINA DEL TERRAGLIO SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1054/2014 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA, depositata il 23/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2020 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.
RITENUTO
CHE:
Il Tribunale di Treviso pronunciò il trasferimento della proprietà di un immobile, sito nel Comune di *****, dalla Cantina del Terraglio Società Cooperativa Agricola (promissario alienante), alla Immobiliare R.E.S. s.p.a. (promissario acquirente), con sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. avente gli effetti del contratto non concluso, subordinatamente al pagamento del prezzo.
Alle società fu di conseguenza notificato avviso di liquidazione per il pagamento dell’imposta proporzionale di registro, ipotecaria e catastale, con relative sanzioni.
Le contribuenti impugnarono l’avviso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, con autonomi ricorsi, sostenendo, tra l’altro, la illegittimità dell’assoggettamento della sentenza a imposta proporzionale, in luogo di quella fissa, ma la adita commissione tributaria, riuniti i ricorsi, li respinse.
Su appello delle contribuenti, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza n. 1054/18/14, riformò la decisione, affermando che era illegittimo l’assoggettamento della sentenza a imposta proporzionale dal momento che la decisione del tribunale, non essendo esecutiva, non aveva prodotto effetti giuridici.
Per la cassazione della sentenza di secondo grado, depositata il 23 giugno 2014 e non notificata, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato ad un solo motivo.
La società Immobiliare R.E.S. resiste con controricorso e deposita memoria mentre l’altra contribuente (Cantina del Terraglio Società Cooperativa Agricola) non ha svolto difese.
CONSIDERATO
CHE:
Con il motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 in quanto la CTR non si è adeguata alla giurisprudenza di questa Corte, in tema di imposta di registro, qualora il promissario acquirente richieda ed ottenga, ex art. 2932 c.c., una sentenza produttiva degli effetti del contratto, non concluso, di trasferimento oneroso della proprietà di un immobile, la sentenza, ancorchè non ancora divenuta definitiva, è legittimamente assoggettata ad imposta proporzionale, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 37, senza che l’acquirente possa eccepire il mancato pagamento del prezzo da parte sua, conformemente ad una condizione originariamente contenuta nel contratto, atteso che il versamento del prezzo è assimilabile ad una condizione meramente potestativa, come tale ininfluente ai fini fiscali.
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo l’Agenzia delle entrate fatto riferimento ad un unico precedente di questa Corte (Cass. n. 5511/2009) a sostegno del generico dissenso dal successivo orientamento giurisprudenziale di legittimità, favorevole alla prospettazione della contribuente difforme e fatto proprio dalla sentenza della CTR lombarda.
Se è vero infatti che, in tema di ricorso per cassazione, “anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile, integra l’orientamento della giurisprudenza della Corte di legittimità cui si sia conformata la pronuncia gravata ed in mancanza, nel ricorso, di valide critiche il ricorso stesso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, (Cass. n. 4366/2018), neppure può negarsi il fatto che la questione di diritto dedotta in giudizio, per come risolta dai precedenti richiamati dal giudice di appello, era affatto avviata ad una effettiva composizione, e che tale diverso indirizzo è stato già oggetto di critiche nella successiva sentenza della Corte (Cass. n. 8544/2014), sulla base dell’evidenziato elemento di specificità del regime tributario, che rende ragione della assimilazione, tratta dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, comma 3, tra il versamento del prezzo e la condizione meramente potestativa, ai fini del trattamento fiscale della sentenza di cui all’art. 2932 c.c., argomentazione questa ripresa con forza dalle più recenti pronunce di legittimità, di cui verrà dato appresso conto, ed in una certa misura sviluppata anche nel ricorso erariale qui esaminato, che non si limita solo ad esprimere dissenso dall’indirizzo invocato dalla contribuente.
Il ricorso è fondato, e va accolto, per le ragioni di seguito riportate.
Anzitutto, la circostanza che la sentenza non fosse passata in giudicato è irrilevante, atteso che, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili, che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato” (si veda, sul punto, Cass. n. 12736/2014).
La Corte ha anche precisato che il presupposto del tributo non è dato dall’efficacia esecutiva, bensì dall’esistenza di un titolo giudiziale soggetto a registrazione, tanto che è irrilevante la eventuale sospensione della efficacia esecutiva (Cass. 12480/2018).
Quanto, invece, alla condizione, si tratta, come correttamente evidenziato dalla ricorrente, di una condizione “meramente” potestativa (lecita), in quanto il trasferimento dipende esclusivamente dalla volontà del soggetto in favore del quale si verifica il trasferimento stesso, vale a dire una condizione il cui avverarsi è collegato a un complesso di motivi connessi ad apprezzabili interessi che, pur essendo rimessi all’esclusiva valutazione di una parte, agiscono sulla sua volontà determinandola in un certo senso (Cass. 11774/2007) e non dal mero arbitrio di chi trasferisce il diritto, perchè diversamente si configurerebbe l’ipotesi prevista dall’art. 1355 c.c. ed il trasferimento sarebbe nullo (Cass. n. 30778/2019).
La sentenza impugnata, quindi, non è in linea con la prevalente giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in materia d’imposta di registro, la sentenza ex art. 2932 c.c., che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore dei promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuiti, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora impugnabile, trovando applicazione il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, comma 3, alla stregua del quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano, in virtù di condizione meramente potestativa, dalla mera volontà dell’acquirente, ovvero – come nella specie – dall’iniziativa unilaterale del promittente acquirente (tra le tante Cass. n. 6116/2011, n. 8544/2014, n. 21625/2015, n. 13006/2016, n. 3806/2017, n. 27902/2018).
II diverso indirizzo richiamato dalla controricorrente, che fa capo a due pronunce (Cass. n. 9097/2012 e n. 18180/2013), può ritenersi ormai superato alla luce dalle ultime decisioni della Corte, che questo Collegio condivide ed alle quali va data continuità (Cass. n. 3617/2020, n. 7390/2020).
Consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata è non essendo necessari accertamenti in fatto, la causa può essere decisa con il rigetto degli originari ricorsi autonomamente proposti dalle contribuenti e successivamente riuniti.
Il progressivo consolidarsi della giurisprudenza di legittimità giustifica la compensazione delle spese processuali dei gradi di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta gli originari ricorsi. Compensa le spese dei gradi di merito del giudizio. Condanna le contribuenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.500,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 29 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2021